Formazione

L’unico potente di cui ci fidavamo

Siamo più soli. E' questa la sensazione più vera che si avverte nel vivere in un mondo senza Papa Giovanni Paolo II.

di Giuseppe Frangi

Siamo più soli. Questa è la sensazione più vera che si avverte nel vivere in un mondo senza Papa Wojtyla. Siamo tutti un po? orfani di un uomo che, indipendentemente dalla fede di ciascuno, si era imposto come punto di riferimento per tutti. Siamo più soli, perché adesso nel mondo dei grandi ci manca quell?unico grande su cui si poteva fare affidamento. L?unico che avesse presente la condizione reale degli uomini; l?unico su cui si poteva contare perché tante situazioni insostenibili finissero finalmente nell?agenda dei potenti. Papa Wojtyla era un grande a servizio dei non-grandi.
Costruendo questo numero, che non poteva ?non essere? un numero speciale, noi stessi ci siamo stupiti. Non solo per le caratteristiche che tutti in questi giorni hanno avuto modo di scoprire o riscoprire; ci siamo stupiti nel constatare la determinazione, la competenza, l?energia con cui Wojtyla ha tenuto alti temi che fanno il pane quotidiano dell?informazione di questo giornale. Lo avreste detto voi che Giovanni Paolo II per ben 13 volte ha messo piede nel continente più povero del mondo? E che per 15 volte è andato in visita in un carcere? E che nella sua predicazione il tema del volontariato è un tema che torna in modo felicemente ossessivo? Certo sono tutte cose che si sapevano, che avevano scandito di sorprese la nostra vita di credenti e non credenti in questo ultimo quarto di secolo. Ma vedendo in un colpo solo tutto questo film, come capiterà a chi sfoglia il numero di Vita, si compone l?immagine di un potente che aveva un?idea rivoluzionaria del potere. Wojtyla non ha mai rinunciato alle armi che questo potere gli conferiva: forse proprio per questo, all?inizio del suo pontificato è stato così poco capito dalla sinistra. Ha usato il potere che il suo ruolo gli conferiva, lo ha ingigantito via via con la sua autorità e la simpatia umana che riscuoteva ad ogni latitudine, per incoraggiare chi prova a costruire un mondo diverso. Per intercettare tutte le grandi questioni che gli altri potenti lasciavano inevase. Per mettersi di traverso al tavolo dei grandi. In questo la sua è una grande lezione di metodo.
Certo c?è da chiedersi da dove attingesse Wojtyla l?energia morale per non sentirsi mai sconfitto nonostante le sconfitte. Il suo disegno per un mondo più umano ha subito un?infinità di umiliazioni; e nel fare un bilancio è difficile dire se il mondo che lui lascia sia migliore di quello che lui aveva trovato.
Ma paradossalmente non è questo quello che conta: perché Wojtyla ci ha insegnato che giocare le nostre energie umane per la costruzione di un bene più grande, è comunque una vittoria al di là delle sconfitte (provvisorie, lui ci direbbe) verso le quali andiamo incontro. Wojtyla ci ha insegnato il valore – così desueto oppure usato fuori luogo – del coraggio, come arma per battere lo scetticismo. Certo averlo davanti rendeva tutto più facile. Ora invece ci mancherà la sua sponda. Ma siamo certi che Wojtyla non è passato invano e che quel segno profondo che ha toccato il cuore di milioni di persone normali è un segno profondo, che non sarà facile cancellare. Siamo certamente più soli, ma davanti è passato uno che ha aperto tante porte e tante strade. A noi il percorrerle.

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