Formazione

L’Italia del nostro scontento

Il Belpaese nei racconti di otto immigrati che hanno partecipato al concorso letterario Eks&Tra. E hanno vinto

di Cristina Giudici

Raccontano l?Italia attraverso gli occhi di un alieno buono o di un cattivo traduttore. Usano frasi ?ibride?, frutto dell?incontro di tante culture. Parlano con la freschezza di chi da tempo ha smesso di avere una patria e vive affidandosi a un destino capriccioso. Narrano città sconosciute che hanno nomi conosciuti, come Modena, Bologna o Roma. Usano scenari e metafore apocalittiche e vivono in mondi fantastici segnati dalla sofferenza di un? esistenza interiore troppo precaria. Gli immigrati che hanno partecipato e vinto il concorso letterario Eks&Tra per scrittori stranieri di lingua italiana rappresentano una piccola vittoria della realtà sui luoghi comuni. Gli otto vincitori del concorso ideato dalla casa editrice riminese, Fara Editore, vengono dai luoghi più lontani, sono di tutte le età e portano con sé storie che distruggono gli stereotipi sugli stranieri approdati in Italia. Non sono venditori ambulanti, e neanche piccoli banditi impiegati dai signori della microcriminalità. E soprattutto non sono arrivati qui per inseguire il grande sogno, sbarcando una notte sulle coste pugliesi: sono studenti, figli di coppie miste, stranieri di seconda generazione nati in Italia, professionisti, mediatori culturali, scrittori o psicologi. E soprattutto possiedono sogni che vengono da lontano e non vogliono dimenticare. Perciò scrivono. Scrivono perché vogliono raccontare la loro, anzi le loro tante ?Italie?, oppure per spiegarci la loro cultura, frutto dell?incontro con la nostra. Scrivono perché ce l?hanno con il razzismo gentile degli italiani e perché hanno idee e talento da vendere. Nell?antologia che raccoglie i racconti vincitori, alcuni scritti e poesie non premiate, ma degni di nota (e di pubblicazione), Parole oltre i confini, i curatori Roberta Sangiorgi e Alessandro Ramberti affermano: «Ci sono parole che creano frontiere, steccati invisibili di odio e di incomprensione; ci sono parole invece che abbattono i confini. Sono le parole di uomini e donne accomunati da un medesimo destino: il viaggio verso l?ignoto di culture diverse. Parole di nostalgia, di rabbia, di tristezza, di saggezza». In cinque anni di attività l?archivio di Eks&Tra ha raccolto 1200 testi, poesie, racconti autobiografici, brevi saggi, romanzi scritti e inviati da stranieri di tutte le nazionalità che hanno preferito esprimersi in lingua italiana. Si tratta di un?esperienza rivelatrice che dimostra quanto la nostra società oggi abbia assorbito altre culture. La giuria infatti è composta da scrittori stranieri come Saidu Mussa Ba, senegalese, Erminia dell?Oro, italiana d?Eritrea, e professori universitari italiani come Graziella Parati, docente al Dartmouth College (Usa). I racconti non si limitano a narrare la condizione di immigrati, che vivono ai margini della società ma gli autori spaziano su vicende che riflettono la loro ricchezza culturale. Come dimostra la rivelazione del concorso, il giovane Jadelin, congolese che ha scritto La storia di S. D., che significa Esse di Stronzo e racconta la storia parallela di due pianeti: Terra ed Anarchia. Un racconto dai toni pulp, dove l?autore usa frasi dissacranti e parole nonsense per raccontare l?Italia, ma anche il mondo globale, un universo crudele, abitato da miserabili, dove si susseguono situazioni paradossali. La storia gira su uno scambio di alieni fra i due pianeti: «Il pianeta Anarchia», scrive,«era identico al nostro, in quanto al peso e alla densità della popolazione. I nomi, le età e le fisionomie coincidevano nei soggetti di due Paesi». Entrambi i protagonisti, i due alieni si chiamano Stronzo, ma mentre il terrestre andrà su Anarchia per diventare un dittatore, l?abitante di Anarchia verrà accolto in Terra come un eroe, ma presto verrà abbandonato da tutti perché ricco di sani principi. Meteco. L?uomo che baciava i libri è stato scritto interamente in una cella di punizione, ma racconta di un altro ghetto, quello che ai margini di Roma vede scontrarsi i borgatari della capitale con gli stranieri che sopravvivono nei centri sociali, fra risse, sbronze e feroci aggressioni. Un mondo dove non esiste pietà né compassione. Fra i vincitori ci sono anche molti scrittori per caso, che hanno partecipato al concorso per manifestare la propria rabbia e il senso di disagio che li accompagna ogni giorno, nella vita quotidiana. Come La storia di Fatima , la storia di un?ingiustizia, inventata, che assomiglia molto a quelle che accadono nella realtà di tutti i giorni. Gertrude Sokeng, studentessa del Camerun, scrive per non perdere la propria memoria e descrive il dramma che ogni giorno ascolta dai suoi compaesani. La storia di Fatima , è la storia di una donna marocchina arrivata in Italia per ricostruire la vita di suo marito, morto in Italia in uno strano incidente. La polizia pensa che lu sia stato coinvolto in loschi affari, così Fatima indaga da sola e scopre che suo marito non solo era innocente, ma che il suo sogno era naufragato sotto il peso delle discriminazioni sin dal suo arrivo «…O forse perché negli stessi luoghi che furono teatro della tragedia», scrive la Sokeng, «sto cercando di liberarmi da quelle catene di dolore che mi hanno tenuto a lungo prigioniera…». Fra gli altri testi vale la pena di menzionare Naufragio, lo splendido racconto che chiude l?antologia della messicana Martha Patiño. L?autrice, usa il mito virgiliano di Enea per far parlare il personaggio migrante, un anti eroe che senza gloria sbarca ogni notte su qualche costa italiana. Così, la discesa negli inferi viene raccontata attraverso il viaggio per mare, viaggio dentro l?inconscio e la storia dei popoli. «C?