Welfare

L’incoerenza del (dis)ordine globale

Dalla mappa dei conflitti tracciata da questo studio, si capisce che privata degli strumenti adeguati la comunità internazionale non può far altro che inseguire....a cura di, Francesco Staro

di Redazione

Per studiare guerre globali e diritti umani un approccio coerente può essere poco produttivo. Nei «genocidi e crimini di guerra nell?età globale» – il sottotitolo del libro – è difficile determinare quali siano gli attori coinvolti: non più gli Stati e i loro eserciti bensì la popolazione civile, spesso trascinata nei conflitti attraverso un uso spregiudicato dei mezzi di informazione. Non esiste un ?inizio? e una ?fine? delle ostilità: spesso la violenza si ripropone in maniera quotidiana e capillare all?interno della società, lontano dai tavoli delle trattative e senza alcuna possibilità di denuncia.

Dalla mappa dei conflitti tracciata da questo studio, si capisce che privata degli strumenti adeguati la comunità internazionale non può far altro che inseguire i conflitti. Nonostante i progressi compiuti nella cultura dei diritti umani a partire dagli anni 70, rimane da colmare un pericoloso vuoto legislativo riguardante l?intervento umanitario. Ed è proprio sul versante della prevenzione che il diritto internazionale soffre ancora di un pesante vuoto legislativo.

Come scrive Anthony Dworkin, direttore di crimesofwar.org, se i tribunali internazionali per i crimini di guerra «vengono a rappresentare l?interesse della comunità internazionale nell?ambito della giustizia», per quanto riguarda la prevenzione delle guerre «il diritto relativo all?uso della forza resta sostanzialmente centrato sullo Stato» e spesso svincolato dall?approvazione del Consiglio di sicurezza dell?Onu. In realtà anche il sistema giuridico internazionale è affetto da una pericolosa ambiguità: la recente sentenza del tribunale per la ex Jugoslavia -che ha definito genocidio il massacro di Srebrenica del 95 negando però responsabilità dirette per la Serbia di Milosevic – ha ottenuto l?effetto di confondere la comprensione di quali siano le ?stanze? in cui vengono gestiti i rapporti tra i diversi Paesi europei, lasciando in secondo piano la riconciliazione tra i gruppi etnici della Bosnia.

C?è una sola strada perché la comunità internazionale riesca a padroneggiare la complessità dei conflitti globali: alimentare la cultura dei diritti umani al di là degli interessi che spesso si celano dietro questo tema complesso. «Bisogna far entrare la verità storica e la sua consapevolezza in una popolazione», scrive Marcello Flores, professore di Storia comparata a Siena. Si potrà così superare la sindrome che porta a identificare un ?popolo vittima? e un ?popolo boia? censurando ogni possibilità di dialogo.

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