Welfare

La carica dei 620 baby migranti: «Noi indietro non torniamo»

minori

di Redazione

C’è chi, come l’egiziano Ahmed, 16 anni, Lampedusa l’ha raggiunta a nuoto buttandosi da un peschereccio ad almeno una decina di miglia dall’isola. C’è Mohamed, 15enne tunisino, che ha chiesto a chi l’ha soccorso appena sceso dalla barca: «Dov’è la stazione dei treni? Voglio raggiungere i miei parenti a Modena». Ancora, c’è Fatima da Tunisi, 17 anni, che nel suo paese, «dove tutto è insicuro», non vuole più tornare: «Sono d’accordo anche i miei genitori».
Ecco solo alcune delle storie di vita dei 620 minori non accompagnati, ossia arrivati in Italia senza familiari, intercettati da gennaio a fine marzo 2011 dagli operatori del progetto di assistenza umanitaria Praesidium (attivo a Lampedusa dal 2008 e comprendente l’ong Save the Children, la Croce Rossa italiana, l’Organizzazione internazionale delle migrazioni e l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati). Al 28 marzo, ne rimanevano sull’isola 350: gli altri 270 sono stati inseriti in varie comunità per minori, soprattutto siciliane.
«Ogni giorno, tra le centinaia di persone che sbarcano, ci sono nuovi minori soli», racconta il portavoce della Cri, Tommaso Della Longa, presente sul molo commerciale di Lampedusa da più di un mese. «Appena vedono il simbolo della Croce Rossa si avvicinano, sanno che possono fidarsi perché è l’equivalente della loro Mezzaluna rossa», continua Della Longa.

Solo pochi casi di ipotermia
Ma in che condizioni arrivano? «A parte alcuni casi di ipotermia e disidratazione dovute alle condizioni di viaggio, non hanno particolari problemi, anche perché fino ad oggi sono partiti da Egitto e Tunisia, Paesi piuttosto sicuri a livello sanitario». Se la situazione per gli adulti è «dura e inaccettabile, con migliaia di persone che dormono all’addiaccio», per i minorenni «va meglio, perché la macchina è rodata: Praesidium funziona bene, anche grazie all’eccellente umanità del personale di Guardia di finanza e Capitaneria di porto». Sono questi ultimi, assieme ai quattro enti del progetto, ad accogliere i migranti appena mettono piede sulla terraferma. «Donne e minori vengono subito separati dal gruppo, naturalmente tutelando le singole famiglie», chiarisce il portavoce della Cri, il cui personale sull’isola ha raggiunto la cifra record di 27 unità.
I non accompagnati vengono smistati tra la ex base Loran e la Casa di fraternità della Caritas, che ha 60 posti: «Rimangono qualche giorno, cerchiamo di garantire loro le esigenze primarie e di organizzare attività per rendere meno pesante il clima di attesa e incertezza», spiega Valerio Landri, direttore di Caritas Agrigento. Che aggiunge: «Non vogliono tornare indietro. Molti di loro hanno in tasca i numeri dei parenti che vivono in Italia o Francia, l’obiettivo è raggiungerli». «Un 17enne che parte dal Nord Africa è assimilabile a un 20enne occidentale con la voglia di scoprire il mondo: anche lui in cerca di fortuna», interviene il responsabile Immigrazione di Caritas italiana, Oliviero Forti. Una volta

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