Cultura

L’olocausto? Trappola per topi

I nazisti rappresentati come gatti, gli ebrei come roditori: quando uscì nel 1981, l’epopea disegnata da Art Spiegelmann fece epoca. Ora la tragedia sta per diventare uno spettacolo. Nonostante l’indi

di Mariateresa Marino

Dalle vignette, le figure di carta e matita si trasferiscono sul palcoscenico. ?Maus? di Art Spiegelmann alla sua uscita, nel 1981, rivoluzionò il fumetto tradizionale americano, raccontando senza retorica e senza voglia di eroismi la storia dello sterminio degli ebrei a opera dei nazisti. Una vera tragedia a fumetti, che adesso è diventato uno spettacolo teatrale. Una testimonianza racchiusa dentro disegni e vignette minime, ordinate, incisive.
Chi non ricorda gli animali protagonisti del celebre fumetto? I tedeschi erano rappresentati come gatti, i polacchi come maiali, gli americani liberatori come cani e al vertice di questa ?bestiale? piramide, c?era il prototipo dell?animale miserevole , il topo-ebreo. Si deve a Gualtiero De Marinis la riduzione teatrale del fumetto di Spiegelmann, che è opera quasi sterminata, e a Renato Grilli l?idea di mettere in scena la storia del vecchio ebreo Vladek, sopravvissuto al lager. Il titolo dello spettacolo teatrale e musicale in due atti, ?Hello, Mister Spiegelman?, è nello stesso tempo anche un omaggio all?autore, nonché protagonista, delle storiche vignette.
Renato Grilli, giovane regista e attore bolognese, da anni è impegnato in sperimentazioni artistiche sui temi dell?ebraismo e della Shoah. E questo spettacolo è un?ulteriore occasione per parlare dell?Olocausto in modo diverso.
«Occorreva trovare un linguaggio vicino alle giovani generazioni», spiega Grilli, «sono loro infatti i primi destinatari del messaggio. Il fumetto già di per sé rappresenta un linguaggio nuovo, direi alleggerito dall?ansia storicistica e dalla paura della retorica sempre in agguato. Dalle vignette alle scene teatrali e musicali il passaggio non è stato molto difficile. Le scene sono brevi, icastiche, interrotte dai canti, più vicine alla narrazione che al teatro». Il criterio che ha guidato Spiegelmann fa da filo conduttore anche nel lavoro di Grilli: una fredda e lucida capacità di raccontare. Facilitata, se si vuole, dalla presenza degli animali umanizzati: sul palcoscenico diventano maschere-simbolo che appaiono e scompaiono tra i musicisti e il pubblico.
Sul palcoscenico il vecchio Vladek racconta la propria vicenda di deportato al figlio Art che raccoglie la testimonianza armato di taccuino e registratore, mentre la moglie Francesca riprende le immagini con una videocamera. La narrazione è interrotta da canti e musiche ispirati al racconto di Vladek ed eseguiti da un gruppo di musicisti.
Alle spalle degli attori, su un grande schermo si susseguono immagini di repertorio dell?epoca nazista, quasi a voler sottolineare gli eventi narrati.
Il vecchio ebreo sopravvissuto parte da lontano: dalla giovinezza in una cittadina della Polonia meridionale , per arrivare fino al suo incontro con la moglie, anch?ella sopravissuta ai lager nazisti ma poi suicidatasi, agli anni di internamento nel lager, alla liberazione. Vladek viene rappresentato come l?ebreo antipatico, avaro, cinico e ipocondriaco. Vittima delle nevrosi e delle paure procurate dagli anni di internamento nei campi di concentramento.
Sotto le parole del suo racconto scorre quasi impercettibile la crudeltà e il rancore verso il figlio, simbolo di una generazione colpevole di voler capire il tremendo passato. I figli della ?Shoah?, i figli di una storia che si tenta ancora oggi di tessere nei suoi momenti più drammatici.
La distanza e il conflitto tra padre e figlio restano come un segno pesante sul racconto, un elemento irriducibile che non trova una lieta soluzione finale. Un conflitto che è metafora del senso di colpa di intere generazioni nei confronti di quanti stanno a testimoniare con la loro presenza, ancora oggi, quello che è stato il più grande dramma del nostro secolo.
Adesso, per mettere in scena ?Hello, Mister Spiegelmann?, ci vogliono i fondi. In realtà si tratta di uno spettacolo che costa ben poco rispetto a tanti più monumentali allestimenti scenici. Ma evidentemente ciò non basta. «Le più grosse difficoltà non le abbiamo incontrate nella trasposizione scenica del fumetto», dice Grilli, «ma nella sordità degli enti pubblici e dei teatri che non vogliono misurarsi con quei tanti piccoli progetti che però possiedono un grande respiro di autonomia».
In aiuto sono però venuti l?assessorato alla cultura del comune di Carpi e, con un patrocinio, la Fondazione ex campo di Fossoli che finalmente permetteranno il debutto in primavera dello spettacolo.
Cattolici e shoah
Il documento vaticano sull?olocausto (Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoah) con cui la Chiesa cattolica ha chiesto perdono agli ebrei per i troppi silenzi passati è stato criticato da chi rimprovera Pio XII di essere stato troppo tiepido con il nazismo. Ragionando molto pragmaticamente, ci sarebbe da chiedersi se la Chiesa avrebbe potuto ugualmente salvare tra i 700 e gli 850 mila ebrei, se il suo massimo esponente avesse condannato esplicitamente la barbarie hitleriana. Sarebbe comunque da raccomandarsi la lettura integrale del documento vaticano, commentato da molti editorialisti dei quotidiani probabilmente senza neppure averlo letto.
Al di là delle semplificazioni giornalistiche, molti sono poi i testi storici e le analisi disponibili per chi volesse approfondire l?argomento. Alcuni reperibili solo all?estero: come il fondamentale Britain and the Vatican during the Second World War, di Owen Chadwick, secondo cui il Papa appoggiò un complotto per rovesciare Hitler, nell?inverno ?39-?40.
Su un piano più accessibile a tutti, il volume a più voci L?assurdo di Auschwitz e il mistero della Croce (ed. Ancora, 27 mila lire), con scritti fra gli altri del cardinal Martini, dello storico cattolico Giorgio Vecchio e di esperti ebraici. Utilissimo anche Pio XII e la questione ebraica, scritto da Margherita Marchione, per lungi anni assistente di Giuseppe Prezzolini. Sull?olocausto in generale, invece, è appena uscito il sintetico La Shoah di Bruno Segre (Il Saggiatore, 12 mila lire).

