Mondo

L’isola dell’Olocausto

Qui le forze armate indonesiane stanno applicando un modello già visto: pulizia etnica, stupri, sterminio dei cattolici. E non da oggi. Lo dicono le organizzazioni non governative

di Gabriella Meroni

Oggi tutte le televisioni e i giornali del mondo volgono i riflettori verso questo puntino nell?Oceano Indiano, Timor Est, minuscola isola molto meno nota finora della vicina turistica Bali. Ma chi è abituato a guardare il mondo con occhi meno miopi di quelli dei mass media sa bene che a Timor la tragedia di questi giorni è solo il risultato di decenni di terrore e violazioni dei diritti umani. Lo sanno bene le ong, lo sa Amnesty International, lo sa l?Onu. Le stesse Nazioni Unite che rifiutarono di riconoscere l?invasione indonesiana a Timor Est nel 1976 bollandola come «un atto di aggressione illegale per il diritto internazionale e una violazione del diritto di autodeterminazione di Timor Est». Subito dopo, dal 1976 al 1979, si scatenò una guerra civile che fece 200 mila vittime, rappresentando – su una popolazione di allora 600 mila abitanti – una strage proporzionalmente più grave dell?Olocausto, ha scritto Noam Chomsky. Dopo il 1991, quando oltre 100 persone vennero fucilate durante una manifestazione pro indipendenza, Timor Est entrò nel mirino delle organizzazioni per la difesa dei diritti umani; ma già prima, negli anni ?80, Amnesty International aveva denunciato abusi, uccisioni di massa, ?liste nere? di oppositori politici e detenzioni di oltre 20 anni per motivi d?opinione. Dal 1983 all?86 a Timor Est 5000 persone imputate di reati minori vennero giustiziate per ordine del governo prima del processo; nel 1988 migliaia di timoresi orientali furono arrestati con l?accusa di far parte di una ?setta cattolica?; nel ?90, 200 persone ?simpatizzanti? del partito indipendentista, il Fretilin, furono torturate in carcere con elettroshock, ustioni e immersioni per giorni in cisterne piene d?acqua. Venendo agli anni più vicini a noi, la situazione non fa che aggravarsi. La ong australiana Ethrc (East timor Huyman Right Centre) ha raccolto nel 1996 e 1997 47 rapporti che mettono nero su bianco torture, esecuzioni extragiudiziali e sparizioni, anche di madri con bambini piccolissimi. Nel 1996 si moltiplicano gli arresti di massa di indipendentisti; in un solo giorno a Viquenque vengono arrestate 137 persone senza prove. I ?boat people? che tentano di abbandonare Timor con natanti di fortuna non si contano più. Nel 1998 un ricercatore australiano, George Aditjondro, compila per l?Onu uno sconvolgente rapporto sulla condizione femminile a Timor Est. «Lo stupro è la forma di tortura più comune», scrive Aditjondro, «praticata dai soldati d?occupazione. È un?arma utilizzata per sottomettere il popolo e distruggerne la cultura, ?purificandone? la razza». L?Ethrc parla anche di sterilizzazioni forzate avvenute sotto l?egida del governo indonesiano, che ha varato a questo scopo un piano governativo di pianificazione familiare (Keluarga Berencana Nasional). In queste ore si moltiplicano i massacri di religiosi cattolici, ritenuti «rivoluzionari, fomentatori di rivolte», come spiega il coordinatore dell?Ufficio progetti all?estero dell?associazione Amici di Raoul Follerau (AiFo), Sunil Deepak. Tanto che i numeri diffusi dall?agenzia stampa vaticana Fides sono impressionanti: metà dei religiosi presenti a Timor Est sono stati uccisi o costretti a fuggire. Secondo i dati ufficiali della Conferenza Episcopale Indonesiana, prima dello scoppio della violenza, nella diocesi di Dili vi erano 44 preti in 21 parrocchie, nella diocesi di Baucau c?erano 9 preti per 9 parrocchie. Ma erano gli ordini religiosi a costituire il nerbo della Chiesa locale, con circa 160 religiosi e 300 religiose. Tra loro, le vittime accertate sono nove (tre sacerdoti nella parrocchia di Suai, un gesuita di Dili, il direttore della Caritas di Timor Est e quattro suore ancora da identificare) mentre non si sa più nulla di altri 4 preti e 4 suore che risultano ufficialmente ?dispersi?. Per loro le preoccupazioni in Italia crescono di ora in ora. «Di sette sorelle ancora nessuna notizia» dice a ?Vita? , madre Ilva Fornaro, superiora generale delle Canossiane (109 suore a Timor). L?appello delle ong e delle congregazioni è oggi per un intervento internazionale che non tardi un?ora di più, e l?invito ai governi occidentali a sospendere tutte le attività commerciali con l?Indonesia, anche quelle dei tour operator sino a che la violenza non finisca. Per aiutarli Per sostenere le iniziative dell?associazione Amici di Raoul Follereau a Timor e in Indonesia: c/c postale 7484, intestato all?AiFo, causale Timor/Indonesia AiFo via Borselli 4/6, 40135 Bologna Tel. 051/433402; fax: 051/434046 E-mail. aifo@iperbole.bologna.it Vides (Volontariato internazionale donna educazione sviluppo) via San Saba 14, 00153 Roma Tel: 06/5750048; fax: 5750904 E-mail: md4247@mclink.it Associazione Noi per loro via Maria Ausiliatrice 32, 00195 Torino Tel. 011/5224619; fax: 5224695 E-mail: mdbitaly@fileita.it Istituto Figlie di Maria Ausiliatrice via Ateneo Salesiano 81, 00139 Roma. Tel: 06/872741; fax: 06/87132306 E-mail: dmanews1@cgfma.org Caritas italiana viale Baldelli 41, 00146 Roma Tel: 06/541921; fax: 06/5410300 E-mail: caritasitaliana@caritas.inet.it a cura di P. Giovanelli


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