Sostenibilità

L’Italia va avanti a marcia indietro

Per l’italia non dovrebbe essere difficile rispettare la firma di Kyoto e invece sta aumentando le emissioni di gas serra. di Andrea Masullo*

di Redazione

L?Italia continua ad aumentare le sue emissioni di gas serra, come confermato anche dal fatto che nel 2003 le emissioni di CO2 sono state di oltre il 9% superiori a quelle del 1990, allontanandosi così dall?obiettivo fissato dal Protocollo. La politica dello struzzo Il nostro Paese si muove nell?ottica di chi vede gli obiettivi di Kyoto come un punto di arrivo e finge di ignorare che si tratta solo di un primo piccolo passo per la riduzione delle emissioni. Gli esperti dell?IPCC (l?International Panel on Climate Change) concordano infatti sulla necessità di una riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 60% rispetto al 1990, riduzione da conseguire entro il 2050 se si vuole almeno rallentare il riscaldamento globale evitandone i danni maggiori. Come può fare il nostro Paese ad allinearsi a un simile percorso? Fortunatamente l?Italia presenta in tal senso notevoli vantaggi anche se non sembra affatto volerli cogliere. Ha un enorme potenziale di risparmio energetico conseguibile attraverso l?efficienza; per la sola elettricità tale potenziale è stato stimato dall?Agenzia nazionale per l?ambiente pari addirittura a 153 Terawatt all?ora (TWh). Ciò significa che se soltanto sostituissimo le apparecchiature elettriche oggi in funzione, da quelle domestiche a quelle industriali, con quelle più efficienti già disponibili sul mercato, si potrebbe risparmiare circa il 47% dei consumi elettrici nazionali. Invece gli investimenti per la ricerca in campo energetico sono stati dimezzati nell?arco degli ultimi 10 anni, e circa il 50% di essi sono impiegati per risolvere i gravi problemi lasciati aperti dalla poca energia nucleare prodotta nel nostro Paese (smantellamento degli impianti e gestione delle scorie radioattive). Solo poco più del 10% va alla ricerca sull?efficienza. L?Italia è anche un Paese estremamente favorito come disponibilità di energia solare, energia geotermica e idroelettrica e possiede discrete potenzialità eoliche e di produzione di biomasse legnose. Invece abbiamo praticamente distrutto l?industria sul solare termico, sul fotovoltaico e sull?eolico che ci vedeva leader mondiale fino a pochi decenni fa. Utilizziamo solo una piccola parte dell?enorme potenziale geotermico, e quasi esclusivamente per la produzione di elettricità, trascurando del tutto i giacimenti a bassa e media temperatura che potrebbero fornire riscaldamento e acqua calda a milioni di cittadini. Un altro vantaggio è quello di avere un modesto utilizzo di carbone e un buon utilizzo del metano. Con le politiche di utilizzo di crescenti quantità di carbone viene compromessa qualsiasi ipotesi di miglioramento per i prossimi 40-45 anni, esponendoci alle rischiosissime incognite economiche del nascente mercato delle emissioni (le riduzione non attuate saranno pagate a caro prezzo in termini di acquisto di diritti di emissione presso quei Paesi che hanno superato i loro obiettivi). L?Italia si trova ad avere oggi un parco centrali vecchio e da sostituire. Si tratta di una straordinaria opportunità di rimodellare il sistema energetico sull?alta efficienza e sulle fonti rinnovabili. Occorre quindi sostituire progressivamente le grandi centrali con centrali di cogenerazione a metano di piccola e media taglia in grado di sfruttare oltre l?80% del calore sviluppato dalla combustione del gas, fornendo in rete locale sia elettricità che calore. Questa organizzazione su scala locale si presta a una integrazione spinta con fonti rinnovabili e riduce la vulnerabilità del Paese rispetto ai rischi di blackout. Invece in Italia si continuano a programmare mega centrali e purtroppo ciò comporta comunque lo spreco di almeno il 50% del calore prodotto dai combustibili. Intoccabile industria< il="" piano="" nazionale="" di="" assegnazione="" dei="" permessi="" di="" emissione="" dei="" gas="" serra="" è="" uno="" strumento="" fondamentale="" per="" il="" controllo="" delle="" emissioni.