Welfare

La carta di Bagnacavallo

di Flaviano Zandonai

Durante i lavori di ristrutturazione dell’ostello di Bagnacavallo, nell’area ora occupata dalla fitness room (lo so, non esistono più gli ostelli di una volta) è stato rinvenuto un documento in una bottiglia di Burson etichetta nera. Dopo attento restauro ne sono emersi i contenuti. Si tratta del verbale di un incontro tra cooperatori trentini e della zona che si sono confrontati sulle possibili collaborazioni tra le loro imprese. L’aspetto più rilevante, oltre alla distanza geografica – insolita soprattutto per i trentini – è che si trattava di soggetti operanti in settori diversi: servizi di welfare da una parte e produttori culturali dall’altra (teatro, editoria, musica, ecc.). Il documento, di impostazione generale, contiene nella prima parte un’analisi di scenario di cui riportiamo alcuni stralci.  [E’ evidente] Una maggiore consapevolezza da parte di molte organizzazioni di entrambe i settori rispetto alla necessità di definire (o ri-definire) un proprio approccio alla produzione culturale e sociale per rispondere non tanto alle esigenze di outsourcing della pubblica amministrazione in un’ottica meramente sostitutiva, ma ai bisogni di una comunità territoriale o di un particolare gruppo sociale. E ancora [E’ necessario] Il recupero di un’identità specifica che marchi le differenze rispetto ad altri attori pubblici e privati, ma soprattutto di una capacità di visione complessiva attraverso un radicamento non solo dichiarato nel territorio. Il legame con la comunità non è solo un tratto identitario, ma rappresenta un’importante opportunità di sviluppo perché permette di accumulare capitale fiduciario e reputazionale che, a sua volta, consente di attrarre importanti risorse di diversa natura e provenienza. Le contorsioni dell’analisi preliminare lasciano spazio a una specie di memorandum per azioni future (che non è dato sapere se siano state messe in atto o meno) articolato in cinque punti: 1) l’organizzazione di eventi che rinsaldino il legame col territorio; 2) la strutturazione di spazi fisici e virtuali per relazionalità consistenti; 3) la produzione di beni slegati dalle catene della subfornitura; 4) l’educazione e la formazione dei beneficiari e del capitale umano impiegato nella produzione; 5) il supporto all’imprenditorialità per svecchiare i modelli tradizionali dell’economia sociali rendendoli più vicini ai nuovi modi di fare impresa. Il documento verrà inviato per un’analisi completa al prof. Addarii di Londra, uno dei massimi esperti su come trarre valore dalla contaminazione.


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