Gioco d'azzardo

La Consulta nazionale antiusura boccia il decreto legislativo sul gioco online

Luciano Gualzetti illustra le contraddizioni del provvedimento di legge approvato dalle commissioni parlamentari Finanze e Bilancio, ma anche dei rischi per la salute di milioni di persone che spesso si trovano in una situazione di sovraindebitamento e dipendenza. In Italia un giro d'affari di 150 miliardi di euro

di Luigi Alfonso

«Occorre costituire al più presto un intergruppo parlamentare sui rischi del gioco d’azzardo». La richiesta parte dalla campagna “Mettiamoci in gioco”, dalla Consulta nazionale antiusura “San Giovanni Paolo II” e da alcuni parlamentari, che ieri si sono incontrati a Roma e in settimana si ritroveranno per ragionare insieme su ciò che è ancora possibile fare per contrastare le ricadute negative della diffusione del gioco d’azzardo nel nostro Paese.

L’incontro di ieri era finalizzato a far convergere e rafforzare gli sforzi di tutti quei parlamentari che, indipendentemente dall’appartenenza politica, credono che sia necessario ridurre l’offerta di azzardo e regolamentare il settore, mettendo al primo posto la salute delle persone. Nei prossimi giorni saranno coinvolti anche i parlamentari che non hanno potuto partecipare alla riunione di ieri perché impegnati nei rispettivi lavori istituzionali: sarà preparata la lettera nella quale verranno invitati tutti i parlamentari italiani ad aderire all’intergruppo in via di costituzione. Ne parliamo con Luciano Gualzetti, presidente della Consulta nazionale che riunisce 35 tra fondazioni e associazioni antiusura (regionali, provinciali o comunali). Si tratta di un organismo costituito secondo un’esplicita motivazione cristiana nell’ambito di una azione di promozione umana della Chiesa cattolica italiana e delle direttive della Conferenza episcopale italiana. Il gioco d’azzardo, da anni, risulta tra le cause di sovraindebitamento delle famiglie o di singole persone.

Luciano Gualzetti, presidente della Consulta nazionale antiusura

Presidente Gualzetti, che cosa contestate al testo del decreto legislativo sul nuovo assetto del comparto online, approvato nei giorni scorsi dalle commissioni parlamentari Finanze e Bilancio?

Direi l’impostazione generale. Di fatto, c’è il tentativo di mettere al primo posto le esigenze di entrate erariali piuttosto che il guadagno delle imprese, rispetto alle esigenze di salute dei cittadini. Cosa che, per noi, sembra doveroso mettere sempre al primo posto. Inoltre, ci sembra improprio separare i due aspetti del gioco d’azzardo, quello fisico e quello online. Anziché fare una legge quadro generale, si preferisce fare soltanto un intervento sul gioco online. Da alcuni anni, peraltro, il gioco d’azzardo online ha largamente superato quello fisico nelle sale che eravamo abituati a trovare per le vie cittadine. Così, tutte quelle precauzioni che erano state messe in campo per arginare il fenomeno e le conseguenze sociali (penso, per esempio, alle distanze delle sale gioco dalle scuole o il divieto della pubblicità) sono ormai state aggirate. Ora chiunque può giocare quando e dove vuole, attraverso il proprio device. Senza limiti di distanze e di tempi. Davanti a una sfida di questo tipo, bisognerebbe affrontare la situazione con una visione a 360 gradi.

Spesso gli interventi messi in campo risultano superati dalla realtà dei fatti. Chi gestisce le piattaforme del gioco d’azzardo, è sempre molto più avanti anche dal punto di vista tecnologico.

È vero. Anche perché questa imponente massa di denaro può essere reinvestita in nuove forme di intrattenimento che costruiscono questa dipendenza. E le persone più fragili rimangono intrappolate in un meccanismo perverso. Mi vien da dire che si tratta di una dipendenza progettata. La crescita del gioco d’azzardo, fisico e online, è incalzante e pervasiva. L’intento è quello di raggiungere il maggior numero di persone in qualunque momento. Nel 2023 gli italiani hanno speso 150 miliardi di euro nel gioco. Eppure, a fronte di questo incremento, non sono aumentate le entrate erariali: erano l’8 per cento nel 2004 e sono rimaste l’8 per cento nel 2022, dunque oggi parliamo di 10-11 miliardi di euro. Che, secondo la Consulta nazionale, saranno spesi per le conseguenze sociali e sanitarie del fenomeno: solitudine, difficoltà economiche, insicurezza, depressione, dipendenze. Tra l’altro, ormai le aziende che si occupano del gioco d’azzardo sono in gran parte multinazionali che non versano le tasse in Italia, ecco perché c’è questa discrepanza tra il giocato e le entrate erariali. Qual è il senso, dunque? Da tempo è comprovato che gran parte delle persone che si rivolgono alle fondazioni e alle associazioni antiusura, messe a dura prova dalla situazione di indebitamento, provengono da esperienze prolungate di gioco d’azzardo.