="" esso="" dovrebbe="" prevedere="" che="" le="" imprese="" che="" producono="" i="" maggiori="" quantitativi="" di="" emissioni="" di="" co2,="" in="" particolare="" le="" industrie="" energetiche,="" ricevano="" annualmente="" un="" tetto="" massimo="" di="" permessi="" di="" emissione.="" il="" piano="" presentato="" dal="" governo="" sancisce="" invece="" l?esclusione="" del="" settore="" energetico="" da="" provvedimenti="" concreti="" nella="" riduzione="" delle="" emissioni.="" infatti="" lo="" scenario="" di="" riferimento="" per="" il="" 2010="" prevede="" un="" aumento="" delle="" emissioni="" totali="" rispetto="" all?anno="" di="" riferimento="" (1990)="" del="" 13,3%,="" consentendo="" al="" settore="" energetico="" e="" alla="" grande="" industria="" destinatari="" dei="" permessi="" di="" emissione,="" addirittura="" un="" aumento="" del="" 20%.="" dal="" momento="" che="" da="" questi="" settori="" deriva="" il="" 47,2%="" delle="" emissioni="" totali="" di="" ghg="" (gas="" serra),="" è="" evidente="" che="" si="" sia="" deciso="" che="" tali="" settori,="" non="" solo="" non="" debbano="" contribuire="" al="" raggiungimento="" di="" quella="" riduzione="" del="" 6,5%="" prevista="" dal="" protocollo="" di="" kyoto,="" ma="" al="" contrario="" siano="" autorizzati="" ad="" allontanarci="" ulteriormente="" e="" consistentemente="" dal="" suddetto="" obiettivo.="">Inversione di rotta Il WWF ritiene che solo agendo in una prospettiva di medio e lungo termine, che porterà i Paesi industrializzati (secondo quanto già dichiarato da Germania, Gran Bretagna, Olanda, Danimarca) a ridurre le proprie emissioni entro il 2030 fra il 40 e il 60%, sarà possibile ottenere il risultato di contenere in termini accettabili i gravissimi costi economici, umani e ambientali dei cambiamenti climatici. Porsi nell?ottica di Roma e quindi evitare impegni diretti fa rischiare al Paese di perdere il treno dell?innovazione tecnologica sul fronte dell?efficienza e delle fonti rinnovabili, andando incontro a costi crescenti in termini di acquisto dei diritti di emissione e di sanzioni, senza riuscire a raggiungere i pur modesti obiettivi del Protocollo di Kyoto, e rendendo problematico il raggiungimento degli obiettivi ben più consistenti in corso di definizione per i decenni successivi. In sostanza proponiamo di investire seriamente in efficienza energetica e sviluppo delle fonti rinnovabili con l?obiettivo di arrivare al 2030 con un sistema energetico in grado di garantire la flessibilità, la sicurezza e la continuità richieste, consentendo di utilizzare sempre più le fonti rinnovabili, fornendo servizi energetici di alta efficienza, riducendo in tal modo anche la dipendenza dall?estero. L?attuale sistema elettrico, fatto di produzioni concentrate in impianti di grande potenza, congeniale alle trasformazioni termodinamiche basate sui combustibili fossili, dovrebbe gradualmente essere limitato, entro il decennio 2020-2030, a una produzione strategica di base che copra non più del 50% del fabbisogno totale orientata a una futura alimentazione a idrogeno prodotto dall?acqua utilizzando fonti rinnovabili. Il restante 50% dovrebbe essere prodotto in piccoli impianti prossimi all?utenza da soddisfare, in modo da poter essere progettati per la fornitura di servizi energetici integrati di alta efficienza e garantire una elevata elasticità gestionale, adatti quindi a una progressiva alimentazione con fonti rinnovabili. Rispettando i tempi del naturale aggiornamento delle apparecchiature elettriche in uso per sostituirle, attraverso accordi quadro con i produttori e i distributori, con quelle più efficienti, si potrebbe ottenere entro il 2010, dal potenziale totale di risparmio di 153 TWh stimato dall?Anpa, un risparmio di almeno 66 TWh, corrispondenti a circa il 20% dei consumi nazionali attuali di elettricità. Nel 2010 sarebbe possibile portare le fonti rinnovabili a coprire il 30% della domanda di elettricità, cosa che considerando l?obiettivo nazionale in ambito Ue del 25% può essere ottenuto semplicemente con un