Welfare
La carrozzina che rende le montagna senza barriere
Si chiama "joelette" ed è una carrozzella da fuori strada che permette di fare gite anche in montagna ad ogni persona con una disabilità. Questo è il nome e lo scopo dell’iniziativa sociale chiavennasca “Progetto Joelette” che con i volontari rende le cime lombarde accessibili a tutti
di Luca Cereda
Avere – e dare – la possibilità di essere dappertutto. Anche sulle cime delle alpi lombarde, palcoscenici unici sulla natura incontaminata. È questo lo spirito, ma anche la resa pratica, dell’iniziativa sociale chiavennasca “Progetto Joelette”. «La nostra società si sta abituando a fare a meno delle persone con fragilità o disabilità. La pandemia e soprattutto il lockdown hanno “tagliato fuori” dalla vita sociale – già ridotta all’osso dal virus – queste persone. Un rischio perché le persone fragili hanno un ruolo importante all’interno della società, quello di equilibratore valoriale che mette le comunità di fronte alle proprie fragilità. Per questo portiamo anche in montagna con le bici di tipo joelette le persone con disabilità, perché possano essere dappertutto», spiega Massimiliano Fomasi, educatore e membro di “Progetto Joelette”.
La joelette, un bici inclusiva
«Spiegare cos’è e come funziona una bici joelette è più facile a farsi che a dirsi», ammette sorridendo Fomasi, che prova comunque a spiegarsi: «È una bicicletta con un sedile comodo su cui imbragare la persona con disabilità che viene in gita con noi. Ho usato il plurale perché la joelette è un monoruota, e questo le consente di essere agile anche sui sentieri di montagna, ma oltre al “conducente”, come lo chiamiamo noi, ha bisogno di due persone, una davanti e una dietro che guidino il mezzo e lo frenino in discesa. È sempre un’esperienza di gruppo».
Lo testimonia anche Debora Petruzio che si è inerpicata insieme a Massimiliano ed Emanuele fino al paese di Savogno, vicino a Piuro, praticamente in Svizzera: «Ho potuto vedere il mondo da un’altra prospettiva ed è stato meraviglioso. Sono partita su una soffice seduta verso Savogno con Max ed Emanuele percorrendo un tratto di strada sterrata che ci ha permesso di inoltrarci sul vecchio sentiero per Savogno». L’ascesa al borgo in quota è stata possibile grazie alla bicicletta joelette e da due persone formate dal progetto al trasporto. È il gruppo di volontari che rendere possibile l’impensabile, come sottolinea Debora: «Nel bosco ho potuto godere dei suoni della natura e con il movimento ondulatorio della joelette mi sentivo cullare dalla montagna». Questo progetto permette a chi ha incontrato Massimiliano e Debora sul sentiero, di capire che tante cose che abbiamo e che diamo per scontate invece non lo sono, come l’impossibile per una persona con disabilità di arrivare alla fine di un sentiero di montagna, ma soprattutto, aiuta loro stessi a capire che «insieme possiamo fare qualcosa che neppure Debora e gli altri ragazzi che portiamo per le nostre cime ritenevano fattibile», chiosa Fomasi.
Imprese impensabili
Le persone con disabilità, grazie anche a “Profetto joelette”, possono raggiungere non solo vette impensabili, ma anche farlo in modo spettacolare, come nel caso di Stefano Bini: «Ho partecipato a una gara verticale in notturna chiamata “arz-up”, che si svolge da Morbegno ad Arzo. Tutti si chiedevano come avessi fatto a fare una gara cosi verticale e per di più in notturna con una carrozzina. E infatti niente carrozzina, ma con una joelette e con dei compagni di squadra veramente instancabili che tirano e spingono questa bici speciale. Con lei, e soprattutto con loro, si può andare davvero dappertutto». A Stefano resta ancora negli occhi l’adrenalina di quella gara affrontata da protagonista e ricorda, «Avevo caldo nonostante i 2 gradi di temperatura, avevo quel caldo che solo un’emozione così forte ti sa dare. Si trattava del calore di un’esperienza di solidarietà e altruismo grande. Magica».
La magia di vivere un’avventura che permette alla persona con disabilità di affrontare una competizione così impegnativa insieme a tutti i runner, l’ha vissuta e la racconta anche Viviana: «È stata una gara emozionante dove 9 cuori [il suo e gli otto accompagnatori che a coppie guidavano la joelette n.d.r.] battevano all’unisono, così tanto che alla fine anche io sulla joelette avevo il fiatone come se avessi compiuto lo stesso sforzo con il mio eccezionale team. Poter correre in montagna dopo 30 anni è stata un’emozione che mi ha fatto piangere di gioia. Sopratutto mi ha donato nuova forza e rinnovato coraggio per non smettere di lottare, perché niente è impossibile». È stata una vittoria per tutta la squadra di volontari che l’hanno portata in cima e per Viviana, per cui «Essere vincente significa creare nuove opportunità alla mia difficile esistenza e quando un sogno, come questo, diventa realtà la vita cambia ed è vero».
La joelette, una bici che trasporta un messaggio di inclusione
In Italia ci sono 5 milioni di persone con disabilità permanente e più 1 milione con disabilità temporanea quindi si tratta di circa il 10% della popolazione. I residenti della città di Sondrio sono un po’ meno di 200mila, «Questo vuol dire che si dovrebbero incontrare per strada circa 20mila persone con disabilità nella sola provincia di Sondrio. Ma è davvero così? Ci siamo chiesti, dove sono? Perché non le vediamo? – si interroga Massimiliano Fomasi, che aggiunge – È grazie alle joelette che infrangiamo la sensazione di isolamento che hanno le persone con disabilità facendo loro capire che hanno un ruolo sociale importante ed è possibile per loro sentirsi parte attiva di questa società e delle nostre montagne, cime che sono anche loro». Da qui sono partiti per lavorare anche sull’eliminazione delle barriere architettoniche nelle città e nei paesi e per rendere accessibili e accoglienti tutti i luoghi, in modo che sia possibile portare queste persone dappertutto, anche nell’ambiente montano.
«Il messaggio che stiamo cercando di diffondere è molto contagioso, vista la solidarietà con cui molti cittadini ci hanno permesso di acquistare sempre più joelette e di portare le persone per sentieri dati i tanti volontari. Ma puntiamo anche su altri aspetti: come sulla mappatura dei sentieri percorribili anche con la joelette o la carrozzina da montagna, e a realizzare azioni culturali per superare stigma e pregiudizi nei confronti dei limiti delle persone con disabilità. In Alta Valle abbiamo coinvolto i giovani facendogli fare delle gite in joelette e realizzando con loro un video». E molti di loro sono poi diventati volontari del progetto «La joelette non è solo un pezzo di ferro – conclude Massimiliano Fomasi – è un pezzo di ferro, attorno al quale si concretizzano tanti buoni propositi, aiuto reciproco per poter godere delle bellezze delle nostre montagne. Un pezzo di ferro che aggrega e sfonda tanti muri, che fa cultura e che vogliamo portare dappertutto».
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