L?opinione di Massimo Caviglia
Un Maus in ogni classe

La teatralizzazione dell’Olocausto, come altre forme d’arte sull’argomento (dalla letteratura alla scultura, dalla pittura al cinema), ha il pregio di avvicinare il pubblico a un tema tanto drammatico. Ogni opera d’arte con il suo peculiare linguaggio parla a un certo tipo di pubblico e il fumetto, proprio per la sua immediatezza e semplicità, fa arrivare chiaramente il messaggio. Nel caso del fumetto ?Maus? di Spiegelmann siamo di fronte a un’opera importante e nuova. Ritengo che il libro debba essere inserito tra i testi scolastici senza sfigurare, perché narra con estrema lucidità e talvolta con durezza i fatti accaduti. Spero che lo spettacolo teatrale di Renato Grilli abbia mantenuto lo stesso tono, l’unico con cui si può raccontare il genocidio senza rischiare di cadere nella retorica. Negli ultimi tempi si affronta con insistenza questo argomento per tentare di ricostruire criticamente il percorso storico di quegli anni e per cogliere le ultime testimonianze dei sopravvissuti prima che scompaiano.
Il recente “mea culpa” della Chiesa cattolica conferma questa ricerca di riconciliazione e di dialogo, per poter arrivare al Giubileo con una coscienza, storica e religiosa, chiara su ciò che è successo. Un passo che, se non affrettato nella necessità di chiudere il millennio con una richiesta di perdono sbrigativo, spero sia fondato sulla effettiva volontà di formazione e informazione del mondo cattolico, affinché si possa ricollocare storicamente la tragedia della Shoah (spesso divenuta una seconda religione) e tornare così allo studio della tradizione e della cultura ebraica. disegnatore satirico, direttore del mensile ?Shalom?

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