Mondo
La cooperazione internazionale e la sfida dell’unità
Solo una comunità coesa e con un vero peso rappresentativo nell’ambito della cooperazione e nella società potrà far fronte al tentativo di mettere di mettere questo mondo nell’angolo
di Nino Sergi
Noi nella cooperazione internazionale. È stato toccante vivere le tante espressioni di affetto, vicinanza, solidarietà e il comune sentimento di appartenenza ad uno stesso corpo condividendo gli stessi valori che hanno accompagnato la notizia della tragica morte di Paolo Dieci, presidente del CISP e di LINK 2007, il 10 marzo scorso. Uno di noi, la migliore parte di noi, mancherà a tutti noi, ripetevamo increduli. Il NOI ha dominato per giorni. Non c’era, perché difficile perfino pensarlo, alcun riferimento all’io o al voi, alle diversità, ai contrasti che sovente evidenziamo.
Solo quattro giorni prima, in uno degli incontri per la valutazione complessiva della cooperazione internazionale dell’Italia, gli inviati dell’OCSE-DAC chiedevano ai rappresentanti delle reti AOI, CINI, LINK 2007 i motivi di questa triplice suddivisione, non comune negli altri paesi europei. “La realtà italiana è questa” è stata, in sintesi, la sbrigativa risposta.
Un mondo variegato. La realtà delle associazioni e organizzazioni di cooperazione e solidarietà internazionale non è mai stata unidirezionale. Fin dagli anni ’50 del secolo scorso, ha espresso una ricca pluralità di specificità e competenze e ha saputo di volta in volta captare esigenze aggregative, modalità organizzative, opportunità di affermazione, evoluzione e crescita che hanno prodotto vitalità e autorevolezza in questa straordinaria comunità di organizzazioni della società civile (Osc). Hanno saputo intervenire sulle varie forme di povertà, talvolta estreme, vivendo e stabilendo legami solidi di umanità e solidarietà in regioni lontane, ‘all’ultimo miglio’, ma anche in contesti sempre più vicini, cerando di abbracciare, nel proprio piccolo ma con dedizione, passione e perseveranza, l’intera umanità.
Percorsi comuni. Se la competizione non è mancata, ci sono sempre stati cammini comuni che hanno visto l’impegno di operatori e operatrici di Osc delle diverse aggregazioni che hanno saputo condurre l’insieme verso trasformazioni e mete condivise, appianando divergenze e superando difficoltà, rafforzando il prestigio collettivo. Sono questi percorsi comuni che hanno permesso, per fare pochi esempi recenti, approfondimenti e interlocuzione politica per la riforma legislativa della cooperazione per lo sviluppo, con la definizione delle sue finalità e priorità, le modalità di attuazione, l’apertura ai molteplici attori pubblici e privati coinvolgibili, l’esigenza di coerenza delle politiche; hanno favorito il riconoscimento di diritti e tutele per il personale impiegato; hanno condotto ad un’accresciuta autorevolezza nel confronto politico ai diversi livelli istituzionali. Ci sono stati errori, carenze e anche qualche scorrettezza lungo i vari decenni: le Osc di cooperazione e solidarietà internazionale ne hanno scontato le conseguenze. Ma la loro credibilità complessiva non è mai stata compromessa, grazie ai riferimenti valoriali, alla crescente professionalità, la concretezza delle azioni, i legami di partenariato rafforzati nel tempo, la capacità propositiva e innovativa, le valutazioni di impatto, la scelta della trasparenza, l’apertura al dialogo e alla collaborazione con altri soggetti della società civile.
Il contesto odierno. I problemi e le tensioni internazionali che ci toccano da vicino e ci preoccupano, il contesto politico attuale in Italia e in Europa con la caduta delle spinte unitarie e solidaristiche, la sottovalutazione del multilateralismo, la chiusura sovranista e l’interesse egoistico, l’indebolimento di soggetti sociali tradizionalmente aggreganti, l’indifferenza e il disprezzo verso minoranze particolarmente bisognose ed emarginate, l’uso di un linguaggio falso, divisivo, che sfocia in comportamenti discriminatori e carichi di odio, la tendenza cioè a negare o sottovalutare principi e valori di umanità e di convivenza sociale che sono stati e sono alla base delle nostre scelte e attività, tutto ciò richiede oggi, ancor più che nel passato, una maggiore unità.
Innanzitutto nella nostra identità e specificità, nella riaffermazione dei valori che ci uniscono e dei principi che ci guidano, nel dovere di trasparenza e accountability della nostra azione in Italia e nei paesi di intervento, nella professionalità come impegno deontologico nel rapporto con i partner, nella difesa dei diritti umani e nel contrasto all’esclusione ovunque essa si presenti, nell’adozione della sostenibilità quale criterio guida di tutti i nostri interventi, nell’opzione per il dialogo rispettoso delle diversità e delle differenze culturali, nell’aperta condivisione delle buone pratiche.
Una rappresentatività sociale inclusiva e riconosciuta. La nostra ambizione è quella di far sì che la cooperazione internazionale per lo sviluppo diventi patrimonio condiviso, che superi i confini tradizionali delle associazioni e degli enti specializzati. La cooperazione è una dimensione rilevante della politica internazionale del nostro paese e dell’UE. Basata sullo sviluppo umano e sostenibile, su rapporti di partenariato in una visione strategica di collaborazione paritetica e solidaristica per uno sviluppo condiviso, essa tende infatti ad unire, superare le disuguaglianze, includere, affrontare le insostenibilità e le crescenti disparità e marginalizzazioni prodotte dalla globalizzazione, favorire la pace. Per realizzare questa ambizione è necessario che le Osc italiane di cooperazione nel loro insieme e unitariamente riacquisiscano maggiore considerazione nella società italiana e di fronte alle istituzioni, ai media, alla politica esprimendo con forza e vivendo con coerenza i propri valori e principi, nella pluralità delle identità ed esperienze e nel rafforzamento del lavoro di rete e di alleanze. È anche il modo perché sia loro riconosciuta la piena rappresentatività sociale in materia di cooperazione allo sviluppo. Solo una comunità di Osc coesa e con un vero peso rappresentativo nell’ambito della cooperazione internazionale allo sviluppo e nella società potrà far fronte al tentativo di marginalizzazione che potrebbe riguardarle in Italia, in Europa e nel mondo.
*Nino Sergi, Presidente emerito di INTERSOS e Policy Advisor di LINK 2007
Nell'immagine di copertina una delle attività della Fondazione Don Gnocchi in Rwanda
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