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La cooperazione internazionale in tempo di Covid19? Nel segno dell’innovazione

«Sebbene le missioni e le visite "in presenza" nei Paesi siano cessate a causa della chiusura delle frontiere e delle misure di contenimento preventivo, persiste la ricerca di nuove soluzioni con metodi di lavoro innovativi e con la centro la rivoluzione digitale». L'analisi di Giampaolo Silvestri, segretario generale di Fondazione Avsi, con le cinque lezioni fondamentali imparate sul campo.

di Giampaolo Silvestri

Sebbene le missioni e le visite "in presenza" nei Paesi siano cessate a causa della chiusura delle frontiere e delle misure di contenimento preventivo, persiste la ricerca di nuove soluzioni in materia di cooperazione allo sviluppo. Fondazione AVSI come molte organizzazioni, ha scelto di reinventarsi in base all'evoluzione delle esigenze dei beneficiari e alle nuove regole di sicurezza.

Sono stati così pensati metodi di lavoro innovativi di adattamento alla pandemia, che hanno permesso di non frenare ma di mantenere le attività in corso di attuazione, rinegoziandole e riprogrammandole. Le lezioni fondamentali che sono state apprese da chi lavora sul terreno, a contatto con i diretti beneficiari, meritano di essere condivise a beneficio di tutti, soprattutto con chi per la sua funzione dal campo è lontano.

Sebbene le missioni e le visite "in presenza" siano cessate sono stati pensati metodi di lavoro innovativi di adattamento alla pandemia

Primo: l'approccio multi-stakeholder si è dimostrato indispensabile: i partenariati tra diversi settori, tra cui le organizzazioni della società civile (OSC), le ONG, le imprese e le università, non sono più un semplice atto di buona volontà. Piuttosto, sono diventati un prerequisito per risultati duraturi e sostenibili.

Secondo: in quanto rappresentanti del braccio esterno dell'Unione europea, alcune Delegazioni nei paesi terzi hanno dimostrato di essere al centro del processo dello sviluppo. Sono state abilitate a semplificare procedure e approvare nuovi progetti per le ONG e i governi. Ciò ha permesso agli attori già presenti accanto ai più vulnerabili di rispondere rapidamente alla pandemia attraverso misure di sensibilizzazione, la distribuzione di materiale protettivo e di attrezzature e la fornitura di aiuti d'emergenza alle popolazioni vulnerabili. Queste delegazioni virtuose dovrebbero aprire la strada a tutte le altre.

Terzo: la pandemia ha sottolineato quanto le organizzazioni della società civile che operano sul campo siano essenziali per l’azione esterna dell’Unione Europea, non solo per il loro ruolo di watchdog, ma anche come pioniere di soluzioni innovative, flessibili e tempestive.

Questa stretta collaborazione tra l'UE e la società civile deve continuare nei prossimi mesi, decisivi per la definizione delle priorità su cui si concentrerà la cooperazione allo sviluppo dell'UE nei prossimi sette anni. L'auspicio è che il processo di consultazione in corso includa il maggior numero possibile di organizzazioni della società civile presenti nei Paesi, poiché sono ancora presenti sul campo e sono ben consapevoli delle esigenze locali.

Quarto: occorre considerare seriamente i finanziamenti. La cooperazione internazionale si trova in una fase critica. La diminuzione del sostegno finanziario da parte di donatori istituzionali e privati rappresenta una sfida seria. Le OSC, insieme alle istituzioni di Bruxelles, devono trovare nuove modalità affinché vengano erogati più fondi per avviare nuovi progetti e continuare quelli in corso. Ciò implica anche garantire flessibilità nelle procedure di accesso ai fondi europei.

Quinto: è tempo di riesaminare l’approccio ai prestiti in Africa. L'impatto economico della crisi sanitaria, la conseguente chiusura delle frontiere e il blocco della circolazione di persone e merci ha fatto precipitare indietro Paesi che stavano conoscendo un ritmo veloce di sviluppo. È urgente trovare nuovi modi per far ripartire immediatamente l'economia e recuperare il terreno perduto.

Un caso concreto: le imprese formali e informali, in particolare le imprese familiari, che hanno dovuto chiudere o ridimensionare la loro attività, dovrebbero ricevere un sostegno finanziario in prestiti a fondo perduto e a tasso agevolato per recuperare la loro capacità produttiva.

La rivoluzione digitale deve essere al centro dell’azione. È necessario fornire strumenti finanziari per realizzare progetti che investano nella formazione digitale e nell'educazione online

Infine, la rivoluzione digitale deve essere al centro dell’azione. È necessario fornire strumenti finanziari per realizzare progetti che investano nella formazione digitale e nell'educazione online. Un'alta percentuale della popolazione giovane dei Paesi partner rischia di rimanere esclusa dal sistema educativo, poiché le scuole rimarranno chiuse fino all'inizio del prossimo anno. Per loro devono essere concepiti progetti che promuovano empowerment e capacity building, ma che sostengano anche le strutture sanitarie ed educative, accanto alle attività economiche produttive.

Fin dal suo insediamento, la Commissione von der Leyen si è impegnata a mantenere una leadership geopolitica e a promuovere politiche esterne basate sulla solidarietà. Come ribadito nel primo discorso sullo Stato dell'Unione, è importante creare "opportunità per il mondo di domani" piuttosto che "costruire contingenze per il mondo di ieri". Questo si può realizzare solo investendo in azioni esterne lungimiranti, capaci di avere un impatto duraturo.

Purtroppo, le conclusioni del Consiglio europeo di luglio non sono state in linea con queste parole. Gli stanziamenti per lo sviluppo nel prossimo bilancio dell'UE hanno subito un significativo ridimensionamento. Tuttavia, non è troppo tardi per invertire questa tendenza. I negoziati sul nuovo quadro finanziario pluriennale (QFP) sono ancora in corso, quindi è ancora possibile dotare la cooperazione allo sviluppo di risorse adeguate e proporzionate agli obiettivi ambiziosi della Commissione.

Occorre agire ora, senza esitazioni.


*Giampaolo Silvestri, segretario generale di Fondazione Avsi

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