Sostenibilità
La coda senza testa
Ma a sua maestà lautomobile, croce e (scarsa) delizia degli italiani, esistono alternative? Il ministro dei Trasporti pensa di sì. Puntando sulle ferrovie minori, per esempio...
Intrappolati nell?ingorgo, ma sempre innamorati di sua maestà l?automobile. Tanto è vero che anche la Fiat, data per spacciata più volte, ha ripreso a macinare utili. E il parco macchine continua a crescere: con il 2005 abbiamo raggiunto i 35 milioni e 200mila vetture. In media un?auto ogni 1,7 abitanti, la più alta in Europa. E 130 incidenti ogni 100 chilometri di strada. Il neo ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi, ha ben presente il problema. E in mente qualche soluzione. Per uscire dall?ingorgo.
Vita: Ministro, dobbiamo gioire per la Fiat in ripresa o preoccuparci per l?ambiente e la sicurezza?
Bianchi: Se la Fiat esce da una crisi paurosa e si rilancia in modo credibile, dobbiamo gioire: un?impresa si rimette a camminare con risvolti positivi sull?occupazione, sull?indotto, dimostrando che siamo capaci di produzione su grandi livelli. La ricollocazione della Fiat è essenzialmente sul mercato internazionale, nei paesi emergenti. E fa bene l?azienda a qualificare i modelli per far sì che la gente torni a comperare i suoi prodotti. Detto ciò, dobbiamo porci il problema di un parco veicoli esorbitante, chiederci se vogliamo praticare effettivamente la linea di sottrarre traffico, merci, persone dalla strada per spostare la mobilità sulla ferrovia e sul mare. D?altra parte penso possibile concordare con questa grande azienda la sua produzione futura. La Fiat non è condannata a fare solo auto per il trasporto privato. Potrebbe produrre cose diverse, già lo fa. Non produce treni e a noi i treni servono. Insomma, si potrebbe discutere sulla programmazione aziendale collegandola alle idee del governo su come organizzare la mobilità. Non siamo più negli anni 50 con un?azienda che produceva auto e lo Stato che forniva autostrade…
Vita: Il programma dell?Unione annunciava interventi prioritari in coerenza con il Piano generale dei trasporti. A che punto siamo?
Bianchi: Il Piano è uno dei compiti principali di questo ministero. Occorre tornare alla programmazione in prospettiva lunga e con una visione alta. Rimettere mano al Piano generale della mobilità, come preferisco chiamarlo, significa chiedersi come il paese vuole organizzarsi per muovere persone e cose da una parte all?altra. Qui si inserisce il tema delle tre integrazioni.
Vita: Ce le può illustrare?
Bianchi: Occorre integrare la rete nazionale con le direttrici transnazionali, in particolare con i corridoi 1, 5 e 8. Poi aggiungerei l?integrazione con le linee di mare, specie verso i paesi non europei affacciati sul Mediterraneo. Possiamo essere protagonisti di una rete di relazioni via mare con i paesi della riva Sud e della riva Est, dal Marocco al Libano. Poi c?è un problema di integrazione modale fra i tipi di trasporto ora profondamente scollegati. Il solo realizzare cerniere di scambio fra terra, aria e mare comporterebbe un enorme salto di qualità. Anche se non dovessimo fare interventi sulle singole reti, già solo metterle in collegamento sarebbe una piccola rivoluzione.
Vita: E la terza integrazione?
Bianchi: È quella fra le arterie di scorrimento e le reti locali. Dobbiamo superare la contraddizione per cui si persegue la massima efficienza nell?alta velocità e si trascurano le reti locali. Ogni mattina 17 milioni di pendolari vanno a lavorare da 30 a 100 chilometri di distanza. Trovano un servizio di bassa qualità che magari li risospinge in auto. Viceversa occuparsi delle reti locali non è cosa diversa dall?occuparsi delle grandi reti, non è meno nobile. È il motivo per cui all?interno del Piano, ma anticipandolo, stiamo sviluppando un progetto pendolari.
Vita: Cioè?
Bianchi: A infrastrutture date, si possono fare miglioramenti. Spiegando per esempio a Trenitalia che le reti locali non sono ?figlie di un dio minore?. È un falso dire che alcune linee sono dismesse o diminuisce la frequenza dei treni perché non c?è domanda. Al contrario: la domanda scappa perché non c?è un?offerta di qualità. E poi la rete va guardata come un sistema. È il sistema che nel complesso deve funzionare, se possibile in maniera redditizia. Infine è sempre un servizio pubblico, che può scontare inconvenienti sulla redditività dell?intrapresa.
Vogliamo convincere Trenitalia a riprendere la partita reti locali finora giocata in termini di dismissione o progressivo abbassamento dei livelli del servizio.
Vita: Che tempi prevede?
