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La Carta di Fontecchio: salvate le aree protette naturali

Ad un anno dal venticinquesimo anniversario della Legge quadro sulle aree protette le associazioni ambientaliste - CTS, Fondo Ambiente Italiano – FAI, Federazione ProNatura, Italia Nostra, LIPU, Mountain Wilderness, TCI e WWF - hanno presentato a Roma il documento che affronta alcuni dei principali temi in gioco: dalle nuove sfide della biodiversità al tema del paesaggio e delle emergenze storiche, dalla partecipazione delle popolazioni locali alla necessità di fare rete tra le aree protette, dalla difesa dei beni comuni fino al ruolo di “modello” esemplare dei Parchi Nazionali

di Monica Straniero

Ad un anno dal venticinquesimo anniversario della Legge quadro sulle aree protette, L. 6 dicembre 1991, n. 394, le associazioni ambientaliste – CTS, Fondo Ambiente Italiano – FAI, Federazione ProNatura, Italia Nostra, LIPU, Mountain Wilderness, TCI e WWF – hanno presentato a Roma, all’Enciclopedia Italiana Treccani, la Carta di Fontecchio. Dalle nuove sfide della biodiversità al tema del paesaggio e delle emergenze storiche, architettoniche e archeologiche, dalla partecipazione delle popolazioni locali alla necessità di fare rete tra le aree protette, dalla difesa dei beni comuni al ruolo di “modello” esemplare dei Parchi Nazionali, la Carta affronta alcuni dei principali temi in gioco.

Il documento, ha precisato il Presidente di Italia Nostra, Marco Parini, vuole essere una sfida alla legislazione italiana. “La legge quadro ha infatti resistito allo scorrere degli anni malgrado l’ostilità dei suoi interessati detrattori, la sostanziale latitanza della politica nazionale e locale ma si è dimostrata incapace di comprendere appieno il valore innovativo e le potenzialità delle aree protette”, si legge nella Carta.

Attualmente in Italia esistono 871 aree sottoposte a particolari vincoli di tutela protette, per un totale di oltre 3 milioni 163mila ettari di superficie protetta a terra e 2.853 ettari a mare. Eppure le profonde trasformazioni politiche, sociali, culturali verificatesi in questi anni a livello sia italiano che internazionale hanno inciso profondamente anche sulle aree protette che rischiano di tradire la propria missione e di restare al margine se non sono in grado di guardare al futuro. “Ora più che mai vanno vissute come un’opportunità, e non come limiti”, ha aggiunto Parini.

Ne è convinto anche Gaetano Benedetto, direttore generale WWF. “Oggi in Italia non esiste più la spinta culturale e politica che ha portato alla formulazione della legge quadro n. 394. Recuperare quella forza è il punto dal quale ripartire per dare un futuro ai parchi italiani. E non bisogna dimenticare che le realtà locali sono determinanti nelle decisioni che coinvolgono le aree protette”.

Proprio in questi giorni sono in votazione presso la Commissione Ambiente del Senato modifiche alla stessa legge. Tuttavia, secondo gli autori della Carta, molte delle proposte messe al voto rischiano di ridurre le funzioni delle aree protette in chiave meramente turistica e gastronomica. “È tempo di superare la logica di sviluppo basato su un modello economico che guarda principalmente alla crescita del prodotto interno lordo sacrificando ad esso valori e risorse”, ha sottolineato Massimo Bray, direttore generale Istituto Enciclopedia Italiana Treccani.

Le aree protette naturali non rappresentano infatti solo grandi serbatori di biodiversità, ma contengono e proteggono anche le tracce preziose e decifrabili delle vicende (pastorali, agricole, artigianali, insediative) della cultura e della creatività umana, altrove quasi completamente scomparse o alterate.

Il giurista Stefano Rodotà ha ricordato, tra le altre cose, che le aree protette naturali sono beni comuni intergenerazionali in quanto non appartengono a singoli individui o a singole collettività. “Occorre quindi adottare strumenti e procedure in grado di permettere a tutti i cittadini che lo vogliano di essere coinvolti nella vita e nella gestione di queste aree, perché patrimonio di tutti”.

Serve, insomma, un cambiamento di rotta. Come? Far uscire dall’isolamento le aree naturali protette. Perché parte fondamentale della missione delle aree protette è anche connettere la conservazione della natura, i valori delle aree naturali protette e la vita delle persone. In Italia, precisano gli autori del documento, a differenza di ciò che avviene in altre realtà europee, questa funzione è spesso ostacolata dai contrasti che insorgono con le comunità locali e dai conflitti, troppo spesso strumentali, con determinati portatori di interesse.

“In sostanza, l’obiettivo fondamentale di questi nuovi approcci alle aree protette, è salvare, non aree limitate di terra, ma la terra nella sua totalità, ha detto Carlo Alberto Graziani di Mountain Wilderness. “Dalle aree protette proviene infatti un messaggio di speranza per l’umanità: spetta a ciascuno, dal mondo politico, agli amministratori, fino ai cittadini italiani, il compito di accoglierlo e renderlo vivo”.

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