Cultura
La comunità esplode
Film. Violento e spiazzante il nuovo, ottimo Cronenberg
Se vi capita spesso di pensare alla comunità come a un angoletto caldo e accogliente nel quale accucciarsi impunemente, dovete vedere l?ultimo lavoro dell?ottimo David Cronenberg.
Ne uscirete forse perplessi. Magari turbati, ma certamente arricchiti. E più consapevoli di un nesso che sfugge per lo più alla vista e tuttavia lavora nei sotterranei della mente. E cioè il rapporto che esiste fra un forsennato e sempre più forte desiderio di comunità (sì, proprio nel senso di Bauman: di circolo chiuso e un po? pericoloso) e la violenza sempre più pervasiva e ottundente che circonda la nostra fragilità. E questo al di là delle apparenze. Delle volontà e delle convenzioni.
Da qui la scelta di confondere le acque, rappresentando come normali lavoratori che patiscono il caldo i killer raminghi che assaltano il bar del tranquillo Tom. E come agenti della Cia (macchinone nero, abiti impeccabili) i ben più pericolosi emissari che ritrovano Tom, subito in tv come ?eroe locale?, proprio grazie alla notorietà derivatagli dall?efficace reazione al tentativo di rapina.
Perché il pacifico Tom (Viggo Mortensen) in realtà si chiama Joey ed è un criminale pentito, che vive da anni una seconda vita accanto all?ignara moglie (l?egualmente brava Maria Bello) e ai due figli, in una piccola cittadina nella quale tutti si conoscono e si offrono reciproca solidarietà. Un paradiso solo apparente, in cui si annidano molti segnali di prepotenza e di aggressività (partendo dai ragazzi, a scuola, per arrivare alla polizia).
Il film se volete è tutto qui: nel confronto fra due universi in teoria alternativi, tra i loro diversi modi di esprimere la violenza, componente profondissima e ineliminabile a giudizio di Cronenberg. Quello esplicito del mondo malavitoso e quello delle persone cosiddette per bene. La differenza non è nell?intensità, ma nei canali attraverso i quali la prevaricazione trova uno sfogo.
Costruito con notevole abilità, A history of violence è davvero un grande film. Per tenuta e forza narrativa, per complessità, capacità interpretativa ed efficacia registica. Cronenberg lavora le immagini e la loro messa in serie insistendo sugli stereotipi, svelandone il senso (e la comodità), spiazzando qualsiasi ottimismo. Il quadro che ne esce è desolante, durissimo ma, come rivela la splendida scena finale, non privo di prospettive. Fatta piazza pulita dei pregiudizi e dei luoghi comuni, fatti i conti con il passato e accettato il male che è in noi, è possibile ricominciare. Con più autenticità.
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