Politica

La cooperazione internazionale è sparita dalla Legge di Bilancio

Sorprende la visione strettamente nazionale della crisi globale contenuta nella legge di bilancio. Alle disuguaglianze interne generatrici di fragilità, corrispondono crescenti disuguaglianze globali ove le fragilità si traducono in centinaia di milioni di permanenti poveri, privati di ogni opportunità da un sistema iniquo che favorisce le disparità, lo scarto e l’indifferenza, privilegiando interessi particolari a danno del bene comune.

di Nino Sergi

Nei 229 articoli che definiscono la manovra finanziaria 2021 non si fa riferimento alla cooperazione internazionale dell’Italia con i paesi in sviluppo, definita dal legislatore “parte integrante e qualificante della politica estera dell’Italia”. Tranne l’articolo 114 relativo ad erogazioni al FMI, anche per contribuire a rispondere alla pandemia da Covid-19 ed al contenimento dei suoi riflessi in particolare sugli stati più poveri e l’articolo 115 che determina il contributo all’EPF, Fondo europeo per la pace, la manovra è giustamente concentrata sugli interventi per far fronte alla crisi da Covid-19 che sta colpendo duramente il nostro paese, le sue strutture produttive, sociali e sanitarie e che sta aggravando le disuguaglianze di reddito, educative, economiche e tra i territori.

Si rimane però alquanto sorpresi dalla visione strettamente nazionale della crisi globale contenuta nelle previsioni di bilancio 2021-2023, come se i convincimenti e gli impegni politici espressi in documenti, dichiarazioni, accordi internazionali avessero perso significato e i paesi con cui abbiamo stabilito accordi, avviato partenariati e comuni progettualità fossero divenuti irrilevanti. Come se si volesse negare l’interdipendenza dei problemi, politici, sociali, economici, ambientali, sanitari, come la pandemia ha evidenziato, ma anche delle opportunità. L’Italia ha ora la presidenza annuale del G20 e condividerà con la presidenza del Regno Unito la Cop26: quali segnali di reale coinvolgimento e impegno potrà dare il nostro paese?
Crescenti sono le disuguaglianze interne generatrici di fragilità; e crescenti le disuguaglianze globali ove le fragilità si traducono in centinaia di milioni di permanenti poveri, affamati, ammalati, analfabeti privati di ogni opportunità da un sistema iniquo che favorisce le disparità, lo scarto e l’indifferenza, privilegiando interessi particolari a danno del bene comune. Domina l’economia dello sfruttamento e del massimo profitto a beneficio di pochi.

Siamo immersi in un sistema strutturale immorale e insostenibile che “la cooperazione internazionale per lo sviluppo sostenibile, i diritti umani e la pace” – come recita il primo articolo della legge – intende superare coinvolgendo persone e comunità, costruendo con esse partenariati paritari e valorizzandone le potenzialità, portando solidarietà ma anche giustizia e forza per il cambiamento, cercando di incidere sulle radici delle disuguaglianze e sulle cause delle fragilità.
La cooperazione per lo sviluppo da sola non risolve, ma può lasciare il segno, può indicare la direzione e la fattibilità di un percorso verso modelli di sviluppo sostenibili, rispettosi della natura e incentrati sulla dignità di ogni essere umano, invitare alla coerenza tra le dichiarazioni e gli impegni. Per questo rimane importante. Ancor più ora, di fronte alla pan-crisi economica che si affianca alla pandemia e che rafforza il quadro delle disuguaglianze e colpisce duramente proprio lì dove le fragilità sono più stridenti. Che manchi tale consapevolezza nelle previsioni di bilancio per il prossimo triennio preoccupa molto. Nel momento in cui serve apertura e visione ampia nello spazio e nel tempo, la politica si ritira e si chiude nel proprio spazio di problemi e di fragilità, dimenticando che per superarli occorre anche intervenire sull’interconnessione dei problemi e delle fragilità e sulle relative cause strutturali che ostinatamente e colpevolmente continuiamo a considerare normalità.

