Nel cosiddetto decreto Alitalia (n.134 del 28 agosto 2008), che confeziona su misura il “vestito” giuridico per chi rileverà la compagnia – chiunque sarà a farlo – è contenuta una norma (comma 10 dell’art.1 ), che disegna il prossimo futuro della concorrenza fra la stessa Alitalia e altre compagnie aeree. Una norma che investe anche gli interessi dei consumatori, cioè degli utenti dei voli, soprattutto per quanto riguarda il futuro regime dei prezzi dei biglietti: il fattore che, subito dopo la sicurezza, più conta per il “benessere dei consumatori” del trasporto aereo.
Dunque, e anzitutto, il decreto esenta preventivamente dall’autorizzazione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato le operazioni di concentrazione che porteranno alla nuova compagnia. Ora, vi è qui una prima lesione dei poteri spettanti per legge all’Autorità garante. Nella nostra legge antitrust, infatti, all’art. 25 si prevede che il governo detti «in linea generale e preventiva» criteri di esenzione, che sarà comunque l’Autorità ad applicare caso per caso, in via eccezionale. Ora invece, semplicemente, l’Autorità… si fa da parte. Vi è poi un’altra “novità”: sono gli stessi attori della concentrazione a proporre preventivamente all’Autorità garante della concorrenza e del mercato le «misure comportamentali idonee a prevenire il rischio di imposizioni di prezzi o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose» per i consumatori. Misure che la stessa Autorità, poi, «prescrive» – sia pure (e meno male!) «con le integrazioni e modificazioni ritenute necessarie»: il tutto entro trenta giorni dalla comunicazione dell’operazione di concentrazione.
Ora, questa è un’aperta inversione di procedura – che non suona puramente formale – rispetto al normale regime di legge in cui è l’Autorità a prescrivere le misure correttive alle parti, prima di autorizzare la concentrazione. Una inversione non puramente formale. Vi si può leggere un tentativo di legare le mani all’Autorità: che difficilmente potrebbe, stando alla nuova norma, adottare una impostazione correttiva radicalmente diversa, dovendosi limitare ad apportare modificazioni e integrazioni a un “codice” impostato e scritto dalle parti private.
Ma ammettiamo che il sospetto di… dettatura all’Autorità sia eccessivo, e che quella formulazione/inversione rifletta solo la obiettiva esigenza di “fare in fretta”; che l’Autorità sia liberissima di respingere in toto (dico in latino) le proposte dei privati, e di capovolgerne radicalmente l’impostazione. Resterebbe comunque la sorpresa maggiore: il dovere dell’Autorità di definire «il termine, comunque non inferiore a tre anni, entro il quale le posizioni di monopolio eventualmente determinatesi devono cessare». Dunque, in ultima analisi, l’Autorità a tutela della concorrenza verrebbe a “ratificare” una pluriennale situazione di monopolio. Surreale! Né la nostra legge né le norme comunitarie né la giurisprudenza comunitaria prevedono una simile – del resto paradossale – ipotesi. Anzi, la escludono: l’art. 25 autorizza ad esentare certe concentrazioni «sempreché esse non comportino l’eliminazione della concorrenza dal mercato», consentendo solo restrizioni – ma non appunto l’eliminazione – della concorrenza stessa. L’accettazione di una situazione monopolistica in senso proprio è aggravata, poi, dal fatto appena ricordato, e cioè che, stando alla lettera della norma, le misure correttive dei comportamenti del monopolista possono essere prescritte dall’Autorità nei trenta giorni dalla comunicazione della concentrazione. Poi, stop: stop per almeno tre anni di “monopolio autorizzato”. Così ben può leggersi il testo del decreto.
Ora, pur ammirando tanta creatività giuridica, esprimo una preoccupazione, credo non marginale, per gli interessi degli utenti. Che per alcuni anni, con l’imprimatur coatto dell’Autorità, essi non possano sperare né di fruire di altre compagnie su rotte nazionali – specie su quelle più frequentate – né di vedere esercitata alcuna azione di vigilanza sui prezzi dei biglietti, come la normativa comunitaria e quella italiana prescrivono di fare alle Autorità di tutela nel caso che si creino posizioni dominanti. Attenzione, qui: non si tratta di un “controllo dei prezzi” di stampo dirigistico, da vecchio Cip (Comitato interministeriale prezzi), per intenderci, bensì di una regolazione di un mercato aperto, ispirato a logiche competitive. Una regolazione che consente e anzi impone (art. 3, a) della legge antitrust), di verificare ed eventualmente bloccare l’imposizione di prezzi abnormemente superiori a quelli che, per voli della stessa durata, altre compagnie, in altri Paesi europei, pratichino normalmente, in regime – non eliminato! – di libera concorrenza.
Mi pare dunque urgente ripensare a fondo questa disciplina, e riformularla in una chiave compatibile con i principi del Trattato CE e della stessa nostra legge antitrust : principi, ricordo “en passant”, di rango sostanzialmente costituzionale.
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