Sostenibilità

La Cina va al vertice ma non firma cambiali

L'incognita del Dragone

di Redazione

«La Cina è desiderosa di impegnarsi insieme con tutte le parti perché a Copenhagen si raggiunga un risultato positivo. Ma i Paesi sviluppati hanno occupato uno spazio irragionevolmente immenso di emissioni durante il loro processo di industrializzazione, durato oltre un secolo. Oggi devono restituire agli altri Paesi lo spazio di emissioni necessarie». La Cina, uno dei giocatori decisivi della grande partita sul clima, non è disponibile a pagare il prezzo delle emissioni altrui. Lo ribadisce attraverso la voce dell’ambasciatore in Italia, Sun Yuxi, intervistato da Vita. «Il governo cinese ha stabilito gli obiettivi nazionali per il controllo delle emissioni di gas serra entro il 2020: una diminuzione del 40-45% per unità di Pil rispetto al 2005; l’uso del 15% di fonti non fossili per la produzione di energia; l’ampliamento di 40 milioni di ettari della superficie forestale e l’aumento di 1,3 miliardi di metri cubi delle riserve naturali». Ma, ricorda l’ambasciatore, «lo sviluppo della Cina, nell’insieme, è ancora a una fase iniziale, il volume di emissioni pro capite in Cina è molto inferiore al livello dei Paesi sviluppati. Per mantenere lo sviluppo economico, è prevedibile un aumento ragionevole delle emissioni, che costituisce un fattore essenziale di crescita. I Paesi sviluppati devono assumersi la responsabilità storica dei cambiamenti climatici. Devono diminuire per primi e in modo più consistente le emissioni, dare appoggio finanziario, tecnologico e di governance ai Paesi in via di sviluppo».

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