Nelle previsioni di spesa della Legge di Bilancio 2021-2023, la cooperazione internazionale riprende un andamento negativo, dimostrando la mancanza di visione e coerenza nel governo e nella politica, dopo alcuni timidi tentativi di rilancio seguiti all’approvazione della legge 125/2014. Dallo 0,21% del RNL nel 2015, l’Aiuto pubblico allo sviluppo (APS) è infatti salito allo 0,30% nel 2017. Tale progressione si è però arrestata nel 2018, colpendo particolarmente la cooperazione bilaterale, quella dai partenariati politicamente preziosi, che è stata contenuta, in termini reali, al 15-20% dell’APS complessivo, allargando lo squilibrio rispetto al canale multilaterale che complessivamente ha superato il 50%. Il consuntivo 2019 riporta indietro la cooperazione al livello del 2015, annullando molti degli gli sforzi fatti nei cinque anni.


OSSERVAZIONI E PROPOSTE AL GOVERNO E AL PARLAMENTO

I. È questa la cooperazione che l’Italia vuole?

La tabella dimostra come le programmazioni finanziarie delle leggi di bilancio relative all’APS rispondano innanzitutto agli stretti obblighi internazionali, europei e multilaterali a cui l’Italia è tenuta ed alle necessità relative all’accoglienza dei richiedenti asilo nelle varie regioni italiane.
Mediamente, solo circa 1/6 dei fondi APS complessivi è stato destinato alle reali attività di cooperazione bilaterale ed alla costruzione di partenariati con paesi prioritari per l’Italia. Molte infatti sono le voci di spesa considerate APS che poco hanno a che vedere con la cooperazione allo sviluppo, nonostante che siano ammesse dalle regole di contabilizzazione definite dal Comitato per l’aiuto allo sviluppo (DAC) dell’OCSE. Sono forse risorse spese per la crescita in Africa o nel Vicino Oriente quelle che servono a detenere malamente richiedenti asilo nel dispregio della loro dignità e nell’indifferenza ai loro destini? Non si è forse perso, a livello internazionale, il senso della cooperazione per lo sviluppo e la sostenibilità, sostituendolo con una ostentazione di cifre e di percentuali che hanno ormai significato solo nelle Cancellerie?
È questa la cooperazione che il Governo e il Parlamento vogliono realmente? Mantenendo l’attuale andamento l’Italia continuerà ad avere una cooperazione bilaterale di sussistenza e apparirà in tutta evidenza l’incoerenza rispetto agli impegni politici assunti ed alle affermazioni sulla necessità di solidi partenariati paritari, in particolare nelle aree prioritarie dell’Africa, del Mediterraneo e del Medio Oriente. Sarebbe una cooperazione che ha perso il suo profondo significato di proposta: capace di indicare e in parte superare storture di sistema, mettere al centro l’essere umano e il bene comune, coniugare interessi con solidarietà, profitto con giustizia ed equità, investimenti produttivi con rispetto e salvaguardia della natura.

II. Istituzione di un “FONDO COVID”

La crescita delle diseguaglianze è ora uno dei più gravi effetti della pan-crisi derivante dalla pandemia Covid-19. Gli esseri umani sono toccati in modo diseguale con punte diffuse di gravità preoccupanti, rendendo più lontani gli obiettivi che le comunità politiche e di governance globale si sono posti con l’Agenda 2030. I poveri del pianeta sono i più colpiti e sono in aumento in ogni continente. Non solo, gli effetti della pandemia stanno colpendo duramente anche economie emergenti, rallentando e talvolta rischiando di annullare gli sforzi fatti e i successi ottenuti in anni recenti. Il Covid-19 si è aggiunto pesantemente a situazioni già difficili a causa del cambiamento climatico e dei conflitti che si susseguono localmente.
Oltre agli sforzi congiunti della Comunità internazionale per porre fine alla crisi sanitaria con la messa a disposizione del vaccino e per riavviare la crescita dell'economia globale, oltre al sostegno ordinario che la cooperazione internazionale dovrà continuare a fornire per non tradire i partenariati costruiti e gli impegni assunti, si rende necessaria un’azione immediata lungimirante al fine di far fronte ai gravi impatti sanitari, economici e sociali della pandemia. La Legge di Bilancio in discussione alla Camera dovrebbe prevedere la creazione di uno speciale Fondo Covid per contribuire alla risposta globale alla crisi che è contemporaneamente sanitaria ed economica, con gravi ripercussioni sociali (e di sicurezza) in molti dei paesi partner prioritari per l’Italia. Un fondo con una dotazione finanziaria consistente per ciascuno dei tre prossimi anni per interventi a breve e medio termine attraverso le attività del programma 4.2 “Cooperazione allo sviluppo” (Maeci e Agenzia) in attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030.

