Famiglia

L’Europa torna a fare bambini

Statistiche demografiche. Il numero medio di figli nei Paesi dell’Unione rapportati alle medie extraeuropee.

di Monica Salvatore

Statistiche demografiche. Il numero medio di figli nei Paesi dell?Unione rapportati alle medie extraeuropee.
Le donne europee hanno finalmente ripreso ad avere figli. È quanto risulta dai dati appena pubblicati da Eurostat, l?ufficio statistico comunitario.
Dopo molti anni di lento ma inesorabile declino del tasso di fertilità, nel 1996 il numero medio dei figli per donna nell?Unione europea si è attestato a 1,44. Un livello ancora piuttosto basso rispetto agli Stati Uniti (2,6 figli per donna) e ancora di più, naturalmente, se confrontato con quello dei Paesi in via di sviluppo (in India si è registrato un 3,37), ma superiore, per esempio, a quello giapponese (1,41).
I dati della rilevazione indicano inoltre che lo scorso anno sono nati nei quindici paesi più di quattro milioni di bambini, mentre il 1995, con meno di quattro milioni di nuovi arrivati, è stato l?anno che ha regalato il numero minore di nascite dal dopoguerra in poi.
I dati relativi a ciascun Paese mostrano tuttavia notevoli differenze tra nord e sud d?Europa. Il Paese più prolifico risulta infatti l?Irlanda (con un tasso di fertilità del 1,91), seguita da Scandinavia, Regno Unito e Francia, mentre all?estremo opposto della graduatoria si attestano i Paesi meridionali tra i quali, come è facile immaginare, l?Italia e la Spagna (con una media di 1,51 figli per donna), dove evidentemente un grande numero di donne ha deciso negli ultimi anni di posticipare la maternità.
Sempre nel 1996 la speranza di vita per un neonato è stata calcolata in 80,5 anni per le femmine e in 74 per i maschi, mentre la popolazione totale nell?Unione è cresciuta di più di un milione di persone: per un terzo si tratta di nuovi nati e, per i restanti due terzi, di immigrati.
Nello stesso anno l?Unione europea ha contribuito soltanto per l?1,3 per cento all?aumento della popolazione mondiale (81 milioni di persone), pur rappresentandone il 6,4 per cento rispetto al 2,9 per cento degli Stati Uniti, del Giappone e degli altri paesi sviluppati. È stato ben diverso, invece, il contributo da parte dell?India e della Cina (rispettivamente 21 per cento e 15 per cento).

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