Politica
La cooperazione decolla in regione
In Toscana nasce unagenzia per coordinare gli interventi. Anche Roma ci sta pensando. Intanto luniversità SantAnna di Pisa fa un po di conti: sorprendenti
L?Italia e gli italiani viaggiano a due velocità diverse per quanto riguarda la solidarietà nei confronti dei paesi poveri. L?affermazione potrebbe suonare generica, se non fosse che qualcuno si è messo a fare dei calcoli. La Regione Toscana, secondo uno studio del professor Andrea de Guttry dell?Istituto superiore Sant?Anna di Pisa, riesce a mobilitare ogni anno 30 milioni di euro per attività di cooperazione nei paesi del sud del mondo. «La cifra è una stima del valore complessivo delle risorse che enti pubblici e privati mettono in campo per l?aiuto allo sviluppo, in modo diretto o attraverso la capacità di attrarre finanziamenti di organismi internazionali», precisa de Guttry. La ricerca del Sant?Anna è approdata a questo risultato dopo una mappatura di tutte le iniziative di cooperazione decentrata messe in atto da associazioni non profit, organizzazioni non governative con sede in Toscana, cooperative, università, fondazioni private ed enti locali, fino ai piccoli gruppi: 1.200 soggetti per un totale di 1.500 progetti nel Sud del mondo.
Se il centro langue – con il governo italiano all?ultimo posto in Europa per quanto riguarda la percentuale del prodotto interno lordo destinata all?aiuto pubblico allo sviluppo – la periferia è attiva e propositiva. E di conseguenza sono sempre di più le ong che, a fronte dei tagli alla cooperazione e a tempi di attesa sempre più lunghi al ministero Affari esteri, attingono alla cooperazione decentrata delle Regioni e degli enti locali che, in base alla legge 68 del 93, possono destinare fino all?0,8% del proprio bilancio per la cooperazione allo sviluppo.
La Toscana si muove
Nata come fenomeno strutturato nei primi anni 90 (ma in Lombardia già nell?87), la cooperazione decentrata si è moltiplicata in mille rivoli e dopo una quindicina d?anni di lavoro sul campo sta compiendo un salto strutturale di organizzazione. All?avanguardia è di nuovo la Regione Toscana che venerdì 10 marzo ha organizzato una conferenza per istituire un?agenzia per la cooperazione internazionale. Ma della proposta di un?agenzia ad hoc si è parlato anche a Roma, in un incontro organizzato dal Comitato cittadino per la cooperazione decentrata e introdotto da Walter Veltroni.
«L?idea dell?agenzia regionale nasce dalla necessità di coordinare i mille rivoli della cooperazione internazionale che parte dal territorio», spiega Massimo Toschi, assessore alla Cooperazione internazionale, perdono e riconciliazione tra i popoli della Regione Toscana. «Ma l?intenzione non è solo quella di dotarsi di uno strumento operativo. In Italia c?è un vuoto più grave: manca una politica della cooperazione».
L?agenzia toscana per la cooperazione potrebbe essere attiva entro la fine dell?anno, con un direttore nominato dalla Regione, un consiglio di gestione a cui partecipano anche rappresentanti del terzo settore e un comitato scientifico con esperti di diversi paesi. L?amministrazione fiorentina è fra quelle che sostengono la necessità di una riforma strutturale della cooperazione italiana anche a livello centrale, con un?agenzia nazionale per l?aiuto allo sviluppo alle dipendenze dirette della Presidenza del Consiglio invece che del ministero degli Esteri.
Verso gli Stati generali
Si respira più prudenza a Roma: «L?agenzia per la cooperazione decentrata è solo una delle ipotesi di cui stiamo discutendo», spiega Raffaella Chiodo, coordinatrice del Comitato cittadino per la cooperazione decentrata e la solidarietà internazionale. «Anzi, abbiamo il timore che un?eccessiva istituzionalizzazione freni il confronto fra la società civile e le amministrazioni pubbliche. Prima che sugli strumenti ci confronteremo sulle politiche della cooperazione, in vista degli Stati generali della solidarietà internazionale che la città di Roma organizzerà in autunno».
Il Comitato cittadino di Roma è un tavolo misto di confronto sulla cooperazione, formato da 17 persone elette da 150 associazioni del terzo settore e da cinque nominate dall?amministrazione comunale. Un?esperienza nata due anni fa e limitata alla città di Roma, una delle tante forme di organizzazione che sta muovendo i primi passi.
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