Il ruolo del Terzo settore

La comunità? Si fa in minoranza

Occorre che le realtà del Terzo settore smettano i panni delle appartenenze istituzionali agendo come attivisti – progettisti in grado di orchestrare apporti che segnino una discontinuità. Spunti e sfide emerse in occasione del seminario finale di Fqts, la Formazione Quadri del Terzo Settore meridionale

di Flaviano Zandonai

La comunità? Si fa in minoranza. E’ questo il principale insegnamento che emerge dalla sessione di apprendimento collettivo tra associazioni, organizzazioni di volontariato, imprese sociali e altri soggetti di Terzo settore che si è tenuta nell’ambito dell’incontro organizzato a Salerno da Fqts, la Formazione Quadri per il Terzo Settore meridionale promossa dal Forum nazionale Csv-net e Fondazione con il Sud. In realtà gli stessi soggetti presenti rappresentavano il primo nucleo di comunità che però, per diventare davvero agenti di infrastrutturazione sociale dei territori orientati a generare impatti positivi, sono stati praticamente obbligati ad allargare la loro compagine sociale e, assieme a questa, la loro capacità di intrapresa rispetto a bisogni e soprattutto aspirazioni di cittadini singoli, gruppi informali, imprese.

Tutto ciò richiede, come evidenziato da più parti, di “fare un passo indietro” per abilitare il protagonismo di questi altri attori. Una scelta che non implica abdicare rispetto alle proprie capacità e responsabilità di soggetti che perseguono obiettivi di interesse generale, anzi. Dal confronto sono emersi interessanti insegnamenti per esercitare questa postura rispetto al fare comunità che non sono solo di natura strategica e di orientamento valoriale ma anche di tipo tattico.

Eccone alcuni.
In primo luogo prestare attenzione al fatto che gli strumenti e i dispositivi che si utilizzano per facilitare la partecipazione e il coinvolgimento siano davvero inclusivi perché a volte anche solo scrivere un post it può essere complicato per qualcuno.

In secondo luogo ricordarsi che la “parte alta” dei bisogni – quella legata alla realizzazione di sé assieme agli altri – deve fare spesso i conti con il ripristino di condizioni di protezione e di sicurezza di base. Il Terzo settore fa quindi comunità agendo anche come protezione civile sempre in servizio all’interno di un quadro dove il cambiamento climatico presenta il conto ad ogni temporale allagando quartieri, isolando paesi, ecc.

In terzo luogo si è evidenziato l’utilizzo tattico di micro eventi e attività – feste, incontri, iniziative, ecc. – al fine di moltiplicare i punti di contatto con i diversi attori e stabilire, o ripristinare, quella convivialità da cui scaturiscono “idee di sviluppo” che alimentano percorsi e ingaggi di medio e lungo periodo. Una modalità di azione piuttosto impegnativa non solo in termini organizzativi – alcuni dei partecipanti si sono dichiarati come Forrest Gump “un po’ stanchini” dopo un’estate di montaggio e smontaggio di eventi – ma anche nel saper aggregare in chiave sistemica questa eventologia puntiforme, restituendo così identità territoriali a volte inedite, anche nella loro geografia.


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Per questo, come si diceva, occorre svestire i panni delle appartenenze istituzionali agendo come attivisti – progettisti in grado di orchestrare apporti diversi. Operare attraverso le modalità classiche e i linguaggi specialistici che connotano il confronto tra “corpi intermedi” non pare sempre consigliabile se si vogliono costruire nuovi assetti. Troppo elevato il rischio di dipendenza dal percorso rispetto a ritualità ormai auto referenziali – qualcuno dei partecipanti ha annoverato tra i principali elementi ostacolanti addirittura alcuni “tavoli” di coprogrammazione e coprogettazione – e di doversi compromettere con le dinamiche di una politica locale ormai appare completamente assorbita da esigenze di consenso immediato e superficiale.

Quale può essere l’esito di questa che, a tutti gli effetti, appare come nuova fase istituente in grado di alimentare una nuova generazione di politiche di missione dal basso a fronte del fallimento di quelle top down incarnate da dispositivi come il Pnrr? Probabilmente nuove soggettività come contratti di rete, imprese di comunità, startup, incubatori territoriali, associazioni a scopo generico, ecc. Poco che possa essere intercettato dalla riforma del Terzo settore. Ma a questo punto una posizione di minoranza (attiva) in questi nuovi assetti di governance rappresenta forse la miglior discomfort zone per agire il cambiamento.

Foto: Fqts

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