Nuove generazioni

La cooperazione del domani? La scrivono i giovani

La cooperativa sociale pordenonese Itaca ha avviato un processo per ragionare su alcuni punti cruciali della propria strategia e dei propri valori. I protagonisti di questa riflessione sono - e saranno nei prossimi passaggi - i lavoratori under 35

di Veronica Rossi

La cooperazione del futuro ha bisogno delle competenze dei più giovani. È per questo che la cooperativa sociale Itaca, realtà multiservizi con sede a Pordenone, ha avviato il progetto “Generators for sparkilng cooperaton”, iniziativa nata per condividere proposte e riflessioni e nuove prospettive con i lavoratori under 35. L’evento di lancio, a cui hanno partecipato un’ottantina di persone, si è tenuto sabato otto marzo nel capoluogo del Friuli Occidentale.

«Come governance della cooperativa ci interroghiamo già da qualche anno sugli scenari di cambiamento che ci investono», dice Paola Ricchiuti, responsabile della progettazione di Itaca, «sul ruolo della cooperazione e su come ormai fatichiamo a pensare in maniera strategica, a immaginare interventi e servizi in linea con i bisogni emergenti delle nostre comunità». Il consiglio di amministrazione si è reso conto del fatto il primo obiettivo di una cooperativa deve essere acquisire uno sguardo collettivo. Ma si è reso conto anche che la risposta non andava cercata all’esterno, ma all’interno. «Ci siamo detti “Quanti giovani ha Itaca?” Su una popolazione di 1800 dipendenti, ci sono 450 under 35. È un segmento significativo: ci siamo accorti che aveva senso dialogare con loro in una dimensione di intergenerazionalità».

Il progetto non aveva una forma predefinita, è stato costruito nel tempo col coinvolgimento di un focus group di giovani, accompagnati dagli “spiriti guida” dell’iniziativa: i sociologi Luca Fazzi, dell’università di Torino e Vincenza Pellegrino, dell’università di Parma, insieme a Barbara di Tommaso, esperta di progettazione sociale. . «Abbiamo ricevuto tutti la chiamata», dice Elisa Ninno, una delle under 35 coinvolte, «e abbiamo accettato; in realtà all’inizio nessuno aveva proprio le idee chiare su cosa sarebbe stato il progetto: l’abbiamo pensato insieme, rendendolo concreto». Il piccolo gruppo ha organizzato l’evento dell’8 marzo e ha anche ha preparato i materiali per gli altri giovani: un questionario, per esempio, in cui inserire informazioni anagrafiche e lavorative, età, provenienza. «Abbiamo chiesto anche se si sentono coinvolti all’interno della cooperativa», racconta Ninno, «e se interessava loro svolgere questo percorso. Questo ci ha dato degli spunti concreti per agire e per progettare».

Le domande servivano anche a sviscerare eventuali fragilità del lavoro in ambito sociale. «Abbiamo provato anche a indagare per avere riscontri rispetto ad alcuni nodi cruciali», afferma Carlotta Bonazzon, operatrice under 35, «come l’aspetto economico, ma non solo: la conciliazione della vita lavorativa con quella professionale, il riconoscimento delle competenze e il riscontro rispetto alla formazione». Tutti questi temi, evidenziati nei questionari, sono stati esplosi all’interno dei tavoli di lavoro dell’8 marzo. I partecipanti, infatti, sono stati divisi in sette tavoli, in cui c’erano coordinatori; i temi chiave erano partecipazione, cooperazione, innovazione/cambiamento. «Siamo andati a guardare la parte propositiva, continua la giovane, «ragionando su come possiamo attivarci all’interno della cooperativa per promuovere il riconoscimento delle competenze professionali, per esempio».

Dai lavori di sabato sono uscite proposte e strade da percorrere. «Ci sono alcuni giovani che nei nostri servizi ricoprono il ruolo di educatori, ma hanno delle formazioni specifiche», riflette Bonazzon. «Noi come cooperativa abbiamo diverse aree di lavoro, dai minori agli anziani, alle strutture residenziali e la salute mentale. Si potrebbe transitare in servizi diversi dove ci possono essere professionalità differenti. Per fare un esempio concreto un collega che lavora nei servizi con gli adolescenti, ma ha una formazione da psicoterapeuta, potrebbe trovare un riconoscimento andando in supporto all’area anziani, facendo supervisioni alle équipe territoriali». Dai tavoli di lavoro è emerso anche che la cooperativa crede molto nella formazione di tutti i dipendenti, ma c’è bisogno di mettere in pratica quanto si è imparato, anche attraverso un dialogo tra i vari settori. «Quella del senso è una delle dimensioni più importanti da affrontare, perché è l’anima del nostro lavoro», conclude Ricchiuti. «Raccoglieremo gli stimoli emersi e lavoreremo in maniera concreta per costruire delle proposte concrete e delle strade praticabili».

Foto nell’articolo fornite dall’ufficio stampa

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