Economia

La coop è a misura di piccoli

La prova che la cooperazione sociale è la carta vincente per risolvere l’emergenza dei servizi educativi per l’infanzia? Il successo del marchio Pan...

di Chiara Sirna

Un esempio del ruolo della cooperazione sociale nello sviluppo delle politiche per l?infanzia? Il marchio Pan. Meno di tre anni fa era soltanto un progetto su carta, oggi è una rete nazionale di 175 asili nido. Un record strepitoso, ma anche annunciato, che conferma due grandi verità. Primo: che l?Italia ha fame di servizi all?infanzia. Secondo: che l?impresa sociale è la chiave di volta per colmare il gap di uno Stato allo stremo delle forze e una finanza pubblica sull?orlo del collasso. La carta vincente di Pan è stata aver unito le capacità progettuali delle tre maggiori centrali dell?imprenditoria sociale italiana, Consorzio Cgm, Drom-Legacoop e Fis, braccio sociale della CdO, con quelle finanziarie di BancaIntesa, dando il ?la? alle comunità locali per lavorare in rete, in un?ottica di sussidiarietà tra enti pubblici e coop. Lontani dall?obiettivo 33% Se ci limitassimo a guardare i dati potremmo anche cantar vittoria. Ma trattandosi di minori bisogna mettere i puntini sulle ?i?. è vero che gli asili nido sono cresciuti nell?ultimo quinquennio del 43,4%, per un totale di 4.313 strutture. Ma è anche vero che su una popolazione complessiva da 0 a 2 anni di oltre un milione e 600 mila bambini, i posti ammontano appena a 150.880. E se l?offerta media si aggira intorno al 9,4%, le maglie nere di regioni prossime allo 0 sono ancora tante, soprattutto al Sud. Il panorama nazionale infatti è disomogeneo: si passa da punte d?eccellenza come Emilia, Toscana, Umbria e Marche (con percentuali del 18,3%, 11,3%, 11,6% e 11,5%), fino ai casi limite dell?1,7% della Calabria o del 2,7% e 2,2% di Puglia e Campania. Situazioni che ci allontanano di gran lunga dall?obiettivo Lisbona del 33% entro il 2010. Il nodo della qualità Che il sistema educativo italiano sia tra i più invidiati sono gli esperti stessi a confermarlo. «Dagli altri paesi vengono in pellegrinaggio per vedere e imitare i nostri modelli», conferma Ferruccio Cremaschi, direttore della rivista Bambini. Una prova di qualità che però inizia a essere minacciata dall?ingresso sempre più massiccio del privato profit. «è essenziale», spiega Aldo Fortunati, direttore delle attività di ricerca dell?Istituto degli Innocenti di Firenze, «che il centro di coordinamento per i servizi all?infanzia resti in mano pubblica. Ben vengano i meccanismi di accreditamento, ma le linee guida devono essere uguali per tutti». A meno di non ricadere in una giungla di prezzi e tariffe, ma anche di modelli educativi. «Il settore è povero e in quanto tale non consente margini di profitto», dice Grazia Faltoni, del comitato di coordinamento Pan per Legacoop. «Per fare business o si ledono i diritti dei bambini o si taglia la qualità. Ed è quello che sta succedendo, soprattutto nei cosiddetti servizi integrativi. Qui le strutture spurie stanno dilagando a macchia d?olio. Le si maschera sotto false forme di associazioni o coop, ma solo per bypassare le norme fiscali. E l?identità educativa passa in secondo piano». Come si supera l?impasse? «L?unico baluardo di qualità è il controllo pubblico», conferma Cremaschi. «Chi apre un nido per trarne profitto, per risparmiare sui costi è costretto a tagliare sul personale e sottoporlo a più ore di lavoro. Le tariffe altrimenti sarebbero talmente alte da azzerare la clientela». Il salvagente della cooperazione Ecco allora che entra in gioco la cooperazione sociale. Pan è la punta di diamante di un modello di welfare sussidiario, ma sono molte le realtà locali che si stanno muovendo nella stessa direzione. E con ottimi risultati. «Il ruolo delle cooperative come partner dei Comuni nello sviluppo di politiche per l?infanzia è essenziale», spiega Gloria Tognetti, responsabile dei servizi educativi e scolastici di S. Miniato. «Certo è importante che le regole di capitolato e il monitoraggio restino in mano pubblica», continua, «ma il sistema deve necessariamente diventare integrato». Ricetta che nel piccolo borgo toscano ha portato a una copertura di servizi del 39,3% per un totale di 166 posti in asili nido e altri 78 in punti gioco. Il tutto gestito a metà: il 50% dal Comune, con personale proprio, l?altro 50% con titolarità pubblica, ma accreditamento esterno alle coop sociali del consorzio locale Area Coeso Empolese Val D?Elsa. Eppure c?è ancora parecchio da fare. «La domanda è del 57%», aggiunge Gloria Tognetti, «quindi il terzo settore sarà sempre più necessario». Panorama diverso, ma sistema simile anche a Pistoia. Qui su 11 asili nido, uno è gestito in toto da una coop sociale e altri due lo saranno a breve. «L?offerta da noi è del 25% per 485 posti complessivi, ma ancora 200 bambini sono in lista d?attesa», dice Annalia Galardini, dirigente dell?Area Servizi alla persona del Comune, «e per il 2006 non abbiamo più risorse per aumentare l?offerta». Stesso motivo per cui anche il prolungamento di orario nei nidi pubblici del territorio è garantito dagli operatori ?privati?. «Il dialogo tra servizi è fondamentale», conclude la Galardini, «il Comune diventa prezioso quanto più si mette a disposizione del privato sociale nel ruolo di cabina di regia».


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