Politica
La campagna? Prima occorre mettere i giovani in condizione di fare figli
Qui non siamo in Danimarca, i giovani italiani vorrebbero sposarsi e fare figli, ma il nostro Paese non li mette nelle condizioni di farlo: «non è un problema di semi, ma di condizioni in cui seminare». Così Gigi De Palo, presidente del Forum Associazioni Famigliari, commenta il Fertility Day. Il rischio? Che la polemica diventi una scusa per non affrontare la denatalità. Mentre al Paese serve un «Governo fecondo»
Appena eletto alla presidenza del Forum delle Associazioni Famigliari, Gigi De Palo disse: «Siamo la voce di quelle coppie che vorrebbero mettere al mondo un figlio, ma sanno che facendolo, nel nostro Paese, diventeranno povere. Siamo la voce di quelle mamme italiane che vorrebbero fare due figli e invece si devono fermare a 1,39 rischiando, peraltro, di venire licenziate. Se tu metti gli italiani nelle condizioni di realizzare il loro desiderio di fare famiglia, fai rinascere il Paese». La sfida alla denatalità è stata la prima questione che De Palo ha citato per il suo mandato e ci torna continuamente. Sulla carta sembrava dover essere il primo sostenitore del Fertility Day del ministro Lorenzin e invece ieri in un post su Facebook ha scritto che «non servono politiche spot o campagne sulla fertilità. I giovani italiani vorrebbero sposarsi e fare figli… semplicemente il nostro Paese non li mette nelle condizioni di farlo […] Non è un problema di semi, ma di condizioni in cui seminare».
Che cosa non condivide?
Il proposito è buono, sicuramente il ministro Lorenzin ha la consapevolezza di quanto la denatalità in Italia sia un problema, e anche porre l’attenzione sull’aspetto più sanitario della fertilità è utile perché in effetti molti giovanissimi non sanno che lo stile di vita impatta sulla loro fertilità… tutto questo è importante, ma deve arrivare dopo aver affrontato altri nodi. In Danimarca c’è una cultura no-child, qui in Italia invece i giovani vogliono i figli, non è questo il problema: il problema è che se fai figli rischi di diventare povero o di essere licenziata. Quindi una campagna del genere andrebbe fatta dopo aver tolto gli ostacoli che impediscono ai giovani di fare figli o – detta in positivo – dopo aver creato le premesse per cui un giovane che vuole allargare la famiglia, anche con il secondo o il terzo figlio, non sia lasciato solo. Non si lavora a compartimenti stagni, il sanitario da solo e poi welfare.
C’è uno slogan o un dettaglio in particolare che l’ha colpita negativamente?
Mi lascia molto amareggiato osservare come questa campagna abbia avuto, come effetto, quello di risvegliare un approccio ideologico, anacronistico, al dema della demografia. Questo è un tema reale, che invece tocca tutti e accomuna tutti, davanti a cui non c’è nessuno che si dica contrario, nemmeno in politica, lo diciamo tutti che il fatto che in Italia non si fanno figli è un problema. È un peccato. Alcune persone, anche sui social, non aspettavano altro che banalizzare un tema così importante.
Il ministro si è sfilata dicendo che questi temi – asili, conciliazione, lavoro – sono temi di politiche sociali, non di sanità. Troppo facile?
Il ministro ha ragione se guarda solo il tuo pezzo, ma in realtà o si approccia il problema con un corpo unico o non andiamo da nessuna parte. Quando critico le politiche spot intendo questo. C’è bisogno di politiche unitarie, non sfilacciate: fisco, casa, lavoro, serve un disegno generale perché nella vita tutto è collegato. Se non è questa una priorità questa, mi chiedo cosa lo sia.
Cosa l’ha colpita nei tantissimi commenti al suo post?
Non mi è piaciuto l’accanimento becero contro il ministro e la campagna, le frasi tipo “l’utero è mio e lo gestisco io”, “sono politiche da ventennio fascista”… ripeto, se domani partissero politiche adeguate che togliessero gli ostacoli che si mettono fra il sogno di un figlio e la possibilità di farlo, fra tre anni una campagna sulla fertilità sarebbe perfetta. Il problema è farlo dopo, non prima. C’è anche da dire, a onor del vero, che la campagna e le cartoline sono solo un pezzo del Piano nazionale per la fertilità – di cui nessuno ha parlato – che è molto più ampio e ha una sua valenza, prevede ad esempio incontri fatti da associazioni, è un’occasione per affrontare il tema. Un altro punto è che parlare di sola fertilità e non di un figlio che nasce in una famiglia è un problema: se i figli aumentano come in Francia perché ci sono tante ragazzine-madri, magari nel breve periodo aumenta il tasso di sostituzione ma nel lungo aumentano i costi sociali.
La preoccupa ora il “day after”? Nel senso che il problema demografico e della denatalità c’è ed è urgente affrontarlo, mentre ora sembra esserci un muro che ricaccia il discorso sulla genitorialità esclusivamente in un ambito privato…
Ma i figli non sono un bene privato, la solidarietà intergenerazionale è un bene. Le nuove generazioni, presenti e future, sono fondamentali per il welfare del Paese, lo sappiamo tutti. La politica deve iniziare ad affrontare questo tema, a seminare anche se non raccoglierà domani ciò che a seminato. Altrimenti non c’è futuro.
Il Ministro Costa ha annunciato un Testo Unico sulla famiglia per metà settembre. Cosa auspica?
Ci auspichiamo che anche alla luce della giornata di ieri si possa fare discorso serio e unitario, che comprenda tutti i ministeri, anche graduale, ma che finalmente trasformi l’Italia da paese dove non esistono politiche famigliari a paese dove si inizia a seminare. C’è bisogno di un governo fecondo, non fertile. È questo il momento, non ce ne sarà un altro. Oggi si decide il futuro dell’Italia come mai, se ci saremo o se non ci saremo.
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