“Mettiti la canottiera, ché fa freddo”.
Nel momento esatto in cui questa mattina ho pronunciato queste parole, naturalmente rivolgendomi a mio figlio adolescente, mi sono autocatapultata indietro nel tempo, trent’anni fa, quando avevo più o meno l’età del mio ex bambino che ora fa colazione con latte, biscotti e ormoni impazziti. Nel mio flashback al posto della me di adesso c’è la mia mamma di allora (che è ancora la mia mamma, ovviamente) e che in mano brandisce una canottiera bianca tendente al grigio con dei pizzi raccapriccianti, intimandomi di indossarla “ché fa freddo”. Sempre la me di trent’anni fa, che recita la parte di mio figlio oggi, prova ad azzardare un no, salvo poi chinare la testa e indossare la canottiera (salvo poi bis andare in bagno, sfilarla di nascosto e nasconderla nello zaino, tra il Devoto Oli e un libro di filosofia di Giovanni Fornero).
Perché la canottiera non è soltanto una maglietta di cotone (o lana, o fresco lana, o quello che vi piace di più). La canottiera è il simbolo della ribellione, secondo me. E’ quella cosa che noi “grandi” sogniamo che i nostri figli decidano o semplicemente accettino di indossare per ripararsi dal freddo, dai virus, dai batteri, dalla bronchite, dalla polmonite, dalla pleurite e magari pure dall’Ebola e dalla tisi. Ma proprio per questo, ecco che non mettere la canottiera diventa un’esperienza da brivido, che non puoi nemmeno paragonare a un viaggio andata e ritorno su Marte. Se tua madre ti dice di mettere la canottiera e tu non la metti, allora sei un figo. Un figo da paura. Effettivamente l’immagine di mio figlio con la canottiera infilata dentro le mutande (anzi, i boxer, altrimenti scriviamo un altro pezzo anche sul conflitto più vecchio del mondo, mutande versus boxer) non è proprio da figo. Ma lui, oggi, la canottiera se l’è messa lo stesso. La tentazione di chiedergli perché lo abbia fatto è fortissima, ma credo che a quel punto potrebbe chiedere con urgenza il parere di un medico (per me) e magari anche quello degli assistenti sociali (per lui), visto che proprio io, soltanto pochi minuti prima, gli ho intimato di mettersi la canottiera.
Lo confesso. Ho provato un momento di godimento, questa mattina. Ho stretto in mano il successo, il trofeo di una madre che ha saputo convincere il proprio figlio adolescente a indossare la canottiera senza spargimento di sangue e senza che nessuno si facesse male. L’ho tenuto in mano fino a pochi minuti fa, quello scettro del potere. Perché, confesso anche questo, mio figlio mi ha appena detto così: “Mamma, domani la canottiera non la metto. Pizzica ed è da vecchi”.
Adolescente 1 – Canottiera 0.
Fine primo tempo.
Domani si ricomincia.
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