Volontariato

L’80% delle strutture sono gestite dal privato sociale

I dati della ricerca Istat sui servizi ai senza fissa dimora

di Redazione

Secondo una rilevazione dall’Istat, realizzata in 158 Comuni italiani, e presentata oggi a Roma sono 727 gli enti e le organizzazioni che nel 2010 hanno erogato negli stessi Comuni servizi alle persone senza dimora. Questi enti operano in 1.187 sedi ed ognuno eroga, in media, 2,6 servizi, per un totale di 3.125 servizi. Un terzo dei quali riguarda bisogni primari (cibo, vestiario, igiene personale), il 17% fornisce un alloggio notturno mentre il 4% offre accoglienza diurna. Delle 727 organizzazioni censite, 119 sono pubbliche e 608 private e la metà (302) può contare su un finanziamento pubblico. Tra le organizzazioni private sono presenti soprattutto gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti (il 34% di tutte le organizzazioni private) e le associazioni riconosciute (32%) che hanno, cioè, personalità giuridica.
Gli enti pubblici erogano direttamente il 14% dei servizi, raggiungendo il 18% dell’utenza. «Se a essi si aggiungono i servizi erogati da organizzazioni private che godono di finanziamenti pubblici» ha spiegato Linda Laura Sabbadini capodipartimento Istat delle statistiche sociali ed ambientali, «si raggiungono i due terzi sia dei servizi sia dell’utenza. Non vanno dimenticati, poi, i servizi di segretariato sociale e di presa in carico e accompagnamento».

I servizi pubblici erogati in risposta ai bisogni primari e di accoglienza notturna raggiungono, al massimo, un 10% dell’utenza. L’erogazione privata con finanziamento pubblico raggiunge un ulteriore 48% tra i primi e il 58% tra i secondi. A fare la parte del leone sono Lombardia e Lazio e, insieme, raggiungono quasi il 40% dell’utenza nazionale rispettivamente con il 20% e il 17%; i servizi milanesi accolgono il 63% dell’utenza lombarda mentre Roma serve il 91% dell’utenza del Lazio. Seguono Sicilia e Campania, regioni che raggiungono ciascuna il 10% dell’utenza nazionale. In generale, come hanno rilevato i partecipanti alla conferenza stampa, i servizi sono meno garantiti al Sud. «In tal caso -ha registrato Sabbadini – sono le chiese a sopperire alle mancanze».

La ricerca è stata realizzata in collaborazione con il ministero del Lavoro e delle politiche sociali, con la Federazione italiana organismi per le persone senza dimora e con la Caritas. Il “censimento” dei servizi agli homeless costituisce la prima parte della rilevazione di cui sta per partire la seconda fase che prevede 5.500 interviste a un campione di persone senza fissa dimora. Questo dovrebbe permettere di arrivare a una stima approssimativa della loro presenza sul territorio nazionale. Linda Laura Sabbadini ha detto che i dati verranno diffusi nel corso del 2012. Nel corso della presentazione la ricercatrice ha precisato «che l’utenza non corrisponde al numero delle persone senza fissa dimora che si rivolgono ai servizi: non tutti gli utenti sono infatti senza dimora, in quanto una persona può usufruire di più servizi nel corso dell’anno e venire conteggiata più volte».

I nuovi poveri? Non sono più soltanto i barboni di strada. La crisi economica che ha colpito i paesi a livello internazionale sta cambiando l’identikit dell’homeless. A tracciarne un’identità, monsignor Vincenzo Nozza, direttore della Caritas, intervenuto, oggi a Roma nella sede dell’Istat, in occasione della presentazione del censimento sui servizi alle persone senza fissa dimora.

Chi sono, dunque, i nuovi barboni? «Vengono soprattutto dal ceto medio – spiega Monsignor Nozza. «E non si tratta più soltanto di disperati la cui esistenza si svolge in strada. Provengono soprattutto dal ceto medio e sono persone che hanno perso il lavoro, che vengono da una separazione». Uomo e donna indistintamente anche se, in base all’esperienza del presule, «prevale il disagio femminile che sfocia nella emarginazione maggiore»..

 


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