Mondo
La campagna virale delle donne felici di avere un marito musulmano
La rivolta delle mogli sorridenti che hanno postato su Facebook e Twitter le proprie foto con l’hashtag #hosposatounmusulmano, per rispondere all’articolo di Libero, che invitava le italiane a non scegliere mariti musulmani
“Italiane, non sposate i musulmani”. L’articolo uscito mercoledì su Libero, non lasciava spazio ai dubbi, l’appello è chiaro: non lasciatevi sedurre, scrive Simona Bertuzzi, citando la tragedia dell’attentatore di Londra, Youssef Zaghba, 22 anni, figlio di madre italiana e padre marocchino, specificando che “…la pietà ha un inizio e una fine e per noi finisce qui. Perché quella storia – se non nel suo epilogo almeno nelle premesse – assomiglia troppo a quella di tante donne italiane di cui sono infarcite le nostre cronache. Si sono innamorate di uomini islamici, si sono sposate la loro cultura e la loro fede, e per molte, troppe di loro, è iniziato il calvario…” Parole durissime che hanno scatenato un altrettanto decisa, ma molto più ironica, risposta da parte di centinaia di italiane che un musulmano non solo se lo sono sposato ma sono anche molto felici di averlo fatto. Su Facebook e Twitter hanno iniziato a comparire decine e decine di foto di donne sorridenti con in mano il cartello #hosposatounmusulmano e l’hashtag è diventato subito virale.
“Essere musulmani non significa essere ontologicamente refrattari alla democrazia o ai valori che ci attribuiamo,” afferma Laura Silvia Battaglia, giornalista, tra le ideatrici della campagna, sposata da quattro anni con uno yemenita. “L’idea è nata su una chat con altre 24 persone per dare una risposta civile, positiva ma necessaria. Volevamo sottolineare che in Italia ci sono tante coppie miste, con questa o altre caratteristiche. Moltissime hanno creato famiglie felici, ci sono donne sposate da 25 anni, che hanno figli o che non ne hanno. Ci incontriamo nel campo comune dell’umanità. Le nostre storie non fanno notizia, si parla di noi solo quando ci sono fatti di cronaca nera. La campagna nasce per dire che ci siamo anche noi e che in realtà #hosposatounmusulmano vuole dire ho sposato una persona.” L’hashtag è stato condiviso più di 650 volte in poche ore, segno che moltissime italiane hanno sentito il bisogno di lanciare un messaggio. “Immaginavo che il seguito sarebbe stato notevole, perché le coppie miste nel nostro Paese sono davvero tante ma ciò che mi ha sorpreso è il fatto che le persone siano così decise a metterci la faccia.” Continua Battagli. “La cosa interessante è che, contrariamente ai luoghi comuni, molte di loro non si sono convertite e nessuna porta l’hijab, segno che la religione viene interpretata come qualcosa da praticare nel proprio privato, tra le mura di casa.”
In Italia si stima che le coppie miste si aggirino intorno alle 650 mila e due anni fa, per tutelarle, è nata anche un’associazione, l’Aicfom (Associazione Italiana e Coppie Miste). “Un’iniziativa che punta a promuovere la ricerca scientifica sulle caratteristiche relative a questo fenomeno, offrendo anche un sostegno psicologico e legale”, spiega Alberto Mascena, psicologo e ricercatore, presidente dell’Associazione. A rivolgersi agli sportelli di counseling di Aicfom soprattutto persone che fanno domanda di ricongiungimento famigliare e chi ha bisogno di una consulenza che integri il diritto matrimoniale e quello migratorio. “Per quanto riguarda le coppie di fedi diverse in realtà la problematica non è ascrivibile al background religioso, quanto piuttosto alla capacità delle persone di gestire le differenze. Il pericolo è quando vi è un atteggiamento di imposizione della propria identità, ma questo non dipende dalla nazionalità del partner, basta guardare ai tragici casi di femminicidio in cui i partner sono italiani.” Continua Mascena. “In realtà i problemi delle coppie miste sono molto simili a quelli delle altre coppie, riguardano l’educazione dei figli, la gestione quotidiana, le dinamiche di potere e i tradimenti. Hanno però delle specificità.” Tra i motivi di tensione più comuni la difficoltà di essere accettati dalla famiglia e dagli amici del partner italiano, il confronto continuo con i pregiudizi e il razzismo. “Non si tratta però di relazioni più complesse delle altre. Come in tutti i rapporti c’è bisogno di negoziare, ma questa è una necessità di tutte le coppie, indipendentemente da quali siano le origini dei partner.”
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.