Non profit

La buona pratica Ghana diventa uno “spot” per il Fondo Globale

di Joshua Massarenti

Grazie al sostegno di Stati, aziende private e organizzazioni non profit come la Product Red di Bono, tra il 2002 e il 2010 il Global Fund ha sborsato 19,1 miliardi di dollari salvando dalla fame e dalla povertà quasi 6 milioni di persone in 140 Paesi. Problema: con la crisi economica, il Fondo non ha più soldi a sufficienza. Nel tentativo di invertire la tendenza, il cantante degli U2 e Jeffrey Sachs, il superconsulente dell’Onu per la lotta contro la povertà, si sono resi protagonisti di un lungo soggiorno in Ghana per vantare alla stampa i risultati del Fondo nel Paese africano. Il quotidiano britannico The Guardian ne ha tratto un reportage dal titolo forse eccessivamente trionfalistico («Tra dieci anni, forse il Ghana non avrà più bisogno di aiuti»), ma che mette in luce alcuni aspetti importanti.
Innanzitutto l’approccio integrato adottato dal Fondo Globale per sconfiggere la miseria nelle aree geografiche più isolate. Anziché appoggiarsi su agenzie di sviluppo che lavorano ognuna per conto suo, Sachs ha optato per un lavoro comune in cinque settori strategici: la salute, l’educazione, l’agricoltura, l’infrastruttura rurale e lo sviluppo economico. Ogni progetto chiama direttamente in causa le autorità e le comunità locali per garantire la sua sostenibilità. Secondo l’Overseas Devlopment Institute, i rendimenti delle coltivazioni coinvolte nei progetti del Global Fund sono cresciute in media tra l’85 e il 350%, mentre l’incidenza della malaria è stata ridotta di metà. Il Ghana non fa eccezione. E qui Sachs e Bono intendono promuovere nuove iniziative nel Nord. «Più entrate nell’entroterra», spiegano, «e più la vegetazione e il clima diventano aridi. Lungo le coste le popolazioni sono in maggioranza cristiane e hanno un accesso più facile ai mercati locali, mentre nel Nord del Paese prevale una popolazione musulmana più povera e marginalizzata».


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