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La cooperazione italiana allo sviluppo abbraccia il non profit
Si accelera l'apertura dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS) a tutti i soggetti non profit attraverso la revisione dei criteri esistenti per l’iscrizione all’apposito Elenco. Ma non è soltanto una questione di numeri. "L’ampliamento è stato pensato per assicurare maggiormente la qualità e l’efficacia di una cooperazione capace di solidi e duraturi partenariati", sostiene Nino Sergi, Policy advisor della rete di ong Link 2007.
di Nino Sergi
L’AICS, Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, ha diffuso una nota informativa che motiva e delinea un percorso di coinvolgimento, attraverso un “dialogo aperto e strutturato”, di tutte le tipologie dei soggetti non profit definiti nell’art. 26 della legge 125/2014 sulla cooperazione pubblica allo sviluppo (Cps), al fine di revisionare, alla luce del primo anno di attività e per quanto possibile, i criteri esistenti per l’iscrizione all’apposito Elenco. Ma che significato ha, nella legge, l’ampia apertura ai soggetti della società civile e più in generale ai soggetti non profit? E’ una domanda che occorre porsi e da cui si deve partire, perché capire la volontà del legislatore può meglio guidare la riflessione, l’approfondimento e le scelte.
Apertura a nuovi soggetti. L’ampliamento dei soggetti della Cps ad un più ampio arco di organizzazioni della società civile (Osc), di altre realtà non profit e anche di realtà profit è il frutto di anni di maturazione, sia durante l’iter parlamentare per la definizione di una nuova legge nella XVI legislatura, sia nella preparazione della conferenza nazionale di Milano del 2012. Il secondo Governo della XVII legislatura ha riproposto, con qualche aggiustamento, il testo elaborato negli anni precedenti dal Senato, che è stato subito preso in esame e perfezionato nel dibattito parlamentare. In sei mesi, tra marzo e agosto 2014, è stata così discussa e approvata la riforma legislativa che nei quindi anni precedenti non si era riuscito a portata a termine. Le Ong hanno seguito con attenzione e nelle diverse fasi questo cammino, contribuendo al suo perfezionamento e confermando, tra l’altro, l’opzione alla massima apertura. “La cooperazione deve essere di tutti e coinvolgere tutti, nella loro specificità”, era il comune convincimento delle tre reti Aoi, Cini, Link 2007 e dei parlamentari.
Lo scopo della legge non è mai stato il mero ampliamento della quantità dei soggetti. L’ampliamento è stato pensato per assicurare maggiormente la qualità e l’efficacia di una cooperazione capace di solidi e duraturi partenariati.
Specificità per una cooperazione di qualità. E’ sempre stato evidente che “aprire a tutti” aveva il significato di coinvolgere le diverse specificità per valorizzare competenze e capacità utili ad una più efficace cooperazione e al raggiungimento delle sue finalità. Lo scopo della legge non è mai stato il mero ampliamento della quantità dei soggetti. L’ampliamento è stato pensato per assicurare maggiormente la qualità e l’efficacia di una cooperazione capace di solidi e duraturi partenariati, insieme alla crescita della consapevolezza della sua importanza nel mondo di oggi: obiettivi più facilmente raggiungibili grazie alla più ampia partecipazione dei soggetti che possono contribuirvi apportando conoscenze e competenze.
Condizioni richieste. Proprio per questo, e per evitare possibili diverse interpretazioni, sono state inserite alcune puntualizzazioni, volute in modo unanime da tutti i partiti e movimenti. Sono precisazioni che indicano anche la necessità, in alcuni casi, di un cammino di preparazione e di inserimento nella Cps, perché essa non può ammettere improvvisazioni, superficialità, inefficacia, tendenze ad iniziare sempre da capo nell’incapacità di tesaurizzare positività e lezioni apprese. Ai soggetti non profit che intendono partecipare alla Cps sono quindi richieste, a seconda dei casi, ‘specializzazione’, ‘piena finalità statutaria’, ‘finalità prioritaria’, ‘previsione statutaria’ (art. 26, c. 2). Tutti devono inoltre dimostrare ‘competenze’, ‘esperienza acquisita nella cooperazione allo sviluppo’, ‘capacità’, ‘efficacia’, ‘trasparenza’ (art. 26, c. 3 e 4), ‘specifica e comprovata esperienza in materia di emergenza umanitaria’ (art. 10).
Ambito, principi e criteri. Per un motivo analogo, al fine di non disperdere in mille rivoli le attività di Cps e di evitare che esse possano essere modellate, come avvenuto talvolta nel passato, in funzione dello sviluppo degli stessi soggetti piuttosto che delle priorità e delle realtà dei paesi partner, il legislatore ha inteso precisare fin dai primi due articoli l’ambito degli interventi e i principi e criteri fondamentali.
Art. 1: – sradicare la povertà e ridurre le disuguaglianze, migliorare le condizioni di vita delle popolazioni, promuovere uno sviluppo sostenibile; – tutelare e affermare i diritti umani, la dignità dell'individuo, l'uguaglianza di genere, le pari opportunità, i principi di democrazia e dello Stato di diritto; – prevenire i conflitti, sostenere i processi di pacificazione, riconciliazione, stabilizzazione post-conflitto, consolidamento e rafforzamento delle istituzioni democratiche; – fornire assistenza, soccorso e protezione alle popolazioni vittime di catastrofi secondo i principi di imparzialità, neutralità e non discriminazione; – promuove l'educazione, la sensibilizzazione e la partecipazione di tutti i cittadini alla solidarietà internazionale, alla cooperazione internazionale e allo sviluppo sostenibile.
