Sostenibilità

La Biodiversità nel Dna

L’Istituto per lo studio degli ecosistemi del Consiglio nazionale delle ricerche (Ise-Cnr) di Verbania Pallanza ha analizzato un marcatore del Dna che, come un codice a barre, consentirà di individuare gli animali microscopici presenti nei sedimenti marini

di Redazione

Uno studio dell’Ise-Cnr ha individuato un marcatore molecolare alternativo a quello comunemente utilizzato nelle analisi tassonomiche degli animali microscopici dei sedimenti marini. La scoperta, pubblicata sulla rivista Pnas, consentirà una stima più accurata della diversità biologica

Il numero delle specie conosciute che popolano il nostro pianeta ha superato il milione e si stima che almeno altrettante siano ancora da scoprire. La tassonomia è quindi alla ricerca di metodologie e strumenti innovativi che consentano di identificare e catalogare gli organismi viventi in modo più semplice e rapido.
L’Istituto per lo studio degli ecosistemi del Consiglio nazionale delle ricerche (Ise-Cnr) di Verbania Pallanza ha analizzato un marcatore del Dna che, come un codice a barre, consentirà di raggiungere tale scopo per le specie della meiofauna, ovvero gli animali microscopici presenti nei sedimenti marini. La scoperta è stata pubblicata sulla rivista Pnas.

«Abbiamo paragonato il marcatore molecolare comunemente utilizzato nelle analisi della biodiversità, il 18S, con uno ancora poco utilizzato, il Coi (citocromo c ossidasi subunità I). I risultati dimostrano chiaramente che i due indicatori definiscono in maniera diversa la ricchezza di questo ambiente marino e che Coi è risultato migliore per stimare la densità e la ricchezza delle specie analizzate», spiega Diego Fontaneto dell’Ise-Cnr che ha guidato il gruppo di ricerca. «Continuando a utilizzare il 18S si corre il rischio di definire e quindi preservare in maniera inappropriata la biodiversità. Il perfezionamento dell’esplorazione dell’ecosistema e la scoperta di una specie, infatti, è la premessa per impedirne la scomparsa, prevenendo l’azione distruttiva che l’uomo opera in modo persistente!.
Lo studio si è svolto in collaborazione con Fondazione Edmund Mach, Imperial College di Londra, Istituto Senkenberg (Germania) e Università di Drexel (Usa). «Siamo giunti a queste conclusioni dopo aver analizzato un campione di 12.000 animali microscopici dei sedimenti marini e delle spiagge, ambienti assai poco studiati e ricchi di organismi microscopici, il più delle volte sfuggenti, anche a causa delle loro dimensioni inferiori a 2 mm, e spesso presenti in densità troppo basse per essere trovati», prosegue Fontaneto. «Il marcatore molecolare Coi potrà essere utilizzato in combinazione con le tecnologie di sequenziamento Next Generation Sequencing e questo aumenterà sia la risoluzione tassonomica sia la velocità di esplorazione della biodiversità del nostro pianeta, che è in continua evoluzione».

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