È la solita ipocrisia dello Stato, che si vede anche nella vendita di tabacco e alcol. Ma non basta fermarsi alla scritta “nuoce alla salute” se, sotto sotto, ci si frega le mani per le entrate erariali.

Noi abbiamo sempre denunciato questa ambivalenza dello Stato che, di fatto, da una parte fa il biscazziere e appalta il gioco alle concessionarie private, e dall’altra deve curare i suoi cittadini per i danni provocati dal gioco. Un tempo c’era l’idea di legalizzare il gioco d’azzardo per eliminare quello illegale. In realtà, le evidenze investigative dimostrano non solo che il gioco illegale è andato avanti ma addirittura la criminalità organizzata si è inserita nel gioco legale per riciclare denaro sporco, soprattutto nella modalità online. Ecco perché sosteniamo che tutto va rivisto in un’ottica differente. Bisogna rimettere al primo posto la salute delle persone, e poi la sicurezza della collettività, quindi le entrate dell’erario e i ricavi delle concessionarie. Non è che quest’ultima voce sia poco importante, però viene dopo le prime tre. Rispettiamo la libertà d’impresa e i posti di lavoro, purché non compromettano la salute e la sicurezza di milioni di persone. Qui invece sta passando l’idea che bisogna dare la priorità alle entrate. Gli utili sono importanti ma non possono essere prevalenti su tutto il resto.

Il gioco d’azzardo online ha superato di gran lunga quello fisico.

Nel 2022, su 136 miliardi di euro di giocate, oltre 80 miliardi sono stati raccolti dall’online. E questo ci preoccupa perché ci sono meno controlli, anche nella tracciabilità del denaro per le vincite. Oltre tutto, i minorenni possono superare questi argini: il 30 per cento degli studenti under 18 dichiara di aver giocato almeno una volta all’anno. Il più delle volte si tratta di scommesse sportive. Spesso, lo dicono gli stessi ragazzi, tutto comincia nello spogliatoio della propria squadra, tra amici. Occorre una logica educativa che permetta agli adolescenti di capire che questa strada non porta buoni risultati perché alla fine vince sempre il banco.

Come si può arginare un fenomeno di questa portata?

Non è facile, ma qualcosa si può fare. Per esempio, tracciare i conti online e capire dove finiscono tutti questi soldi. Gli interessi economici che prevalgono, condizionano le decisioni politiche e anche la terminologia utilizzata nei provvedimenti di legge: si continua a parlare semplicemente di gioco e non di gioco d’azzardo. Bisogna ricordarsi che è vero che non tutti i giochi sono d’azzardo, ma l’azzardo non è affatto un gioco. Anche l’utilizzo del termine ludopatia, a mio avviso, dovrebbe essere sostituito con “gioco d’azzardo patologico”. Perché è una vera e propria dipendenza. Ecco, tutto questo rafforza l’ambiguità di cui parlavo prima.

Tra i più fragili invischiati nel gioco d’azzardo, ci sono i giovanissimi.

Le scommesse sportive intaccano la bellezza dello Sport con la esse maiuscola, il clima dello spogliatoio, il piacere di misurarsi con se stessi e con gli altri. Ci sono alcuni psichiatri che prescrivono ai propri pazienti di non seguire più le partite di calcio perché potrebbe far tornare la voglia di fare le scommesse. A me sembra tutto assurdo. Le società sportive, d’altronde, sono in prima linea nel chiedere di eliminare le limitazioni nelle scommesse. Non capiscono che hanno tra le mani un ambito educativo di straordinario divertimento e di socializzazione, ma si prestano a questi meccanismi che abbrutiscono e creano solitudine e soprattutto impoverimento nelle persone.

La Consulta nazionale antiusura è stata tenuta in considerazione, prima di varare il testo del decreto legislativo in questione?

Siamo stati convocati da alcuni parlamentari per un’audizione che è durata meno di una decina di minuti, in mezzo a tantissime altre, comprese quelle dei portatori di interessi, come le imprese di settore e le associazioni di categoria. La maggioranza poi ha fatto le sue scelte, ignorando quasi completamente le nostre osservazioni e proposte. D’altronde, non siamo noi il legislatore. Chi ha certe responsabilità, se le prenda tutte.

Credits: foto d’apertura di Erik McLean su Unsplash

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.