Volontariato
Lexport italiano in Africa. Armi leggere, conti pesanti
La 185 non arriva dappertutto. non ha giurisdizione, ad esempio, su mine antiuomo, fucili e pistole. Per cui i Paesi africani nel 2001 ci hanno pagato 16 milioni di euro
Quante volte ci siamo sentiti ripetere che l?Africa non conta niente dal punto di vista commerciale? Che potrebbe anche sprofondare sotto l?oceano senza cambiare di molto gli equilibri economici globali? Eppure c?è un mercato in Africa che sembra essere sempre più che appetibile. Dal 2000 l?Italia ha ripreso a esportare grandi quantità di armi nel continente più povero del mondo. Gli ultimi dati su armi leggere, munizioni, armi pesanti di terra, ricavati dalle statistiche nel commercio con l?estero, dicono che la vendita nel 2001 è raddoppiata rispetto all?anno precedente. Di queste vendite non c?è traccia nella relazione governativa che ogni anno viene presentata in Parlamento, perché considerate esportazioni di ?armi civili? e ?prodotti ad uso industriale?. Sotto queste etichette, l?industria bellica italiana nel 2001 ha venduto armi ai Paesi africani per 16 milioni di euro. Qualche esempio? Il Congo Brazzaville, dove sono state vendute armi per un milione di euro, è un Paese verso cui l?Italia esporta in modo continuativo. Lo ha fatto anche nel ?97, l?anno della violenta guerra civile (10mila morti da giugno a ottobre), vendendo munizioni per 1 milione e 262mila dollari.
Un altro esempio che fa balzare all?occhio forzature e contraddizioni è l?Algeria, dove nel 2001 l?industria delle armi italiana ha piazzato fucili e pistole per un milione di dollari, nonostante attacchi terroristici, stragi e conflitti interni.
Ma il fatto che la legge abbia subìto delle forzature lo dimostrano anche le commesse africane ufficialmente autorizzate, di cui si dà relazione in Parlamento. Nel 2000 è stata autorizzata la vendita di armi all?Africa per 575 miliardi di lire. E i principali acquirenti (Sudafrica, Nigeria, Mauritania, Kenya) sono Paesi in cui le violazioni di diritti umani, i conflitti interni, la violenza diffusa e il debito estero sconsiglierebbero di sostenerne la corsa al riarmo.
L?Italia, del resto, si è segnalata anche per aver rifornito di aerei, più pezzi di ricambio e munizioni, sia l?Eritrea che l?Etiopia, aiutandole a preparare la guerra che nel ?98 ha insanguinato il Corno d?Africa. L?Eritrea sta ancora pagando la commessa di 50 milioni di dollari in aerei da caccia, consegnati dalla ditta Aermacchi di Varese nel ?97 fino ai primi del ?98, a ridosso della guerra del giugno dello stesso anno con l?Etiopia.
«L?incremento delle vendite ufficiali di armi in Africa riguarda sia le vendite autorizzate che la zona grigia delle armi leggere, dove viene fatto transitare di tutto dicendo che si tratta di armi civili», dice Francesco Terreri, ricercatore dell?Ires di Firenze. «Ma c?è anche un altro settore che non è sottoposto ad alcun controllo: si tratta del materiale a doppio uso, sia civile che militare. Lo scorso anno, per esempio, Finmeccanica ha venduto al Sudan un sistema radar per il controllo del traffico aereo. Non si tratta di materiale bellico in senso stretto, ma nemmeno di una merce qualsiasi, perché questo sistema viene messo a disposizione dell?aviazione militare sudanese, nella fase di guerra civile».
La premessa su cui si base la legge italiana è che la vendita di armi non sia una questione esclusivamente commerciale. «C?è un aspetto nelle vicende dell?Africa dell?ultimo decennio che può insegnare qualcosa», continua Terreri. «All?inizio degli anni 90 c?è stata una spinta da parte della società civile di molti Paesi africani verso la democrazia contro i vecchi regimi dittatoriali. In alcuni Paesi questo movimento ha raggiunto dei risultati, ma nella maggior parte dell?Africa la spinta è stata ricacciata indietro, in modo più o meno cruento. L?Occidente, mentre a parole diceva che era arrivato il momento di sostenere la democrazia, non ha assunto comportamenti conseguenti. Non c?è stata un?assunzione di responsabilità a livello politico, la volontà effettiva di diminuire le fonti di legittimazione dei regimi autoritari militari, una delle quali è l?accesso al mercato delle armi. È stato un elemento che ha contribuito alla sconfitta dei movimenti democratici, al mantenimento dei vecchi regimi o all?affermazione di situazioni ancora più catastrofiche, come nel caso della Somalia con l?avvento dei ?signori della guerra?».
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