incremento e sostegno aggiuntivo dei programmi già previsti. Cruciale poi la politica sulla mobilità. Riteniamo in questo campo praticabile una riduzione delle emissioni del 10% entro il 2010 e del 15% entro il 2020 solo operando sul sistema, cioè essenzialmente dando precedenza alle vie del mare per il trasporto sulla direttrice Nord-Sud e migliorando la rete ferroviaria, particolarmente carente nel Mezzogiorno. *responsabile energia e clima wwf italia NUCLEARE il grande bluff Sembrava destinato a fornire al mondo la stragrande maggioranza dell?energia. Oggi il nucleare costituisce appena il 6,9% dell?energia primaria, e secondo l?International Energy Agency questo contributo, già modesto, è destinato a ridursi al 4,3% nel 2030. Due soli Paesi al mondo, Giappone e Francia, continuano a considerare il nucleare una valida opzione. Le operazioni di stoccaggio delle scorie radioattive rappresentano il più grave dei problemi non risolti del ciclo di produzione di energia nucleare. L?Italia deve ancora fare i conti con quel poco di nucleare prodotto in passato, occupandosi dello smantellamento degli impianti e della collocazione finale dei circa 80mila metri cubi di scorie. Considerando i costi di queste operazioni certamente l?energia nucleare prodotta in Italia risulterà la più costosa mai prodotta al mondo. Nessuna attività umana viene intrapresa senza aver risolto il problema della chiusura del suo ciclo produttivo, sia in termini tecnici che economici. Le soluzioni fino ad oggi proposte sembrano rivolte a prendere tempo, nella speranza che le generazioni future trovino soluzioni efficaci. Per smantellare le centrali italiane ci vorranno 2,6 miliardi di euro entro il 2020: tanti soldi e tanto tempo. Nessuno sa con esattezza quanto costerà conservare le scorie prodotte e sorvegliarle per millenni. Questi costi devono essere inseriti nei costi del kWh prodotto come si fa per qualsiasi altro tipo di centrale elettrica. Invece si continua a sostenere che il costo del kWh nucleare sia il più basso sul mercato. CARBONE, una boccata di co2 Il carbone fossile è noto come combustibile sin dall?antichità, ma è solo dal 1700 che è divenuto una fonte primaria di energia. Canada, Nord Europa, Russia e Cina, sono le aree geografiche con i maggiori giacimenti, per un totale di 984,6 miliardi di tonnellate. In termini energetici le riserve mondiali di carbone corrispondono a 263mila EJ (1 exajoule = 1.018 Joule), quasi tre volte quelle di petrolio (96mila EJ), e 5 volte quelle di gas naturale (51mila EJ). Il 62% del carbone viene usato per la produzione e la distribuzione di elettricità e calore, il 16% per la produzione dell?acciaio e solo il 5% per uso domestico diretto. Per la produzione di elettricità gode del fatto che attualmente il suo costo è notevolmente più basso di quello degli altri combustibili fossili (olio combustibile e metano) e ciò viene a compensare i più elevati costi di impianto e di gestione del ciclo del combustibile. Su scala mondiale comunque il costo del kWh prodotto dal carbone risulta più costoso di quello prodotto dal metano; solo in specifiche situazioni, il rapporto fra i costi si inverte a favore del carbone; si tratta di situazioni favorevoli almeno nel breve termine, come quella prospettata in Italia, basata sul trasporto marittimo verso centrali localizzate sulla costa e su forniture particolarmente vantaggiose assicurate per i prossimi 5 anni. Il carbone è il combustibile con le più alte emissioni di anidride carbonica (CO2). Nelle riserve mondiali di carbone sono contenute 6.821 miliardi di tonnellate di carbonio, circa tre volte e mezzo il carbonio contenuto nel petrolio (1.930 miliardi di tonnellate) e otto volte e mezzo quello contenuto nelle riserve di metano (795 miliardi di tonnellate). Potenzialmente lo sfruttamento di questo combustibile può costituire la più grande minaccia alla stabilità del clima sul nostro pianeta. A parità di avanzamento tecnologico il carbone rimane inevitabilmente il combustibile che produce le maggiori emissioni di CO2.

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