Welfare

L’insostenibile peso della libertà

Riflessioni a cuore aperto di una volontaria: "Chi esce all’improvviso spesso non è in grado di gestirsi autonomamente".

di Ornella Favero

“Paura della libertà” è un?espressione forte, che chiunque istintivamente sarebbe portato a ritenere assurda: dopo anni di galera, si pensa che uscire sia solo liberazione, gioia, voglia di ritrovare una condizione di vita accettabile. Si dimentica però una verità fondamentale, che oggi torna fuori prepotentemente, nel momento in cui, a distanza di pochi mesi dalla riconquistata libertà, cominciano a esserci i primi rientri in carcere: se uno esce e non ha nessuno che lo aspetti, un ambiente alle spalle capace di proteggerlo, si ritrova prigioniero di se stesso e della solitudine. E allora fatica a rispettare le regole, anche le più piccole, quelle che ti chiedono di rientrare a casa a una certa ora, o non abusare di alcolici. Il fatto è che l?indultino è un provvedimento a metà strada tra l?indulto vero e proprio, dove invece esci e sei libero, senza orari da rispettare, senza prescrizioni, e la misura alternativa. Al contrario di quest?ultima, però, arriva all?improvviso senza il tempo di abituarsi alla vita di fuori. Spesso quindi le persone che escono dal carcere si ritrovano in un territorio poco pronto ad accogliere, a volte perfino ostile, e dalla loro parte non hanno risorse personali e familiari valide. Lo spiega bene un detenuto, commentando i primi rientri in carcere di persone che non hanno retto al peso della libertà: “Alcuni compagni usciti con l?indultino sono già stati chiusi di nuovo in carcere e mi sembra che a nessuno di loro mancasse la volontà di restare fuori rispettando le regole, tanto è vero che non sono rientrati per aver commesso un reato”. Molte delle persone che hanno usufruito dell?indultino erano da tempo nei termini per uscire con le misure alternative, ma non erano ancora riuscite a costruirsi un percorso di quel tipo. Allora è difficile pensare che queste persone, una volta fuori, abbiano da subito la capacità di organizzarsi e gestire la propria vita, rispettando regole, orari ferrei, non affidandosi all?alcol come una via d?uscita alla solitudine. Proprio l?alcol rischia di essere il compagno più assiduo: se si sta fuori per lavorare e si rientra la sera, e il poco tempo libero davvero, quando c?è, non si sa con chi passarlo, è difficile reggere il peso della libertà. Che cosa ci piacerebbe allora sognare? Un territorio più attento, iniziative perché queste persone siano meno sole, luoghi dove ci si possa sentire ancora utili, magari in un?attività sociale che sia anche coinvolgente, e non solo concepita come riparazione del danno che queste persone hanno fatto alla società.


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