Salute

La buona comunicazione? Per il bene del paziente

La responsabilità di medici e giornalisti nella scelta delle parole della salute e la necessità di presidiare le fonti di fake news richiede un'alleanza per il bene comune. Gli oncologi italiani redigono 30 raccomandazioni basate sulle evidenze per la buona comunicazione ai pazienti, alla comunità scientifica e ai media

di Nicla Panciera

È stato presentato a Milano nell’ambito dell’ottava edizione del Corso nazionale per giornalisti medico-scientifici e oncologi organizzato dagli oncologi medici italiani di Aiom un documento contenente 30 raccomandazioni per la buona comunicazione ai pazienti, alla comunità scientifica e ai media.

«Contro i tumori è sempre più strategicamente importante lo scambio adeguato d’informazioni. Può favorire la prevenzione, l’aggiornamento dei professionisti e rafforzare l’alleanza medico-malato-caregiver, disinnescando anche delle situazioni spiacevoli che altrimenti diventano spesso inevitabili di fronte alle difficoltà del malato o del suo familiare nella gestione della malattia. Fondamentale anche “presidiare” i social network per confutare le fake news» ha spiegato il presidente di Aiom Saverio Cinieri. «Noi oncologi abbiamo sentito forte la responsabilità di fare il punto sulla comunicazione con un lavoro scientifico accuratissimo e tutte le società scientifiche si dovranno dotare di strumenti di comunicazione, perché fare il medico oggi è una responsabilità importante, non solo per il giuramento di Ippocrate tanto invocato sui social ma perché abbiamo il dovere di dire con le parole giuste ai pazienti e ai loro caregiver qual è la situazione reale».

Non si contano i decaloghi anti fake news, anti bufale nei vari ambiti della comunicazione e del giornalismo, che spesso durano il tempo di un comunicato stampa. Il documento rigoroso ed esaustivo redatto da Aiom è basato sulle evidenze: le 30 raccomandazioni sono frutto di un corposo lavoro multidisciplinare di un working group Aiom guidato da Rossana Berardi, consigliere nazionale Aiom e direttrice Clinica Oncologica AOU delle Marche, e composto da 17 esperti clinici, giornalisti e rappresentanti dei pazienti. «Ampie e variegate sono le trappole della comunicazione e sono numerose le pubblicazioni scientifiche sull’argomento» ha spiegato Berardi presentando la struttura del lavoro e ricordando che il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura. «Con l’obiettivo di individuare interventi di provata efficacia sul tema della comunicazione ai pazienti, alla comunità scientifica e ai media, abbiamo analizzato la letteratura, partendo da un precedente lavoro del mio team di Ancona, la Declaration of Good Communication, in cui avevamo già analizzato quasi 5mila studi, e ne abbiamo aggiunti altri 4mila, oltre a spunti segnalati dai membri del gruppo di lavoro». Dopo aver selezionato i lavori più «rilevanti e pertinenti» e aver incluso alcune esperienze sul campo considerate delle buone pratiche, in qualche mese di lavoro il working group è arrivato a 30 raccomandazioni su ricerca e comunicazione, in relazione alle fonti, alle opzioni di trattamento, alle novità terapeutiche e alle novità scientifiche, agli screening, al fine vita, all’identità di genere, e alla comunicazione verso i caregiver. «L’ultima sezione riguarda la comunicazione con i media, che può essere di aiuto ai giornalisti stessi che devono evitare il sensazionalismo. Tra oncologi e giornalisti deve esserci un’alleanza per il bene del paziente e per il bene comune».


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