La bio-diversità del non profit

di Paolo Venturi

Si fa presto a dire bio-diversità del non profit.… ma di che si tratta? Quali sono gli elementi peculiari e costitutivi di queste organizzazioni che vengono percepite (erroneamente) per lo più,  come coloro che operano in quello spazio (Terzo) non occupato da STATO e MERCATO? Mi soffermo su due aspetti che reputo decisivi e che spesso vengono ridotti:

Uno dei più significativi elementi qualificanti le organizzazioni non profit è quello di aver ben compreso la differenza tra diseguale e diverso. Mentre disuguaglianza si oppone a eguaglianza, diversità si oppone a uniformità. Gli esseri umani sono, ad un tempo, eguali e diversi: eguali, in quanto partecipano tutti della medesima natura; diversi, perché ciascuno è un unico, irripetibile. È per questo che il diverso ha “diritto” a non subire l’uniformità. Ed è proprio in ciò che il principio di solidarietà si distanzia dal principio di fraternità: il primo si accontenta della uniformità; il secondo pretende l’unità. Su tale punto occorre cedere la parola a Pascal: “L’uniformità senza diversità è inutile agli altri; la diversità senza uniformitá è rovinosa per noi. L’una è nociva all’esterno, l’altra all’interno. Il principio di uguaglianza può essere utile a definire una generica equivalenza di diritti essenziali nell’ambito delle norme giuridiche, ma mal si presta a connotare il fondamentale diritto umano che do- vrebbe dirsi piuttosto il diritto… alla diversità”. Ecco perché è necessario ricordarsi sempre che il principio fondativo del non profit è il principio di fraternità .

Il secondo elemento distintivo lo lascio alle parole di uno studioso che non puó essere annoverato fra le fila dei discepoli del non profit: P. Drucker, “guru” di fama mondiale per le sue opere sulle teorie di gestione aziendale :

«Non a scopo di lucro, non imprenditoriale, non governativo sono tutte definizioni negative, ed è impossibile definire qualcosa dicendo ciò che non è. Cosa fanno, dunque, tutte queste istituzioni?Innanzitutto, ed è una scoperta recente, hanno in comune l’obiettivo di “cambiare” gli esseri umani: il prodotto di un ospedale è un paziente curato, quello dell’Esercito della Salvezza, l’unica organizzazione che raggiunge i più poveri fra i poveri senza operare discriminazioni razziali o religiose, è un derelitto che finalmente diventa un cittadino. Il “prodotto” delle Girl Scouts è una donna matura che ha acquisito valori, capacità e rispetto per se stessa. Il nome più giusto  per le Organizzazioni Non Profit sarebbe: istituzioni per il cambiamento umano.

Emerge quindi con forza come le Organizzioni Non Profit abbiano nella loro “funzione obiettivo”  il compito non solo di trasformare l’oggetto (migliorando le condizioni di vita e rispondendo a bisogni della comunitá) ma innanzitutto quello di cambiare il “soggetto”;  come dire “le ONP sono quelle istituzioni che, più di altre, attraverso il principio della Fraternità hanno come fine il cambiamento  della persona ” o ancor più sinteticamente riprendendo il titolo dell’ultima edizione delle Giornate di Bertinoro: “sono istituzioni per uno  Sviluppo Umano Integrale”  

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