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La 49? come Dorando Petri

di Sergio Marelli

Sarebbe la terza volta che la riforma della Legge 49/87 sulla cooperazione internazionale fa la fine del celebre podista italiano: a pochissimi metri dal filo di lana del traguardo, cade a terra, non si rialza e non vince la sua corsa.

E’ già capitato nella primavera del 2001, nel maggio 2008 e, con tutta probabilità, in queste settimane a venire. Undici anni fa, il cammino intrapreso nel lontano 1993, quando alla Farnesina sedeva il compianto Beniamino Andreatta nella compagine del Governo Ciampi, il senatore “verde” Stefano Boco era riuscito, dalla sua carica di “relatore”, ad ottenere l’approvazione di un testo di riforma dall’Aula di Palazzo Madama poche settimane prima della sfiducia al Governo pronunciata da Rifondazione Comunista sulle vicende della guerra nei Balcani. Successivamente, nel 2008, i senatori Alfredo Mantica – AN e Giorgio Tonini – Ulivo, erano addivenuti ad un testo concordato tra maggioranza ed opposizione che, pur con qualche mal di pancia manifestato dalle ONG, metteva d’accordo un po’ tutti in nome della necessità di adottare una nuova legge che rinnovasse l’impianto della 49 “vecchio” di ormai 20 anni. La caduta del Governo Prodi, decretò per la seconda volta l’aborto della riforma. E’ dello scorso 30 ottobre la notizia che gli stessi Mantica e Tonini, oggi rispettivamente PDL e PD, hanno conseguito l’approvazione del Senato dei primi 15 articoli del testo di riforma da loro riproposto; ed ecco che, come un incubo ricorrente, Monti decide di rassegnare le dimissioni del proprio Governo comportando il terzo fallimento del percorso.

Delle due l’una: o la 49/87 è coperta da maleficio che la rende involontaria cassandra delle crisi di Governo, ipotesi che evidentemente scartiamo, oppure la cenerentola delle leggi italiane sconta ancora una volta le titubanze e le disattenzioni dei nostri parlamentari che, lasciandola tra le non priorità del Paese perché ogni volta surclassata da “ben altri problemi”, non trovano mai il fiato necessario per giungere all’agognato traguardo della riforma.

Purtroppo, è questa seconda tesi che ritengo essere quella veritiera. Peccato che, come per Dorando Petri, non vi sia nemmeno qualche buon samaritano che, seppur in odore di squalifica, faccia lo sforzo di portare alla linea di arrivo un provvedimento che ormai non può che essere riformato se vogliamo un’Italia al passo con i tempi e all’altezza del suo ruolo internazionale.

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