Mondo

La Cina e il figlio unico: obbligo o divieto?

La Cina ripensa la politica delle nascite. La crescita allo 0,7% ha creato un'emergenza economica e previdenziale

di Sara De Carli

Mao Hengfeng, una donna di Shanghai, e’ stata messa in prigione e torturata per non aver rispettato la regola, vigente in Cina da 25 anni, del figlio unico. Lo ha denunciato il gruppo dissidente Human Rights in China (Hric). La donna, operaia in una fabbrica di saponette di Shanghai, si era rifiutata di abortire nel 1988 e aveva cosi’ avuto la sua seconda figlia. In seguito, incinta per la terza volta, Mao aveva accettato di abortire dopo che le era stato promesso che non sarebbe stata licenziata.

L’intervento fu eseguito, ma promessa non e’ stata mantenuta e Mao e’ stata licenziata. Mao allora ha contestato il diritto della dirigenza della fabbrica a licenziarla, aprendo un processo pensale durato 15 anni. In aprile Mao Hengfeng e’ stata condannata a 18 mesi di ”rieducazione attraverso il lavoro”. La sentenza ha confermato il licenziamento.

L’agenzia Ansa arriva nello stesso giorno in cui Repubblica dedica un ampio reportage al crollo delle nascite in Cina, che oggi ha un tasso di crescita dello 0,7% annuo. Nel 2025 gli ultrasessantenni in Cina saranno 300 milioni, un esercito di fronte a cui le generazioni più giovani impallidiscono. Poichè la Cina non ha un sistema previdenziale moderno, è chiaro che questa proiezione significa una cosa sola: emergenza culle.

Il sistema del welfare famigliare può reggere solo dentro una famiglia con uno stuolo di figli e nuore, non certo in un paese che conta 100 milioni di figli unici viziati e idolatrati come “piccoli imperatori”.
Il presidente Hu Jintao ha deciso di correre ai ripari. Per prima cosa ha nominato una task force di 250 esperti di demografia e economia, incaricati di ripensare la politica delle nascite. E per preparare il terreno a un eventuale appello nazionale a mettere in cantiere il secondo figlio, ha ideato il primo festival dei gemelli: 500 coppie di gemelli animano da sabato il parco vicono alla Città proibita, coccolati dalla stampa e dalla televisione. Le politiche famigliari si fanno anche così.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.