Economia

La brigata méditerannée va in trasferta ad Atene

di Marcello Esposito

intervento apparso su Linkiesta

Questa estate, l’unica voce attiva del turismo ellenico rischia di essere quella dei post-rivoluzionari della “brigata Méditerranée”. Nostalgici del pugno chiuso o del braccio teso, incazzati permanenti o depressi cronici stanno affollando i voli per Atene, pronti a sostenere il duo Tsipras-Varoufakis nel loro ultimo show. Un po’ come se si trattasse di una trasferta di Champions League. Tutti ad Atene con il trolley, qualche centinaio di euro e pochi, ma utili consigli da mandare a memoria prima che l’ouzo possa obnubilare le menti. Free hugs per tutti quelli che capitano a tiro e votano giusto. Ma attenti a non dare mai il vero numero di cellulare: non si sa mai che a qualcuno dei compagni greci possa venire la malaugurata idea di venire a cercar lavoro in Italia. E la mattina dopo il voto, una volta che l’aereo sarà rientrato nello spazio dell’Europa della Merkel, «Vaffa… », a chi rimane nell’inferno di Atene, come direbbe il più raffinato tra loro.
Nella brigata méditerranée non ci sono solo i compagni dell’estrema sinistra, quelli che come Syriza considerano il Partito Socialista Europeo troppo moderato e compromesso con le logiche capitalistiche. La componente italiana vede schierato tutto l’arcobaleno antagonista e anti-sistema: dalla minoranza Pd a Grillo, da Sel alla Meloni. Con l’appoggio morale della corrente Caterpillar dei (si fa per dire) “moderati” italiani. I vari Brunetta e Salvini, che l’aereo non lo prendono, ma si sentono vicini al popolo greco nel momento in cui l’orologio della storia segnerà l’ora delle decisioni irrevocabili.

La retorica dell’orgoglio nazionalistico, del “meglio morire in piedi che vivere accovacciati” quante volte la abbiamo sentita negli ultimi cento anni in Europa? In nome di slogan senza alcun senso, oggi come cento anni fa, si è disponibili a sacrificare i propri cittadini, soprattutto i più deboli e i più poveri. Quelli che non hanno avuto la possibilità di trasferire all’estero i propri averi, quelli che non saranno chiamati ad occupare una cattedra in una prestigiosa università americana, quelli che non saranno ammessi nella patria di Krugman e di Stiglitz perché ritenuti di qualità non idonea agli standard minimi richiesti per la forza lavoro a stelle e strisce.

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