Non profit

La carica delle paritarie Solo questione di soldi?

Cosa c'è dietro il boom di scuole private iscritte al nuovo registro

di Luca Zanfei

Sono quasi il 90% delle nuove forme previste dalla legge 155. Ex srl ed snc che così accedono a maggiori finanziamenti, come previsto dalla Finanziaria 2007. Loro assicurano che non è solo un cambio di facciata. Però…
A quanto pare il terzo settore dovrà prepararsi ad accogliere nuovi soggetti finora sconosciuti. Perché se la legge155 non è stata un completo flop, il merito va anche a quelle ex srl ed snc riunite sotto la categoria delle “scuole paritarie”. Secondo il Registro online di Infocamere, sono circa 230 gli istituti non statali che hanno cambiato statuto adeguandosi alle direttive della norma; quasi il 90% di tutte quelle imprese che realmente possono definirsi “sociali”.
Allo stato attuale, però, non si può parlare di un vero e proprio fenomeno, a oggi infatti le nuove imprese sociali rappresenterebbero solamente il 2% di tutte le 13.287 scuole paritarie censite dal ministero dell’Istruzione. Ma di certo la Finanziaria 2007 e il collegato decreto Fioroni hanno aperto nuove opportunità finanziarie a una categoria che ha sempre lamentato pochi finanziamenti. Prova ne sia il boom di nuove iscrizioni al Registro proprio nel 2007.
A fare gola è stata la possibilità di accedere all’80% del fondo specifico, motivazione che ha «spinto molte scuole in difficoltà economica a reiscriversi al registro secondo le direttive della legge sull’impresa sociale, che rispetto alle altre forme non profit era quella che più si avvicinava al nostro sistema organizzativo», spiega Luigi Sepiacci, presidente dell’Aninsei – Associazione nazionale istituti non statali di educazione e di istruzione. « C’è da dire, inoltre, che le scuole paritarie non sono mai state imprese a remunerazione del capitale, anzi i pochi utili vengono investiti nel lavoro».

Segnali a Mezzogiorno
Un dato, però, fa riflettere. La quasi totalità delle “scuole paritarie sociali” sarebbero dislocate nel Sud Italia e il 76% solo in Campania, dove peserebbero intorno al 10% del totale del settore. La Lombardia, che con 2.480 imprese ha in relazione il maggior numero di istituti non statali d’Italia, avrebbe invece solo 2 imprese sociali. Il fatto è che «la maggioranza delle scuole paritarie del Nord sono conformate come enti religiosi e in qualche caso già come onlus», precisa Sepiacci. «Nel Sud e soprattutto in Campania gli istituti non statali sono semplici imprese private che di fatto sostituiscono il sistema statale sempre più inefficiente. Questi enti hanno spesso problemi economici e questa direttiva ha aperto nuove prospettive».
Ma la nuova forma giuridica non porterà solo benefici e allora come si comporteranno le nuove imprese sociali di fronte ai vincoli del bilancio sociale e del coinvolgimento degli stakeholder? Semplice, «come è stato per le certificazione di qualità, questa nuova normativa ci imporrà di rivedere la nostra impostazione», spiega Sepiacci. «Ma non sarà un costo alto perché già le nostre attività vengono condivise dal corpo insegnante e sottoposte al vaglio delle famiglie. In più, spesso le nostre attività non si fermano alla sola educazione ma rientrano in ambiti e iniziative prettamente sociali. Si tratterà soltanto di formalizzare certi processi».
Le perplessità su quanto sta accadendo, però, rimangono, proprio perché «l’opportunità offerta dalla Finanziaria 2007 ha orientato molte srl ed snc all’assunzione della qualifica di impresa sociale senza un processo profondo di ridefinizione del modello di impresa adottato», afferma il presidente di Federsolidarietà, Vilma Mazzocco (vedi anche il suo commento qui sotto, ndr).
«Mi auguro comunque che questo nuovo inizio comporti un agire pieno della responsabilità di “rendere conto” alla comunità di riferimento e di “coinvolgimento attivo” dei portatori di interesse».


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