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L’Italia osservata speciale

Non solo il nostro Paese è quello che ha ricevuto più condanne dalla Corte, ma è l’unico ad aver istituito a Strasburgo la sezione dedicata ai “processi che non finiscono mai”.

di Carlotta Jesi

«Ogni persona ha il diritto a che la sua causa sia giudicata equamente, pubblicamente e secondo un periodo di tempo ragionevole». È in nome di questo principio, al secolo l?articolo 6 della Convenzione internazionale dei diritti dell?uomo, che a Strasburgo oggi lavorano cancellieri, giudici e giuristi provenienti da ogni parte del mondo. Sono il cuore della Corte europea dei diritti umani, ossia coloro che giornalmente esaminano i ricorsi di tutti coloro che rimettono a quest?organo super partes la tutela delle loro libertà fondamentali.
Sergio Sansotta, capo dell?unità incaricata di esaminare i ricorsi che i cittadini italiani inoltrano a causa dell?eccessiva lunghezza delle cause civili, è uno di loro. E quando gli chiediamo se è vero che l?Italia è l?unico Paese ad aver dovuto istituire una unità interamente dedicata alle ?lungaggini processuali?, risponde: «Sì, ci siamo attrezzati». Ha piena fiducia nella recente ?ristrutturazione? della Corte che dovrebbe sveltire la procedura con cui la voce dei singoli cittadini raggiunge il tribunale supremo. «L?unico problema, ora che i giudici stanno in pianta stabile qui a Strasburgo riunendosi una volta a settimana invece che una al mese, è che aumentino sempre di più i ricorsi. Ma in fondo ciò indica che i cittadini conoscono e utilizzano sempre di più gli ?strumenti? dell?Unione». Insomma, gli 800 milioni di persone che popolano i 40 paesi del Consiglio d?Europa (tutte le nazioni euro-occidentali più sedici paesi postcomunisti tra cui la Russia) continueranno a scrivere alla Corte e, dato che i loro ricorsi non dovranno più ?passare? dalla Commissione dei diritti umani e dal Consiglio, dovrebbero ottenere giustizia più in fretta.
Una giustizia che non sempre si concretizza in precise richieste di risarcimento (la Corte deve infatti stabilire se è stato violato un diritto senza entrare nel merito dei processi nazionali) ma che vale soprattutto come ?monito? agli Stati. Anche se, in alcuni casi, il valore ?simbolico? delle sentenze di Strasburgo ha fatto sì che fossero riviste intere legislazioni.
«Ci fu un caso eclatante in Belgio», racconta Sansotta, «si trattava di discriminazione tra figli naturali e illeggitimi e, grazie alla decisone della Corte, cambiò la politica del Paese al riguardo».
Ma vediamo come far arrivare la propria voce alla Corte suprema: il singolo cittadino deve scrivere alla Corte cosa gli è successo e quale dei suoi diritti pensa sia stato violato, da Strasburgo gli inviano una copia della Convenzione dei diritti dell?uomo e, dopo alcune verifiche, un apposito modulo da compilare e rispedire alla Corte allegando i documenti processuali necessari. A questo punto, raccolte eventuali dichiarazioni delle altre ?parti in causa?, se il ricorso presentato comporta effettivamente la violazione di uno o più articoli della convenzione (diritto alla vita, alla libertà, a un processo equo, al rispetto della vita privata, alla libertà di pensiero, d?espressione e di riunione, al matrimonio o alla proprietà) viene giudicato da una Corte ristretta di sette giudici per i casi più semplici e da diciassette giudici per quelli più gravi.
Funzionerà? I numeri, in mezzo secolo di attività la Corte ha emesso oltre 1000 sentenze di cui 470 di condanna di governi di vari Paesi, dicono sì.

Indirizzi

Corte Europea per i diritti umani. Consiglio d?Europa
67075 Strasburgo, Francia
Sito lnternet :www.dhcour.cie.fr

Rappresentanza italiana della Commissione europea
Roma: via Poli 29
Tel: 06/699991; fax: 06/6791658
Milano: corso Magenta, 59
Tel: 02/4675141; fax: 02/4818543

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