Dibattiti

La cooperazione? Deve agire in una prospettiva di senso

La cooperazione è diventata, suo malgrado, la stampella operativa di un welfare pubblico che non ha più una governance strategica. Qual è allora il suo plus? «La possibilità di sperimentare e di riaggregare interventi, persone, enti, realtà», risponde Alberto Mossino, che nell'Astigiano si occupa di immigrazione. Nuovo intervento nel dibattito aperto da Andrea Morniroli e Marisa Parmigiani

di Alberto Mossino

puzzle
Foto di Magda Ehlers, Pexels

Quando mi è stato chiesto di scrivere un articolo su quale sia oggi il ruolo degli enti del Terzo settore nelle politiche di welfare (il dibattito è stato aperto su VITA dal documento Per un’economia più giusta La cooperazione come argine delle disuguaglianze e abilitatore di giustizia sociale, elaborato da Forum Disuguaglianze Diversità e Fondazione Unipolis, ndr), mi sono sentito in prima battuta disorientato. Questo perché troppe volte siamo impegnati a intervenire su molteplici ambiti di vulnerabilità e disagio sociale, in una logica di emergenza, senza progettualità e vision. Siamo diventati nostro malgrado la stampella operativa di un welfare pubblico che non ha più una governance politica e strategica.

In queste condizioni l’urgenza dei bisogni (quelli dei tanti, troppi, problemi sociali da affrontare ma anche quelli legati alla gestione e sopravvivenza organizzativa/amministrativa dei nostri enti) ci porta a perdere la visione e il senso del nostro intervento. Messa così sembra che non ci sia una ragione specifica per cui vale la pena essere operatori del Terzo settore, ma per fortuna si aprono anche nuovi ambiti, sovente legati a nuove progettualità, con prospettive di intervento volte all’innovazione, spesso finanziate da soggetti non istituzionali (fondazioni e ong).

Alberto Mossino, presidente di Progetto integrazione assistenza migranti-Piam Onlus

In questi giorni sto lavorando ad un progetto di accoglienza, inclusione e sviluppo locale nelle aree interne del Basso Monferrato, nell’Astigiano. All’interno di questa progettazione ho trovato le risposte al quesito iniziale: qual è oggi il ruolo degli enti del Terzo settore nelle politiche di welfare? Essere un ente del Terzo settore, intervenire come impresa sociale ci permette di agire a 360 gradi, programmando interventi multidisciplinari, in un’ottica di sistema e non settoriale, con la finalità di affrontare i bisogni proponendo attività e servizi che promuovono la coesione sociale. Abbiamo la possibilità, che nel pubblico è molto limitata, di sperimentare, disaggregare e riaggregare interventi, persone, enti, realtà produttive, non profit e tanto altro ancora.

Abbiamo la possibilità, che nel pubblico è molto limitata, di sperimentare, disaggregare e riaggregare interventi, persone, enti, realtà produttive, non profit e tanto altro

— Alberto Mossino

Il progetto “Così-Comuni Solidali Inclusivi” a cui, insieme ai colleghi di Piam, sto lavorando, è un esempio di come sia possibile e vitale per gli enti del Terzo settore agire in una prospettiva di senso. La visione che sottende il progetto è di lavorare per mantenere un adeguato livello dei servizi e opportunità per i residenti dei territori coinvolti (aree interne) e per le persone vulnerabili, con una particolare attenzione rispetto alla formazione professionale e all’aumento dell’occupabilità del target individuato (ex/beneficiari dei progetti Sai, giovani con background migratorio, giovani, persone fragili) ed alla creazione di opportunità lavorative generate dalle azioni di sviluppo locale e turistico. Al tempo stesso si punta a collaborare per migliorare i servizi di base (che scarseggiano nel territorio) attraendo nuove risorse e competenze e favorendo l’accoglienza e l’inclusione sociale in un’ottica di sviluppo locale, e a sviluppare le competenze ed i servizi per la tutela, la manutenzione e la valorizzazione del territorio.

I valori per cui operiamo sono l’inclusione delle persone con vulnerabilità e con un backgroundmigratorio residenti nei territori coinvolti nel progetto, coinvolgendo la società civile e le amministrazioni locali che lavorano sul territorio per creare sinergie, costruire e mantenere la rete di progetto favorendo l’integrazione di risorse umane, materiali ed economiche al fine di valorizzare il territorio e tutelare l’ambiente.

Il progetto “Così-Comuni Solidali Inclusivi” è un esempio di come sia possibile e vitale per gli enti del Terzo settore agire in una prospettiva di senso

— Alberto Mossino

Il macro obiettivo che perseguiamo è quello di ampliare efficaci sinergie tra il sistema dell’accoglienza Sai ed il welfare locale sul territorio del Basso Monferrato e del Nord Astigiano, spazio marginale e rurale dell’Italia interna: per questo abbiamo previsto nel progetto l’introduzione nell’organizzazione capofila – ma a servizio della rete – di una figura professionale in grado di lavorare sul territorio a fianco dei soggetti della rete e degli stakeholders con il ruolo di “operatore di comunità”, per rafforzare la rete di progetto, la sua governance e la sua sostenibilità. Pensiamo che il progetto possa contribuire a offrire servizi di prossimità, di formazione e di orientamento al lavoro favorendo l’inclusione e la promozione del territorio, e creare nuove opportunità lavorative sul territorio grazie alle azioni di sviluppo locale e turistico legate al cammino “8 Basso Monferrato: turismo attivo tra natura e cultura”. “Così-Comuni Solidali Inclusivi” vuol favorire la sostenibilità e il mantenimento dei servizi del territorio, creare sinergie tra le reti, lavorare per uno sviluppo locale sostenibile ed inclusivo contribuendo, in tal modo, alla crescita economica e al rilancio del territorio evitando lo spopolamento dei piccoli centri rurali.

Chi è

Alberto Mossino è presidente di Progetto integrazione assistenza migranti-Piam Onlus di Asti. Piam si occupa di donne e immigrazione, con particolare attenzione alle vittime di tratta e sfruttamento e avvia progetti di accoglienza e integrazione.


Scegli la rivista
dell’innovazione sociale



Sostieni VITA e aiuta a
supportare la nostra missione


17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.