é dentro di noi», scrive la Patiño, «poveri mortali, una forza spirituale che va ben al di là del dolore o della volontà. Dopo tanto fuggire dalla devastazione e poi il naufragio nel mare per lunghi giorni, c?é ancora speranza nel mio volto solcato da molte amarezze». Jadelin Mabiala Gangbo Congo Vive a Bologna, ma è nato a Brazzaville, in Congo. Il suo primo racconto, L?uomo del violino, l?ha scritto a diciassette anni. S. D., premiato quest?anno, è un racconto pulp. A settembre Mabiala, che ha studiato per diventare il cuoco a Bologna e ha vissuto di stenti per vari anni, pubblicherà il suo primo romanzo Verso la notte di Bokanga ( ed. Portofranco). Mabiala ha 23 anni ed è arrivato in Italia quando ne aveva solo sei. Il suo racconto rappresenta la grossa novità del concorso di quest?anno. Martha Elvira Patiño Messico «Sono nata per caso a Città del Messico», dice la giornalista e scrittrice messicana arrivata in Italia, a Nettuno, 14 anni fa. Martha Patiño ha 42 anni, è sposata con un ricercatore romano e ha due figli. Ha già scritto vari racconti e sceneggiature di programmi radiofonici per bambini. In Italia lavora come mediatrice interculturale, insegna danza e ogni tanto gira l?Italia, in compagnia di un gruppo musicale Mariachi. Il suo racconto, s?intitola Naufragio . Nella foto il libro che raccoglie i racconti dei vincitori. Gertude Sokeng Camerum Studentessa di medicina a Varese, Gertrude è un?aspirante scrittrice. É arrivata dal Camerun sei anni fa per fare l’università e, fra il lavoro di assistenza agli anziani e gli esami, ha scritto e messo nel cassetto alcuni racconti sull?Africa. «Vorrei scrivere le storie di tutti i giorni che accadono in Africa perché arrivando in Italia, mi sono resa conto che esistono troppi stereotipi e luoghi comuni sui nostri paesi», ha detto Gertrude. La storia di Fatima, premiato da Eks&Tra è il suo primo successo. F. R. Andriamaro Madagascar Vive a Modena, dove si sta laureando in psicologia e sogna di diventare insegnante e magari scrittrice. Il suo esordio Chiamatemi Mina racconta le difficoltà di una ragazza malgascia, nata in Italia, che fa fatica a integrarsi, ad accettare di non essere ?né qui- né là ?. Figlia di genitori immigrati dal Madagascar, Fitahianamalala è nata e cresciuta a Modena, ha 28 anni, un fidanzato italiano e narra con molta freschezza i limiti ma anche i vantaggi di essere immigrati di seconda generazione. Amik Kosoruho Albania Albanese, è nato a Tirana 67 anni fa. Alla fine degli anni ?40 è stato imprigionato dalla polizia politica del regime comunista di Hoxha. Per sette anni è stato detenuto nel carcere di massima sicurezza di Tirana. Il lunghissimo volo di un?ora, che si è meritato il premio ?99 del concorso letterario, narrra il tormento di un uomo in fuga verso la libertà. Kosoruho vive a Roma dal 1990 e ha già pubblicato un testo sugli anni bui della dittatura: Un incubo di mezzo secolo, l?Albania di Henver Hoxha. Imed Mehadeb Tunisia Viene dalla Tunisia, ma per sfortunate circostanze della vita, attualmente vive nella casa di reclusione di Brucoli a Siracusa. Imed è la seconda rivelazione che arriva dal carcere. Anche l?anno scorso, fra i racconti premiati da Eks&Tra c?era quello di un detenuto, il siriano Wakkas. Meteco. L?uomo che baciava i libri è il suo primo racconto, ma Imed ha donato i proventi del suo premio, di 900 mila lire, alla comunità di don Andrea Gallo che ha conosciuto a un Rave party di prostitute, diseredati e fuggitivi. Bozidar Stanisic? Bosnia Viene da Visoko, dove è nato 43 anni fa, ma fino al 1992 ha vissuto a Maglaj, a nord di Sarajevo, dove insegnava lingua e letteratura. Dopo alcune missioni pacifiste, è fuggito in Slovenia e poi in Friuli, a Zugliano. In Bosnia ha pubblicato saggi di critica letteraria, libri di narrativa e testi per l?infanzia. In Italia, prima del Rapimento, premiato quest?anno, ha scritto I buchi neri di Sarajevo, racconto inserito nella raccolta Dizionario di un paese che scompare. Gabriella Ghermandi Etiopia Nata da padre italiano e madre eritrea, è cresciuta in Etiopia fino all?età di quattordici anni. Gabriella Ghermandi ha 34 anni ed è emigrata in Italia nel settenbre del 1979 per motivi politici. Nel Il telefono del quartiere racconta il suo viaggio di ritorno, dopo vent?anni, nel suo paese natale. «Questi anni vissuti a Bologna sono stati un lungo lutto senza fine perchè il mio cuore si chiede ancora perchè me sono dovuta andare», ha scritto. A Bologna lavora in progetti mirati all?interculturalità


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA