Volontariato

L’incontro nella scuola delle violenze. Rivedersi a Genova

Alla Diaz poliziotti e manifestanti faccia a faccia. per cercare le ragioni di quanto successe un anno fa, un confronto inedito, utile. (di Daniela Binello)

di Redazione

Genova, luglio Sara ?80, Ivan ?77, Cristian ?77, Stefania ?72, Vito ?78, Matteo ?71, Lorenzo ?63, Arnaldo ?39, fino a Emiliano ?l?evaso? che quella notte si buttò da una finestra sulle scale, si ritrovò su un?impalcatura (la scuola era un cantiere aperto e questo spiega anche la confisca di picconi e martelli da muratore) e senza sapere dove e come sarebbe atterrato (ma gli andò di lusso), se la diede a gambe come un leprotto saltando aiuole, recinzioni, fino a mettersi definitivamente in salvo come nel finale di Qualcuno volò sul nido del cuculo. Sono quelli della Diaz (altri non hanno potuto esserci), pestati a sangue nella notte del blitz della Polizia, fra il 21 e il 22 luglio di un anno fa. A Lorenzo Guadagnucci, giornalista, come tutti gli altri saccopelisti che dormivano nella Diaz-Pertini subì lo stesso trattamento, e, dopo averlo raccontato per filo e per segno nel suo libro Noi della Diaz, si è testardamente messo alla ricerca dei compagni di disavventura. Eccoli adesso ritrovarsi a parlare con i sindacalisti del Siulp e del Silp, due sindacati della Polizia. AltrEconomia e PeaceLink, con la collaborazione della città di Genova, hanno curato l?organizzazione di questo incontro. La rimilitarizzazione I poliziotti che sono venuti a intavolare un dialogo con la società civile non sono quelli che brandivano i Tonfa su manifestanti inermi. Comincia Rita Parisi, la segretaria del Siulp di Bologna. Descrive il clima da rimilitarizzazione (ma non era finita?) che si vive in polizia, dove è vietato tutto, anche tenere una tv o un frigo negli alloggiamenti, leggere i giornali, informarsi o fare domande ai superiori. «Non sapevamo nulla del Movimento no global, ci era stato detto solo che erano persone pericolose», spiega la sindacalista. «La cultura gerarchica da noi è esasperata. Il poliziotto non ha rapporti né con la legge né con i diritti, ma solo con il suo superiore». E poi c?è l?ossessione per l?uniforme che si deve indossare anche se si fa servizio solo negli uffici. Senza soldi per comprarle da parte dell?amministrazione, i poliziotti li tirano fuori di tasca loro per averne una di cambio con tutti gli accessori. La Parisi continua a raccontare cose allucinanti, che in genere i civili non immaginano neanche. Per esempio, che gli agenti per i primi quattro anni dall?assunzione devono obbligatoriamente vivere in caserma, anche se sono sposati e hanno figli. E che se fanno carriera vengono trasferiti in una sede lontana sia dalla regione d?origine che dalla città dove risiedevano. Di chi è la Polizia «Non abbiamo parole per quanto è successo alla Diaz», afferma la poliziotta , ma lo sa anche lei, e si capisce dal suo imbarazzo che credere che si sia trattato solo un ?eccesso? è dura, molto dura. «L?ordine pubblic è stato da sempre sottoposto alla volontà politica», afferma Aldo Tarascio del Silp genovese, «mentre la polizia giudiziaria dipende dalle nostre istituzioni. A Genova, però, si è concretizzato un cambiamento storico, dalla prevenzione alla repressione. Qual era lo scopo? Far capire che la Polizia non è dei cittadini, ma è di uno o due partiti politici». E Fabio Occhi, il segretario generale del Silp ligure, aggiunge: «Nessuno c?insegna le norme del Codice penale. Alcuni di noi si documentano per conto proprio, ma non è facile in un ambiente dove si vuole mantenere un muro di divisione fra noi e la società civile». E la democrazia? Gianclaudio Vianzone del Siulp torinese chiarisce anche questo: «Ci sono almeno 20 sigle sindacali autonome in Polizia, ma solo quelle legate alle Confederazioni sono impostate su valori democratici». Poi, a mezza bocca, a microfoni spenti, si dice che quando il Silp (collegato alla Cgil) emanò un comunicato durissimo sui pestaggi ?urbi et orbi? di Genova, furono restituite al sindacato centinaia di tessere.


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