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La beffa di Fossa

Nel piccolo comune aquilano distrutto dal sisma dopo Pasqua dovevano partire i lavori di messa in sicurezza. Parla il sindaco

di Gabriella Meroni

«Dovevamo iniziare subito dopo Pasqua, gli interventi di consolidamento erano già stati decisi, programmati e finanziati dalla Regione Abruzzo e anche dai fondi dell’8 per mille 2008. Ma il terremoto ci ha preceduto». A parlare è Luigi Calvisi (nella foto qui a fianco), sindaco del piccolo comune di Fossa (L’Aquila), 700 abitanti, duramente colpito dal sisma, che ha fatto crollare o gravemente lesionato il 90% delle case; i morti sono stati 4, tra cui una bambina di tre anni. Calvisi racconta il suo dramma: dal 2002 stava lavorando per la messa in sicurezza del paese, a forte rischio sismico, e quando finalmente aveva ottenuto i finanziamenti e stava per cominciare i lavori, il terremoto è arrivato per davvero.

«La prima richiesta di finanziamenti è del 2002», racconta il sindaco, «ma allora, lo confesso, pensavamo di utilizzare eventuali contributi pubblici per migliorare il paese dal punto di vista estetico, magari sistemando qualche via o qualche piazza. In seguito però ad allarmi ben precisi, commissionammo uno studio geologico che mostrò con certezza che il paese si trovava in un’area a fortissimo rischio; addirittura il geologo riuscì a prevedere cosa sarebbe successo a Fossa in caso di sisma, e in effetti così è avvenuto». La  beffa consiste nel fatto che dalla consapevolezza del rischio all’effettivo ricevimento dei finanziamenti è passato molto tempo: solo l’anno scorso, per esempio, Calvisi è riuscito a ottenere 400mila euro di finanziamento dalla Regione Abruzzo e altri 500mila dai fondi dell’8 per mille a gestione statale per il «consolidamento dell’abitato». «I lavori erano programmati subito dopo Pasqua», dice ora il sindaco amaramente. «Ma non abbiamo fatto in tempo. Ora, purtroppo, è tardi».

Nella foto di copertina la tendopoli allestita a Fossa

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