III. Conversione del debito

La decisione del G20 di sospendere il pagamento del debito per 76 paesi in via di sviluppo o a basso reddito è stata sicuramente importante. Ha infatti l’indubbio vantaggio di allentare l’emergenza e la mancanza di liquidità dei paesi debitori e di riaprire la discussione sulle possibili rinegoziazioni del debito. Tale iniziativa è però limitata a spostare nel tempo il problema della solvibilità del debito di fronte alle conseguenze della crisi attuale. E’ quindi insufficiente sia per le prospettive di sviluppo sia per consentire il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030.
Occorre pensare ad una riduzione del debito che eviti casi di default e che allo stesso tempo promuova investimenti per la ripresa ambientalmente e socialmente sostenibile. LINK 2007 ha promosso in questo senso l’iniziativa RELEASE G20 proponendo che la presidenza italiana del G20 inserisca il tema tra le priorità 2021. La proposta prevede una riduzione del debito collegata alla creazione, da parte del paese debitore, di un fondo di contropartita in valuta locale finalizzato ad investimenti volti al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.
In una fase di stallo, se non riduzione dei fondi per la cooperazione allo sviluppo, la conversione del debito in un fondo in valuta locale per investimenti essenziali e sostenibili è sicuramente una forma di cooperazione per lo sviluppo che l’Italia dovrebbe riuscire a porre all’attenzione del G20 e delle istituzioni finanziarie internazionali.

IV. Qualità e coerenza della cooperazione per lo sviluppo

Il valore politico innovativo della riforma legislativa del 2014, che ha recepito anni di proposte e dibattiti nelle aule parlamentari e nella società civile, rimane indubbio, come rimane forte il messaggio che la cooperazione internazionale per uno sviluppo equo e sostenibile riguarda tutti, lo Stato, la società nel suo complesso, le istituzioni pubbliche, i soggetti privati non profit e profit, in un mondo sempre più interconnesso e complesso, con gravi e comuni problemi di
sostenibilità. Nei sei anni di attuazione della legge 125/2014 alcune criticità sono emerse. Lo stesso considerevole impegno dei soggetti istituzionali e più complessivamente del sistema della cooperazione le ha messe in evidenza. Le difficoltà incontrate con la crisi pandemia hanno a loro volta confermato la necessità di identificarle e analizzarle al fine di correggere limiti normativi, regolamentari, strutturali e gestionali per una più puntuale, valida ed efficace cooperazione internazionale, come tutti auspichiamo. Le criticità sono infatti perlopiù indipendenti dalla volontà e l’impegno delle persone che vi lavorano, che auspicano anch’esse risposte alle carenze e insufficienze per meglio svolgere il proprio lavoro.
È bene quindi individuare queste risposte per garantire maggiore qualità ed efficacia alla cooperazione, in un lavoro congiunto tra le istituzionali preposte ed i soggetti attuatori della cooperazione, a partire dalle organizzazioni della società civile. Si tratta di una nuova sfida, da assumere senza ritardi. Le competenti Commissioni parlamentari saranno chiamate in
particolare a correggere i limiti normativi e le molteplici incoerenze delle decisioni politiche che talvolta contraddicono le finalità e gli obiettivi sanciti nella legge 125/2014.

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