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Linvadenza dello Stato la rivolta della società
Uno Stato sempre più accentratore che gestisce tutti i servizi. È questa la nuova Costituzione? Le associazioni del Terzo settore non ci stanno. Ma non sono le sole. Anche nel Pds cè chi bacchetta D
E alla fine rimase tutto come prima. Dopo sei mesi di lavori, la montagna della Bicamerale ha partorito il topolino, cioè ha lasciato tutto com?era su un punto fondamentale del nuovo volto dell?Italia: la sussidiarietà. Addio dunque al primato dei cittadini e delle loro associazioni sull?apparato statale: i corpi intermedi rimangono la comoda stampella su cui le istituzioni si appoggiano quando non riescono a rispondere ai bisogni dei cittadini. Lo Stato è ancora l?unico titolare del ?servizio pubblico?, e alla società civile non resta che coprire i buchi lasciati dal Grande Gestore, e magari pure essergli grati per lo spazio concesso.
Questo lo scenario disegnato dal voto della Camera, che lo scorso 19 marzo ha respinto un emendamento all?articolo 56 della Costituzione, presentato a titolo personale dall?onorevole Guarino del Ppi, che sembrava aver messo d?accordo la maggioranza dei parlamentari, decisi a introdure la sussidiarietà nel dettato costituzionale. «Le funzioni che non possono essere più adeguatamente svolte dall?autonomia dei privati», recitava l?emendamento Guarino, «sono ripartite tra comunità locali, organizzati in Comuni e Province, le Regioni e lo Stato, in base al principio di sussidiarietà».
Al momento del voto, però, la maggioranza che avrebbe dovuto sostenere l?emendamento è mancata, e si è dunque ritornati alla versione precedente, approvata lo scorso settembre, che di fatto elimina la sussidiarietà riconoscendo che «le funzioni pubbliche sono attribuite a Comuni, città metropolitane, Province, Regioni e Stato». Bocciato anche un secondo emendamento, presentato sempre da Guarino, che introduceva una quota ?proporzionale? sulla sussidiarietà: funzioni pubbliche attribuite allo Stato, ma da esercitare «in maniera proporzionata ai principi e alle finalità di interesse generale previste dalla costituzione». L?onorevole Guarino si è detto «amareggiato sul piano oggettivo» – più che su quello personale – dall?esito della votazione, dopo la quale sono immediatamente scattate le polemiche. Troppe assenze, infatti, sia sui banchi dell?opposizione che su quelli della maggioranza avrebbero determinato il risultato, sottolineando soprattutto lo scarso interesse da parte di molti deputati per una questione che invece è di vitale importanza per la nuova concezione di Stato che dovrà nascere dalla Bicamerale.
Ma come biasimare i deputati, se è stato lo stesso presidente della Bicamerale, Massimo D?Alema, ad aver espresso per primo un sarcastico distacco? «Non capisco perché si drammatizzi tanto il voto sulla sussidiarietà», ha dichiarato D?Alema dopo la bocciatura. «In realtà questo voto non sposta per nulla l?asse delle riforme istituzionali». Un giudizio che ha spiazzato lo stesso Guarino («se è una considerazione politica, la trovo per lo meno sorprendente», ha dichiarato a ?Vita?), ma non solo. Non è per niente condiviso da altri esponenti del Pds, come ad esempio il responsabile di partito per l?associazionismo, Giovanni Lolli. «La questione della sussidiarietà è fondamentale per disegnare il nuovo volto dello stato sociale», ci ha detto.
«Non aver introdotto il principio di sussidiarietà è un?occasione mancata, come hanno giustamente affermato i responsabili del Forum del Terzo settore. Tanto più che secondo me il futuro del Welfare italiano sarà un modello misto, in cui lo Stato indirizza e controlla i servizi, ma non li gestisce».
