Volontariato

L’ultima Amnésia che diverte di Salvatores

Recensione del film "Amnésia" di Gabriele Salvatores

di Aurelio Picca

Gabriele Salvatores è un maestro nel ritrarre la sua generazione che invecchia. E quanto più lui invecchia (mi viene da dire), più scrosta il finto rivoluzionarismo (invasivo) al suo cinema. Ciò è divertente e offre una tramina intrigante con il ?cocainomane? Sergio Rubini e il patriarca (che può fare a meno dello stesso copione), Diego Abatantuono. Il luogo, l?isola di Ibiza. Colonia di italiani in libera identificazione della vita, si mischia agli indigeni e turisti. Uno crepa sull?amata Norton, un altro (il corriere internazionale di droga) si spiaccica sul palo della luce, il capo della polizia (gay) è fotografato da un altro delinquente, un altro si frega la cocaina al morto, e un altro ancora è un regista di film porno che aspetta la figlia collegiale fiorentina alla quale, dunque, deve nascondere la truppa di mignotte in piscina fino a quando non capisce che lei ne sa più di lui, tanto ora la ?bambina? confessa che aspetta un figlio al quale ha trovato un padre. Suo padre. Il patriarca Diego Abatantuono. Se il computer maledetto non mi avesse cancellato quanto avevo scritto, già avreste potuto leggere che Amnésia di Salvatores è girato a ritmo digital televisivo e che la sua è una comedy da disco-beach, condita dal prezzemolo di Bigas Luna. Il film scorre in fretta e non annoia come il gelato in vaschetta: pochi grassi e molto conservante. Eppure, in sala, una ragazza ha trovato il modo di lamentarsi: «Mannaggia, mannaggia quanto è pesante!».

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