Welfare

L’informazione al guinzaglio

Quando le vittime di un clamoroso caso giudiziario francese hanno chiesto a 40 giornali di verificare con un’inchiesta l’inconsistenza delle accuse, non hanno avuto neanche una risposta.

di Redazione

Come se ne esce? Come si fa ad evitare che la stampa trasformi un semplice ?sospetto? in un mostro ? è questa la domanda cui mi è stato chiesto di rispondere in virtù dell?esperienza maturata durante la realizzazione del documentario Mostri di carta che mi ha permesso di avvicinare, intervistare, conoscere alcune persone innocenti trasformate dalla stampa in assassini o pedofili. Ci ho riflettutto e la risposta più onesta a questa domanda è forse quella di dire che non se ne esce, che è ormai troppo tardi, che i media hanno già fatto la loro scelta. Una scelta che sacrifica in nome del diritto all?informazione, la presunzione di innocenza di chi è sotto inchiesta. L?arma della discrezione Al termine del duello finale tra Prodi Berlusconi, lunedì 3 aprile, il giornalista Giuliano Ferrara ha posto una domanda cinica, agghiacciante, ma nello stesso tempo importante ai suoi ospiti e, indirettamente, al pubblico a casa. In margine al caso del piccolo Tommaso ha chiesto: che cosa sarebbe successo se Berlusconi avesse dichiarato in diretta tv, «mi batterò per introdurre la pena di morte!»? Forse – la risposta era implicita nella domanda -avrebbe vinto le elezioni. Non so se il conduttore di 8 e mezzo avesse ragione, ma la sua domanda mette sul tavolo quello che mi sembra essere il problema centrale nei rapporti fra stampa e cronaca giudiziaria. Ossia quella dello spazio, dell?importanza esagerata che casi come quello del piccolo Tommaso occupano nei telegiornali e sulla stampa scritta. Tornando alla domanda iniziale: come se ne esce? La mia prima risposta è: con discrezione. Cercando cioè di riportare vicende come quella di Tommaso a una dimensione più modesta: quella cioè di una tragedia privata, consumatasi in provincia che merita certo di essere riferita ma che non può occupare per decine di giorni le prime pagine di giornali a tiratura nazionale. è possibile ? è quanto avviene in parte in Svizzera dove, perlomeno in televisione, la cronaca nera ha uno spazio decisamente più limitato rispetto all? Italia. L?eccezione italiana Ma allora perché in Italia questo non accade? Forse perché la cronaca nera, il bambino ucciso o violentato, il mostro presunto o reale, attirano l?attenzione del pubblico, fanno audience, e in un regime di concorrenza spietata fra tv pubblica e privata come quello italiano, i direttori dei tg non possono non tenerne conto. Il riferimento all?audience sposta il problema delle responsabilità anche su un altro attore: il pubblico appunto. Perché anche chi guarda o legge è responsabile ! Credo che un invito alla resistenza, a cambiare canale, a voltare pagina di fronte a certe notizie possa essere una seconda ricetta per cambiare rotta. Ma il riferimento all?Auditel introduce anche un altro tema che il caso di Tommaso ha evidenziato solo in parte: quello del destino di chi – come è capitato al padre di Tommy – viene messo per sbaglio sotto accusa. Nella maggioranza dei casi questi ?presunti colpevoli? finiscono in carcere, subiscono un processo mediatico, prima di essere rilasciati magari a mesi di distanza. Trasformati in mostri, dopo l?arresto di loro non si interessa più nessuno. E se fossero innocenti? Quasi mai, fra le decine di giornalisti che coprono la notizia dell?arresto, c?è chi si pone questa domanda. Il caso di Outreau Il caso più clamoroso in tal senso è avvenuto a Outreau, nel Nord della Francia, nel 2002, dove 14 persone hanno trascorso in carcere più di due anni, prima di essere liberate. Tutte erano accusate di pedofilia, tutte erano innocenti. Sul caso Outreau sono stati scritti nel frattempo decine di libri. Dopo l?assoluzione, la stampa ha parlato di una Chernobyl della giustizia francese, di un fiasco colossale dell?istituzione giudiziaria. E la stampa in tutto questo ? Durante le riprese del documentario ho intervistato uno dei 14 innocenti: il taxista Pierre Martel, oggi una sorta di simbolo. Durante la sua detenzione, la sua famiglia ha scritto ad oltre 40 giornali chiedendo loro di iniziare un?inchiesta per denunciare l?errore che si stava consumando a Outreau. Niente, nessuna reazione. Soltanto tre giornali si sono degnati di rispondere dicendo che non avevano i mezzi per indagare. La conclusione di questa storia è amara: il caso Outreau mostra bene come il ruolo della stampa si sia sistematicamente ridotto a servire da cassa di risonanza a un fatto. Nessuno sguardo critico sulla realtà. A Outreau, per circa due anni, la stampa francese ha rinunciato ad uno dei suoi compiti fondamentali: quello cioè, nel caso di un?inchiesta giudiziaria, di mantenere uno sguardo vigile oltre che sul ruolo degli indagati anche su quello degli inquirenti o delle forze di polizia. La presunzione di innocenza, per concludere, può insomma essere difesa soltanto da una stampa disposta a rispondere attraverso un lavoro d?inchiesta lungo, faticoso e per gli editori anche costoso, a una domanda fondamentale: e se quella persona arrestata fosse innocente? Di Roberto Bottini Vedere i mostri di carta Roberto Bottini è un giornalista della tv della Svizzera italiana e lavora nella redazione del settimanale Falò. Insieme ad Harry Haener ha girato un documentario, Mostri di carta, dedicato alle vittime di errori giudiziari in casi di pedofilia, che, andato in onda il 2 marzo scorso, ha sollevato un grande dibattito. Il documentario è scaricabile al sito http://www.rtsi.ch/trasm/falo


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