D?accordo con l?analisi di Lolli è anche l?economista di area Pds Nicola Rossi, già membro della commissione Onofri sullo Stato sociale ed editorialista dell?Unità. Per lui, la definizione di ?servizio pubblico? non è legata alla gestione statale. «Nessun servizio deve essere gestito per forza dallo Stato, neanche l?energia elettrica», sottolinea. «Anche altri servizi, come sanità e istruzione, possono essere forniti da privati. Tutta la questione del Terzo settore sta qui, ma il punto è un altro», precisa. «Occorre stabilire se e in quali casi un?attività di servizio pubblico debba essere sussidiata economicamente dalla collettività». «Penso al modello inglese, che finanzia le singole persone per permettere loro di accedere ai servizi, non importa se gestiti dallo Stato o dai privati», gli risponde Vittorio Veltroni, 27 anni, nipote di Walter e autore di un saggio sullo Stato sociale. «Un sistema che conosco, a cui guardo con simpatia e che si basa sulla concorrenza tra Stato e privati, su chi gestisce meglio i servizi. In questo modo si innesca una gara virtuosa tra Stato e privati, in cui a guadagnare è proprio l?utente, il cittadino. Da un certo punto di vista sarebbe meglio se l?istituzione offrisse i servizi attraverso le organizzazioni libere, invece che con la gestione diretta. Ci guadagneremmo tutti in efficienza». E se lo dice il nipote di Veltroni…
Le tre versioni della sussidiarietà: giudicate voi e poi scriveteci
L?articolo 56 della Costituzione riguarda le funzioni pubbliche. Nel testo attuale, cioè quello approvato dalla Bicamerale a settembre, tali funzioni sono assegnate alle istituzioni ?nel rispetto? dell?autonomia dei cittadini. Ben diversa era la formula approvata in Bicamerale a giugno ?97, che rispettava il principio di sussidiarietà, attribuendo allo Stato solo le funzioni ?che non possono essere più svolte adeguatamente dai privati?. L?emendamento Guarino riprendeva questo concetto dicendo che lo Stato esercita le proprie funzioni con finalità di interesse generale quando i privati non le possono più garantire. Ma è stato respinto.
L?ARTICOLO 56: COME ERA
Le funzioni che non possono essere più adeguatamente svolte dall?autonomia dei privati sono ripartite tra le comunità locali, organizzate in Comuni, Province, Regioni e Stato, in base al principio di sussidiarietà e differenziazione, nel rispetto delle autonomie funzionanti riconosciute dalla legge.
La titolarietà delle funzioni spetta agli enti più vicini agli interessi dei cittadini secondo il criterio di omogeneità e adeguatezza delle funzioni organizzative rispetto alle funzioni medesime.
(giugno 1997)
COME È ATTUALMENTE
Nel rispetto delle attività che possono essere adeguatamente svolte dall?autonoma iniziativa dei cittadini, anche attraverso le formazioni sociali, le funzioni pubbliche sono attribuite a Comuni, città metropolitane, Province, Regioni e Stato sulla base dei principi di sussidiarietà e differenziazione.
(settembre 1997)
COME POTEVA ESSERE
Lo Stato, le Regioni, le Province e i Comuni esercitano le funzioni a essi attribuite, in conformità alle finalità di interesse generale previste dalla Costituzione (…) quando il conseguimento di tali finalità non può essere adeguatamente assicurato dall?autonomia dei privati, anche attraverso le formazioni sociali. La titolarità delle funzioni compete rispettivamente a Comuni, Provincie, Regioni e Stato in base ai principi di sussidiarietà e differenziazione e secondo criteri di omogeneità e ragionevolezza. La legge garantisce le autonomie funzionali.
(emendamento bocciato il 19/3/98)
L?opinione di Giuliano Da Empoli
Istituzioni, un passo indietro
Sono completamente a favore del principio di sussidiarietà. Contro chi sostiene che è il privato, la società a essere residuale, io sostengo che è invece lo Stato a dover essere residuale, cioè deve provvedere solo quando il mercato o le associazioni di cittadini non riescono a garantire i servizi di cui tutti abbiamo bisogno. Questo principio, non nuovo, è tanto più attuale oggi, perché ci stiamo muovendo in una direzione in cui sempre di più si ricorrerà a meccanismi di mercato e associazionismo per provvedere a bisogni cui un tempo si pensava dovesse e potesse provvedere solo lo Stato. È il nuovo Stato sociale. Questa questione investe direttamente, quindi, il concetto di servizio pubblico, che secondo me è pubblico oggettivamente e non soggettivamente: il pubblico, cioè, sta nella funzione del servizio che si offre e non nel soggetto che lo offre. Se ci sono dei soggetti privati o del Terzo settore in grado di svolgere determinati servizi è molto meglio piuttosto che li svolga lo Stato, anche perché questo comporta un risparmio da parte dello Stato stesso. Ma non solo: il problema dell?intervento statale nel settore sociale negli ultimi anni ha fatto sorgere una quantità impressionante di problemi, dalla mancanza di trasparenza al fatto che molti meccanismi di solidarietà sono stati spazzati via. Reintrodurre invece i corpi intermedi è dunque fondamentale da questo punto di vista, oltre che in sé conveniente.
saggista
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