Famiglia

La Cassazione è contraria a quelle “facili”

Emessa una sentenza che farà discutere

di Gabriella Meroni

No alle adozioni “facili”, alla madre va data una seconda possibilità. Lo rileva la Cassazione nel bocciare il ricorso del Procuratore generale presso la Corte d’appello di Roma che chiedeva il ripristino dello stato di adottabilità nei confronti di un bambino figli di una madre straniera, nato a Roma nel febbraio 2006, sulla base delle “intemperanze comportamentali” della madre H. A. che negli anni aveva mantenuto una “condotta altalenante tra eccessiva dedizione al figlioletto e arbitraria delega della funzione genitoriale” data anche la giovane età e la “necessità di crescere e maturare”.

Per la Suprema Corte, una madre che si affranca dal passato attraverso un percorso di “maturazione” seguito dai servizi sociali, ha diritto di occuparsi del figlio. A dichiarare lo stato di adottabilita’ del bambino, riconosciuto dalla sola madre, era stato il Tribunale per i minorenni di Roma nel gennaio 2009. Il giudizio era stato ribaltato dalla Corte d’appello della capitale un anno dopo. Contro il verdetto si è opposta senza successo in Cassazione la Procura.

La Sesta sezione civile – sentenza 330 – ha bocciato il ricorso del pm e ha preso atto del giudizio della Corte di merito che ha avuto modo di riscontrare come “il processo di autonomia e di maturazione della donna stia procedendo con esiti positivi, grazie non soltanto all’impegno suo e del compagno, ma anche al lungo e faticoso lavoro di assistenti sociali, educatori e responsabili della comunita’ di accoglienza, i quali hanno dato un fondamentale sostegno alla diade madre-figlio, consentendo al minore di assorbire senza eccessivo disagio le intemperanze comportamentali della madre, certamente turbolenta anche per il suo difficilissimo passato e a volte delegante, ma mai abbandonica verso il figlio che, come osservato dali operatori, e’ un bambino sereno, sorridente, senza alcun problema psico-fisico ed evolutivo”.

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