Economia
La cooperazione relegata a un ruolo di supplenza
Una norma poco utile,molto limitativa, che spinge le coop sociali verso una funzione sostitutiva, rischiando di depotenziarne la capacità innovativa.
Se la precedente legislatura si era chiusa con l?infelice formulazione dell?articolo 12 della legge 68 del 1999, ma con l?apertura alle cooperative sociali di inserimento lavorativo della possibilità di partecipare alla stabilizzazione dei lavori socialmente utili, quella che volge al termine non può certo essere considerata migliore. Con l?eccezione dell?articolo 14 del decreto legislativo 276 del 2003, sulle cose che realmente servirebbero alla cooperazione sociale di tipo B non è stato fatto nulla. E anche nell?unica misura adottata non mancano elementi di criticità.
L?articolo 14 è una norma poco utile, molto limitativa in quanto riferita solo ai casi più gravi di disabilità, e che spinge le cooperative sociali verso una funzione sostitutiva rischiando di depotenziarne la capacità innovativa.
Il dlgs 276 all?articolo 13 parla di inserimento di lavoratori svantaggiati affidandolo alle agenzie di lavoro interinali, e poi con l?articolo successivo recupera la cooperazione sociale senza tuttavia riconoscerla come soggetto in grado di promuovere inserimento lavorativo ma relegandola a un ruolo sostitutivo.
Cosa serve per valorizzare a pieno le potenzialità della cooperazione sociale di inserimento lavorativo? Per prima cosa occorre un riconoscimento esplicito del fatto che la cooperazione sociale è in grado di occuparsi seriamente di inserimento lavorativo dei disabili con proprie specificità e propri vantaggi competitivi rispetto alle altre forme di inserimento mirato.
Altro punto fondamentale è il riconoscimento, attraverso un sostegno finanziario, della funzione formativa delle cooperative sociali, che hanno come caratteristica non quella di occupare lavoratori svantaggiati ma quella di fornire a questi lavoratori una formazione on the job. La misura agevolativa prevista dalla legge 381, la fiscalizzazione degli oneri sociali, è troppo rigida: in alcuni casi è eccessiva, altre volte insufficiente.
Terza questione: alle cooperative e alle imprese sociali di inserimento lavorativo va riconosciuta la funzione di mediazione con le imprese per quei lavoratori che hanno seguito un percorso di inserimento e di crescita delle capacità lavorative e sono pronti a essere inseriti nel mercato del lavoro. Qui ci si scontra con i forti interessi delle agenzie per il lavoro: non è un caso se tra gli ambiti di intervento dell?impresa sociale l?intermediazione è stata esclusa.
Di Carlo Borzaga preside della facoltà di Economia Università di Trento
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