Non profit

La canzone più triste

di Antonio Mola

È il 1933, piena depressione americana. A Winnipeg, in Canada, la proprietaria di un’industria di birra (una platinata Isabella Rossellini senza gambe e con delle protesi di vetro) indice un concorso mondiale che premierà «la canzone più triste del mondo» con 25mila dollari. Lo scopo è attirare nella fredda città il maggior numero di partecipanti e “consumatori”. Tra questi alcune sue vecchie conoscenze.
Quando si vede un film del genere si ha la sensazione che il cinema possa ancora dire parecchio. Guy Maddin realizza una pellicola obiettivamente originale e moderna contrapponendo dialoghi in stile anni 40 e atmosfere anni 30 ai deliri scenografici, ai movimenti vertiginosi della macchina da presa e a un montaggio (e un’elaborazione della pellicola) ipnotico e ammaliante. Da provare…

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