Politica

La corruzione è la prima arma del terrorismo

A rivelarlo uno studio commissionato dal Parlamento Europeo a Rand Europe, istituto di ricerca non profit, che ha fotografato un fenomeno sistemico e multidimensionale che sta costando all'Europa quasi 990 miliardi di euro all’anno, pari al 6,3 per cento del Pil dell'UE-28

di Monica Straniero

Uno studio commissionato dal Parlamento Europeo a Rand Europe (1), un istituto di ricerca non profit, e pubblicato il 21 marzo, ha rivelato che l’Europa ha un problema di corruzione. Un fenomeno sistemico e multidimensionale che sta costando all'Europa quasi 990 miliardi di euro all’anno, pari al 6,3 per cento del Pil dell'UE-28, con impatti con effetti devastanti sulla prosperità economica e sull’occupazione. Una cifra molto più alta rispetto a quella calcolata dalla Commissione europea nel 2014. Questo perché il nuovo studio ha preso in considerazione non solo i costi diretti, più strettamente economici, ma anche gli effetti indiretti: la corruzione scoraggia gli investimenti delle imprese, favorisce l’instabilità politica e priva lo Stato di un gettito fiscale particolarmente necessario in tempi di austerity e spending review.

Secondo lo studio la corruzione, intesa come «l’abuso dei pubblici uffici per il guadagno privato» può assumere molte forme. Per esempio incassare tangenti o esercitare il potere in modo da consentire ai privati un accesso privilegiato ai servizi e beni pubblici o a lucrosi appalti statali. «Ogni anno», sottolinea Marco Hafner, uno degli autori principali del rapporto, «la corruzione impone costi sociali, politici ed economici significativi agli Stati europei e ai suoi cittadini. Perché i politici corrotti investono poco denaro pubblico in progetti in beneficio della communita come scuole, ospedali, strade, influenzando cosi negativamente il benessere della popolazione. Non solo. La corruzione riduce la fiducia della popolazione nei pubblici uffici».

Peraltro lo studio conferma la relazione tra disuguaglianza e il fenomeno della corruzione. In sostanza in presenza di una notevole divergenza dei redditi, l’élite politica ed economica dispone di maggiori risorse per proteggere gli affari del proprio gruppo di interesse. «Per esempio se l’Italia avesse un indice di corruzione pari a quello della Danimarca, il divario tra redditi sarebbe inferiore di 3,86 punti», si legge nel rapporto.

La ricerca è poi passata ad analizzare il legame esistente tra criminalità organizzata e corruzione, poiché laddove il crimine organizzato acquisisce una posizione dominante, la corruzione nel settore pubblico è destinata ad aumentare. Ma non è finita. «La corruzione è un potente strumento in mano dei ai gruppi terroristici per attraversare le frontiere, ottenere visti e altri documenti ufficiali, o l’accesso ad edifici pubblici».

Sempre secondo lo studio, i paesi più corrotti sembrano essere quelli meno ricchi. «Eppure è interessante notare, si legge nel rapporto, che Lussemburgo e Italia rappresentano un’anomalia: entrambi sono paesi relativamente ricchi, ma registrano alti livelli di corruzione».

Nei Paesi dell'Unione europea la spesa per gli appalti pubblici rappresenta circa il 20 % del Pil, pertanto il rischio di condotte fraudolente nell’aggiudicazione delle gare per la fornitura di servizi pubblici o per la costruzione di opere pubbliche può tradursi in un notevole danno economico per la collettività. Per questo motivo il documento contiene uno specifico capitolo sui costi del rischio di corruzione negli appalti pubblici. Secondo il rapporto le tecniche utilizzate per inquinare le procedure d’appalto costano all’Europa circa 5 miliardi l’anno. In particolare, il rischio di illegalità negli appalti pubblici costa a Polonia e Regno Unito oltre 1 miliardo di euro, all’Italia circa € 0,7 miliardi di euro e alla Repubblica Ceca, 0,4 miliardi di euro. Peraltro, alcuni di questi paesi hanno accesso ai finanziamenti europei. «Ad esempio la Polonia, che nel 2013 ha ricevuto oltre € 1,4 miliardi di fondi comunitari, ha fatto registrare i più alti livelli di corruzione nelle amministrazioni aggiudicatrici di appalti pubblici».

«Insomma la corruzione è un grande buco nero al centro dell'economia europea», ha dichiarato Carl Dolan, direttore di Transparency International, «Se le aziende percepiscono che gli appalti pubblici sono truccati, rinunciano a partecipare alle gare. E tutto a danno delle tariffe che poi vengono applicate ai cittadini perché non vengono garantite trasparenza e la correttezza della competizione».

Quali sono le soluzioni? Lo studio suggerisce di promuovere nei singoli stati membri la piena applicazione delle procedure elettroniche nelle fasi precedenti l'aggiudicazione del contratto. “In questo modo si potranno individuare le pratiche fraudolente e facilitare i meccanismi di controllo”. Per i ricercatori è altresì evidente la necessità di istituire un Ufficio del Procuratore Pubblico Europeo, indipendente da ogni possibile influenza da parte degli stati membri, con il compito di indagare e rinviare a giudizio gli autori dei reati di corruzione negli appalti pubblici. “Un’iniziativa che permetterebbe di ridurre i costi di corruzione di ameno 0,2 miliari all’anno”, concludono i ricercatori.

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