Politica

La casta? C’è anche a Washington

Il New York Times apre il dibattito sulle ricchezze accumulate dai parlamentari durante il loro mandato.

di Gabriella Meroni

«La crisi risparmia il Campidoglio»: con questo titolo il New York Times apre anche negli Usa il dibattito sulla “casta” dei politici, e lo fa elencando casi di arricchimento fulmineo tra deputati e senatori e lanciando un sondaggio tra gli eletti per scoprire quanti di loro sono effettivamente in contatto con la realtà della crisi economica che colpisce anche gli Usa.

L’interessante servizio, firmato da Eric Lichtblau, prende spunto dal caso di Ed Pastor, un deputato democratico dell’Arizona, figlio di un minatore, che quando venne eletto vent’anni fa faceva parte della middle class – circa 100 mila euro da parte, ma altrettanti di esposizione debitoria con le banche –  e oggi è entrato nel Club dei milionari del Congresso. Un circolo non troppo esclusivo, visto che conta 250 parlamentari, ovvero quasi la metà di tutti gli eletti.  Una situazione, nota il NYT, che rischia di scavare un enorme fossato tra parlamentari ed elettori, anche se il Congresso, sulla spinta del malumore popolare, si appresta a discutere provvedimenti anti-casta e una patrimoniale sui milionari.

La realtà e i numeri però parlano chiaro: essere eletti a Washington significa arricchirsi, ed entrare presto a far parte di quell’Uno per cento che i contestatori di Occupy Wall Street denunciano da mesi. Il NYT ha fatto i conti, basandosi sui dati dell’istituto di ricerca Center for Responsive Politics.

Un dato è certo: se si è poveri e sconosciuti, è praticamente impossibile candidarsi, visto che una campagna elettorale ha costi altissimi. Questo tuttavia non basta a spiegare l’accumularsi di vere e proprie fortune, e soprattutto la velocità di arricchimento dei deputati e senatori, una velocità che non ha paragoni in nessun ceto sociale americano. Un esempio? Mentre il reddito netto degli americani più ricchi è rimasto sostanzialmente stabile dal 2004 a oggi, quello dei parlamentari ha fatto un balzo del 15% (per i cittadini  americani in generale il reddito è invece calato in media dell’8%). Non basta. Il patrimonio personale dei membri del Congresso è cresciuto di due volte e mezzo dal 1984 al 2009, mentre quello della famiglia media americana è diminuito, anche se di poco, nello stesso periodo.

E al Congresso l’asticella da superare è oggi di 100 milioni di dollari di patrimonio, un livello raggiunto da 10 deputati, tra cui spicca Darrell Issa, l’ex magnate degli allarmi per auto, il cui patrimonio è stimato come minimo 195 milioni (ma c’è chi dice sia addirittura di 700 milioni). Un altro paperone è il senatore John Kerry, ex candidato alla presidenza per il democratici e marito della regina del ketchup Teresa Heinz, detentore di un patrimonio di almeno 181 milioni, superato però dalla leader democratica al Congresso Nancy Pelosi, che totalizza 196 milioni di ricchezza personale.

Ma quanto guadagna un deputato a stelle e strisce? La paga base al Congresso è 174mila dollari l’anno (aumentato tra l’altro del 10% l’anno dal 2004), benefit esclusi.  E che benefit: scatti di anzianità, copertura totale delle spese mediche, un eccellente trattamento pensionistico. Negli ultimi anni, inoltre, il parlamento ha spalancato le porte solo ai ricchi. I nuovi membri del Congresso sono molto più abbienti dei loro colleghi del passato già in partenza: i 106 nuovi eletti del 2010, per esempio, avevano redditi il 25% più elevati dei nuovi entrati del 2004.

Un sospetto piuttosto grave tuttavia aleggia sull’accumularsi di improvvise fortune da parte dei deputati: quello di sfruttare le informazioni riservate di cui sono in possesso grazie alla loro posizione per investire in Borsa in titoli sicuri, o che presto vedranno notevoli rialzi. Uno studio condotto in Georgia ha confermato: in media le performance degli investimenti dei deputati hanno superato del 6% il rendimento medio, quelle dei senatori del 12%. Per inciso, in base alla legge americana i parlamentari non possono essere incriminati per insider trading.
Insomma, una situazione da vera e propria “casta”, che potrebbe far dubitare del reale contatto con la realtà della crisi da parte degli eletti americani.

Per togliersi il dubbio, il New York Times ha condotto un sondaggio informale tra i 534 membri del Congresso in carica, chiedendo se qualcuno della loro famiglia o degli amici più intimi avesse perso il lavoro dal 2008 a oggi. Hanno risposto solo 18 deputati, la metà dei quali non conosceva nessuno in quelle condizioni.


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