Bianchi: Non lunghissimi. Occorre confrontarsi con la disponibilità dei treni (le Ferrovie ne hanno tutto sommato pochi e occorrono 2 – 3 anni per averne di nuovi). Facendo la tara anche a questo, cioè a infrastrutture e treni esistenti, c?è comunque spazio di miglioramento, lavorando sulla frequenza delle corse, sulle tratte, revisionando i treni disponibili, riarredandoli, pulendoli, magari mettendo l?aria condizionata. Anche se le cose sono lunghe, il problema è cominciare a farle.
Vita: In politica estera si sottolinea la discontinuità rispetto al precedente governo. E per i trasporti?
Bianchi: La discontinuità maggiore che stiamo già marcando, anche se impiegheremo un po? per renderla evidente, è aver abbandonato la logica del costruire opere per assumere quella dei programmi. Impostando un ragionamento, dicendo come vogliamo assicurare la mobilità e per indicare poi quali lavori fare. Già nel Dpef si chiarisce che non si faranno opere se non coerenti con il programma. L?allegato Infrastrutture fa una ricognizione dello stato dell?arte, dice quali già cantierate bisogna portare avanti e fa una scelta fra le opere non avviate. Stiamo predisponendo le Linee guida per il Piano generale. Conto di portarle in ottobre alla discussione del governo, del Parlamento, delle Regioni e di tutti gli interlocutori. Per il Piano occorrerà un anno e mezzo.
Vita: La concertazione sarà fatta solo con gli enti locali, o anche con le imprese, il non profit, le associazioni?
Bianchi: Abbiamo riavviato la concertazione su tre fronti. Quello istituzionale, quello degli operatori del settore e quello sindacale, per il quale la presidenza del Consiglio ha attivato una cabina di regia coordinata da Enrico Letta. Resta scoperta questa parte di mondo cui lei allude, che poi sono gli utenti.
Vita: Saranno coinvolti?
Bianchi: È meno facile strutturare un ascolto con gli utenti. Ma è fondamentale: dalla Tav abbiamo imparato che se non ascolti poi finisci per trovare gente che è sorda anche alle tue cose… Nel momento in cui le Linee guida saranno mature e probabilmente prima che siano formalizzate, si potrebbe organizzare una Conferenza nazionale sui trasporti, in esito a una serie di conferenze locali, in cui accentuare questo taglio, cioè il rapporto con l?utenza. Abbiamo avviato un?indagine sul mondo dei pendolari. Fra qualche mese i risultati.
Vita: A proposito della voce degli utenti, la Tav in Val di Susa si farà?
Bianchi: Su iniziativa della presidenza del Consiglio si è deciso di azzerare la situazione. Mi sono molto battuto in tal senso: ormai la contrapposizione fra fautori e contrari era cristallizzata. C?è stato un incontro con gli interessati e si è dato mandato all?Osservatorio sulla Tav di dirimere alcune questioni di fondo. È vero o no che c?è un aumento di domanda di trasporto merci? Se è vero, la nuova galleria va fatta. Poi si è deciso di eliminare la procedura d?urgenza, che può essere troppo sbrigativa su temi come la valutazione di impatto ambientale e ci si è posti il problema se fare la valutazione ambientale strategica. Occorre ridiscutere il progetto in sé. So che qualunque progetto è adattabile, in qualche misura. Si può arrivare a una soluzione se c?è chiarezza su un punto fondamentale: riteniamo indispensabile che la Kiev-Lisbona passi al di sotto delle Alpi? Io penso che sarebbe un grave danno se il corridoio passasse sopra le Alpi.
Vita: Il ponte di Messina non si farà. Ma gli appalti decisi dal precedente governo vanno pagati?
Bianchi: La decisione politica si deve tradurre in atti amministrativi. Dobbiamo prendere la concessione fatta alla società Ponte sullo Stretto e azzerarla. Se fossi così dissennato da far iniziare i lavori, avrei penali mostruose. Se mi fermo adesso, posso azzerare la situazione. C?è poi un problema: il capitale umano e il know-how dell?azienda non possono essere buttati alle ortiche. Va fatta una riconversione della società incaricandola di progettare e realizzare le infrastrutture che servono nell?area dello Stretto, in Sicilia e in Calabria. I soldi ci sono già.
Vita: Secondo Bombassei la carenza infrastrutturale nelle aree produttive evolve rapidamente in handicap di competitività. Stessa cosa dice il rapporto Svimez sull?economia del Mezzogiorno…
Bianchi: La carenza di infrastrutture o il basso livello di servizi sono causa di perdita di competitività. Si deve far sì che il Nord non perda il contatto col mondo globalizzato. Pure vanno create condizioni adeguate al Sud. Intervenendo in modo mirato. Prenda l?alta velocità: fino a Reggio Calabria non si farà mai, costerebbe 25 miliardi che non sapremmo dove prendere. Ci sono problemi di conformazione fisica e di tracciato. Bisogna allora fare una cosa diversa, le Ferrovie sono d?accordo, e cioè un adeguamento della prestazione attuale fino alla media velocità: 180 km orari. Si ridurrebbe a 4 ore e mezza un tragitto che ora ne richiede più di sei.
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