Art. 2: – rispetto dei principi di efficacia, dell’appropriazione dei processi di sviluppo da parte dei paesi partner, dell'allineamento degli interventi alle loro priorità, dell'uso di sistemi locali, della gestione basata sui risultati, della responsabilità reciproca; – adozione dei criteri di efficienza, trasparenza, economicità, corretta gestione delle risorse, capacità di coordinamento con chi opera nel quadro della Cps; – concorso, nella promozione dello sviluppo locale, alla definizione di politiche migratorie condivise con i paesi partner, ispirate alla tutela dei diritti umani ed al rispetto delle norme europee e internazionali, anche attraverso il ruolo delle comunità di immigrati e le loro relazioni con i paesi di origine.
Criteri aggiuntivi. Il Regolamento (Decreto 22 luglio 2015, n. 113, art. 17, c. 1-3) stabilisce alcuni criteri aggiuntivi per l’iscrizione nell’Elenco (rispetto degli standard internazionali in materia di diritti umani, responsabilità sociale e ambientale, assenza di debiti verso la pubblica amministrazione, non aver avuto comportamenti di negligenza o malafede), oltre alle finalità statutarie connesse alla cooperazione allo sviluppo. Il Comitato congiunto fissa i “requisiti” sulla base dei quali l’Agenzia verifica l’esistenza delle condizioni stabilite dalla legge (“le competenze e l’esperienza acquisita nella cooperazione allo sviluppo”, art. 26, c. 3) ed i “criteri e parametri” per l’iscrizione nell’Elenco dei soggetti non profit e per la verifica, “con cadenza almeno biennale”, delle loro “capacità ed efficacia”.
Il vissuto degli anni precedenti. Il vissuto nella precedente fase dell’Amministrazione degli Esteri deve inoltre essere tenuto presente per non perdere, superficialmente e stoltamente, nulla di ciò che si è dimostrato utile, soprattutto se adottato anche da alcune cooperazioni nazionali più consolidate della nostra. Ci si riferisce per esempio ai tre anni di attività per potere dimostrare “la competenza, l’esperienza acquisita, le capacità, la trasparenza” dei bilanci resi pubblici e certificati e nella governance interna: anche perché si tratta di criteri basilari, confermati dalla riforma legislativa del Terzo Settore.
Casi particolari per l’iscrizione nell’Elenco. Due aspetti rilevanti sono da tenere presente in merito all’iscrizione (indipendentemente dalla possibilità di accedere ai fondi pubblici):
– le Regioni, le Province autonome e gli Enti locali chiedono ormai l’iscrizione nell’Elenco per potere accedere ai propri bandi per attività di cooperazione e solidarietà internazionale;
– nei paesi in cui si interviene su iniziativa propria, con fondi privati, in partenariati di sviluppo territoriali, le Autorità chiedono una pubblica registrazione (come Ong o altra tipologia di Osc) da parte del paese di provenienza, senza la quale difficilmente le attività potrebbero continuare.
L’iscrizione nell’Elenco, anche senza collegamento con i bandi dell’Agenzia, servirebbe allo scopo.
Le Ong hanno seguito con attenzione e nelle diverse fasi questo cammino, contribuendo al suo perfezionamento e confermando, tra l’altro, l’opzione alla massima apertura.
Le specificità e l’iscrizione nell’Elenco. I sei gruppi di soggetti non profit elencati al comma 2 dell’art. 26 corrispondono a specificità che la legge ha volutamente tenuto distinte, valorizzandole nella propria peculiarità, e che non devono quindi essere considerate e trattate con approssimazione o confusione. Tali specificità devono essere riconosciute insieme ai differenti specifici obiettivi anche nell’iscrizione all’Elenco presso l’Agenzia, valorizzandole e premiando l’eventuale molteplicità di competenze, specificità ed esperienze acquisite. Occorrerà evitare, cioè, la passata tendenza alla trasformazione dei vari soggetti in Ong, per arricchire invece la cooperazione con nuove specificità e competenze che ogni soggetto dovrà saper dimostrare e che l’Agenzia dovrà saper riconoscere. Come occorrerà tenere presente che l’iscrizione nell’Elenco non significa automaticamente partecipazione diretta ai bandi per i finanziamenti pubblici, i quali saranno emanati con specifici obiettivi, criteri e procedure.
Sostenere a livello internazionale i soggetti italiani accreditati. Diversamente da quanto avvenuto in altri paesi, in Italia non si è mai voluto, nel passato, sostenere le Ong/Osc che hanno dimostrato di saper crescere operativamente e qualitativamente e di sapere farsi riconoscere e apprezzare dalle istituzioni UE e internazionali a cominciare da quelle delle Nazioni Unite. Sono stati così sottovalutati gli sforzi intrapresi per raggiungere alti livelli di qualità ed efficacia, che avrebbero meritato ben diversa attenzione, e si è indirettamente contribuito ad una riduzione della “competitività” dei soggetti italiani più strutturati nel contesto internazionale rispetto ad analoghe realtà sostenute dai propri paesi. Sono state in fondo anche compresse le opportunità di impegno di molti giovani nelle attività di cooperazione ed è stata ostacolata la crescita del nostro sistema di cooperazione allo sviluppo, penalizzando di fatto realtà ben strutturate sia di dimensioni più grandi che più contenute. L’iscrizione nell’Elenco, seguendo i criteri di ampia inclusività, non dovrà limitarsi al mero riconoscimento di un ‘minimo comun denominatore’ dei soggetti non profit ma dovrà trovare le opportune modalità per riconoscere, premiare e sostenere chi dimostra capacità e risultati riconosciuti. Si tratta di un tema da affrontare sia prevedendo criteri differenziati di iscrizione all’elenco, sia aggiornando le modalità di concessione di contributi ai progetti, ad esempio premiando e incoraggiando i co-finanziamenti nel quadro di iniziative internazionali.
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